La corsa di notte

La corsa di notte nel piazzale per punizione

Stiamo riposando nelle nostre camerate ancora con il petto dolorante per via della classica iniezione. Questo perché è previsto dal regolamento militare che tutti gli allievi devono sottoporsi a questa particolare profilassi. Ti iniettano vari vaccini, contenuti in un unico flacone, i quali dovrebbero impedire il pericolo di qualche infezione, causata da ferite varie ed accidentali, che si possono verificare nelle molte esercitazioni cui siamo costretti a sopportare durante i mesi di corso. L’iniezione è particolarmente dolorosa e viene praticata nel petto. Per smaltire questa singolare botta, ci viene concessa una giornata di riposo, da trascorrere in camerata. Ci viene consigliato di stare tranquilli a letto e di non muoverci molto.
La giornata trascorre senza tanti problemi, ma durante la notte, accade qualcosa. Si vede che qualche allievo ha cominciato a fare degli scherzi a qualche compagno vicino di branda, e da uno scherzo all’altro, si è creato un bel pandemonio in camerata, così chi avrebbe voluto riposare non può farlo, a causa del trambusto provocato nell’ora del silenzio. Per regolamento dopo che vengono suonate con la tromba le note del silenzio, non è più possibile parlare e in nessun modo fare del chiasso. La sfortuna vuole che a sentire il fracasso c’è anche l’istruttore di turno, che incuriosito da quanto sta accadendo entra nella camerata e si accorge che quasi nessuno sta riposando. Invece c’è in atto una bolgia infernale.
“Cosa sta succedendo qua?” Chiede, ma nessuno gli risponde, ripete la domanda più di una volta: tutti zitti, e il responsabile iniziale di tutto il frastuono non si fa vivo. Allora l’istruttore senza pensarci su ancora, ordina a tutti noi di vestirci e di scendere nel cortile della caserma e per punizione ci fa fare, di corsa, diversi giri, intorno al piazzale, fregandosene se eravamo convalescenti. Effettivamente non è stata una bella corsa, ci sentivamo il petto traballare e dolorante ma siamo stati costretti ad ubbidire e scontare questa punizione. Alla fine ce la siamo presa con noi stessi, di quanto accaduto, perché anche a volerlo, tutti noi siamo stati responsabili del subbuglio combinato poco prima in camerata.

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