Giudice Rosario Livatino

Il giudice Livatino
Mi trovo tra le mani a leggere la nostra rivista “Fiamme Gialle” del mese di ottobre 2020. Le prime righe di pagina 6 riportano:
“Proprio oggi ricorre il trentesimo anniversario dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, che Giovanni Paolo II, nell’indimenticabile viaggio nel 1993 ad Agrigento in cui alzò forte il grido contro la mafia, aveva definito -martire della giustizia e indirettamente della fede-.
Queste righe portano alla mia memoria un episodio verificatosi negli anni 80. L’anno e il giorno esatto non mi sovviene ma quello che accadde è stampato nel mio cervello come se avvenisse in questo momento. Sono fatti di vita che lasciano il segno ed è impossibile cancellarli. Fanno parte del tuo vissuto.
Ma andiamo con ordine.
Sono assegnato al comando nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Brescia oramai da diversi anni. Qui svolgo il mio servizio osservando le regole del comando ed in particolare secondo le direttive impartite dal comandante di sezione. La prassi è che ogni mattina all’inizio del turno ci viene assegnato un ordine attraverso il quale dobbiamo dare esecuzione. A seconda delle difficoltà questo incarico può essere risolto nell’arco della giornata medesima. A volte invece e richiesto più tempo per portarlo a termine ed una giornata non è sufficiente.
Una di queste mattine sono convocato, unitamente ad un altro collega, nell’ufficio del comandante di sezione il quale ci presenta il giudice Livatino. Il capo sezione ci comunica che dobbiamo essere a disposizione di questo magistrato per il tempo necessario ad una sua particolare indagine che dovrà compiere presso un locale istituto di credito.
Ci viene data la disponibilità di un autovettura di servizio, utile per accompagnare noi e il giudice presso la banca designata. Il percorso che dobbiamo compiere non è poi un lungo tragitto. Si può raggiungerlo anche percorrendolo a piedi, dal comando sino alla banca, ma per comodità ci viene assegnata un’autovettura.
Raggiunto il luogo prescritto entriamo in banca. Ci troviamo ancora nell’atrio di ingresso quando il giudice sente pronunciare il nome di un dipendente. Un altro suo collega lo aveva chiamato per un qualche motivo. Il giudice sentendo quel nome si allerta, si avvicina a questa persona e si presenta.
Lei è il signor ……? Io sono il giudice Rosario Livatino e devo farle alcune domande. L’impiegato aderisce facendoci accomodare in un ufficio.
Qui il magistrato inizia a formulare al dipendente della banca una serie di richieste. Si fa anche esibire documentazione bancaria utile al suo controllo. Questa viene resa senza alcun problema da parte del funzionario.
Viene data possibilità anche a noi componenti la pattuglia di esaminare tale documentazione, previo consenso del magistrato il quale ad un certo punto esordisce verso di me: “Maresciallo considerato che in questo ufficio, è disponibile una macchina da scrivere, prenda un unico foglio senza carta carbone e scriva quello che andrò a chiedere al funzionario.”
A conclusione di quanto da me dattiloscritto il magistrato chiede all’impiegato di sottoscrivere quanto esposto.
Dopo le dichiarazioni viene ripreso l’esame dei documenti, sia dal magistrato che da parte della pattuglia. Il giudice è talmente assorto in questa incombenza che si dimostra di poche parole nei nostri confronti.
Ricordo che eravamo giunti allora di pranzo quando ci avverte che potevamo interrompere per poi ritornare nel pomeriggio. Lui sarebbe rimasto nella sede della banca a continuare l’esame dei documenti accontentandosi di un semplice cappuccino.
Il pomeriggio si riprende e ad un certo punto del controllo sia io che il collega facciamo doverosamente osservare alcuni aspetti interessanti che emergono dalla documentazione bancaria esibita.
Su queste osservazioni il giudice Livatino anche se non commenta sembra apprezzare il nostro intervento, al punto che a fine giornata, al rientro al comando nucleo, dà disposizione affinché la stessa pattuglia possa continuare nei giorni a seguire, la disamina della documentazione esibita e la successiva raccolta in quanto, la sua permanenza a Brescia, si limita ad un solo giorno. La richiesta del magistrato viene molto apprezzata da parte nostra. Questo fatto ci inorgoglisce e ci incute entusiasmo al fine di proseguire nel controllo.
Bene, ho ancora presente il comportamento di questa persona e quanta educazione mostrata nei nostri confronti nel momento in cui è stato accompagnato al suo albergo alla fine della giornata. Sceso dell’autovettura dopo i rituali saluti, ha atteso fuori dall’ edificio, con grande compostezza che la vettura si allontanasse, per poi poter fare rientro in albergo dopo la nostra dipartita.
Il collega ed io compreso l’autista siamo rimasti senza parole nel constatare il comportamento del magistrato. Ha dimostrato grande rispetto verso le nostre persone. Questi sono gli atteggiamenti di grandi uomini che seppur di poche parole sanno infondere stima, educazione e alti valori.
Il giudice a causa della lotta alla mafia che aveva intrapreso fu ucciso il 21 settembre 1990.
La notizia mi colpì duramente avendo conosciuto e stimato personalmente, anche se per un tempo molto breve, un grande uomo il quale ha dato la propria vita per fini di giustizia e legalità.

Giudice Rosario Livatino