24 dicembre 1994

24 Dicembre 1994
Milano, Via Melchiorre Gioia, sede del Comando Legione.
Mi trovo in fila con diversi colleghi in uno stanzone semibuio, alla fine di questo c’è un tavolino con una sedia nella quale è seduta una persona in abiti civili, non saprei quindi se è un graduato o un semplice finanziere. Il suo compito è quello di ricevere pistole e tesserino di riconoscimento depositate da tutte quelle persone che attendono in fila il loro turno. Man mano che lasciano questi oggetti egli procede ad una spunta su di un elenco che ha davanti a sé. Che cosa è questa operazione? Ebbene questo è l’ultimo atto che compio in seno alla Guardia di Finanza prima di uscirne completamente dopo aver trascorso ben31 anni. Si tratta del mio congedo da questa Amministrazione. Non sono uno che ci tiene alle formalità o alle apparenze ma l’impressione che ho avuto nel compiere l’ultimo gesto prima di uscire da quella stanza è stata di profondo squallore e malinconia. Dopo tanti anni di appartenenza ad una Organizzazione come quella che sto lasciando, non c’è nessuno che ti stringa la mano. Nessun discorso, nessun saluto. Non me lo sarei mai aspettato, io penso che in qualunque Amministrazione civile o militare ci sia un minimo di commiato rivolto a chi per tanti anni ne ha fatto parte. Niente, assolutamente niente. *** Non vorrei a questo punto che gli aspetti negativi descritti in queste pagine siano interpretati come la regola di comportamento adottata nel corso della mia permanenza in seno a questa Amministrazione. Questi sono stati degli episodi isolati come ad esempio i contrasti avuti con certi Superiori, i quali, nei miei confronti, e di altri, hanno manifestato arroganza, prepotenza, intolleranza e stupidità. Certo che il lavoro da me svolto è avvenuto in un ambiente militare e quindi particolare, diverso da quello civile. Ma chi non si è mai imbattuto in fatti che hanno provocato delusione, sconforto ed altre anomalie? Chi nella vita cosiddetta civile, nel mondo del lavoro o in altri ambiti non ha avuto problemi con un dirigente, un capoufficio, un impiegato, un collega, arrogante, presuntuoso, stupido o altro comportamento deleterio. Chi non ha mai inghiottito bocconi amari? Penso che molti abbiano vissuto le mie stesse situazioni a prescindere dai contesti in cui ci si è trovati, tali da urtare la propria sensibilità, dignità, amor proprio. Ho assistito, in occasione di controlli, presso alcune aziende al comportamento arrogante del datore di lavoro verso i propri dipendenti i quali dovevano subire umiliazioni gravi senza potersi difendere per timore di dover perdere il posto di lavoro. Di fronte a queste situazioni cresceva in me la consapevolezza che il mio stato era molto migliore di quello di molte altre persone impiegate nel cosiddetto ambiente civile. Perciò nel corso della mia carriera, come ritengo in tutte le altre manifestazioni umane ci siano momenti negativi e positivi. Quello che è importante è non demordere. I percorsi della vita di ognuno di noi non sono tutti in discesa. Ci sono anche delle asperità che si possono e devono superare. Questo è quello che ho cercato di fare nel corso della mia carriera nel Corpo della Guardia di Finanza alla quale va tutto il mio rispetto e ne sono onorato di avervi fatto parte. Soddisfazioni ne ho avute. Non è il caso di elencarle tutte. Le cose belle non fanno notizia. Ho avuto il privilegio di lavorare con persone in gamba dal più semplice finanziere all’ufficiale superiore più alto in grado. Dal loro comportamento ho sempre tratto lezioni di vita che mi resteranno per sempre impresse.
Così, terminata la mia ultima incombenza, mi reco alla stazione ferroviaria di Milano per prendere il treno di ritorno a Brescia da semplice cittadino. Mi lascio alle spalle 31 anni della mia vita nella quale ho indossato i panni di un finanziere prima e di sottufficiale poi. Durante il tragitto da Milano a Brescia oltre al solito paesaggio che si intravede dai finestrini del treno, mi vedo: non ancora diciannovenne lasciare la mia famiglia per andare a frequentare il corso allievi finanzieri presso la Scuola Alpina di Predazzo, prestare il servizio di istituto presso la Brigata di confine di Colombirolino, e quella di Bizzarone, sul confine italo-svizzero, la brigata di Bellagio sul lago di Como, frequentare il corso allievi sottufficiali presso la Scuola al Lido di Ostia, riprendere il servizio normale presso la compagnia del Brennero sul confine italo-austriaco, la brigata volante di Gorgonzola in provincia di Milano ed infine il Nucleo di polizia tributaria di Brescia nel quale ho reso il mio servigio per ben 21 anni. Quante cose sono accadute in tutto questo tempo? Specialmente se lo hai speso nell’ambito di un’organizzazione come la Guardia di Finanza di fatti, situazioni esperienze, si potrebbe scrivere un libro e non solo tenerle in serbo nella propria mente. Qualcosa ho messo nero su bianco. Sono scritti che possono sembrare scarni, a volte aridi, a volte burocratici ma si tratta di vita realmente vissuta. Ho voluto scrivere per mio gusto personale non avendo intenzione di pubblicare nulla. Magari un giorno se questi fogli capitassero chissà come nelle mani di qualcuno: moglie, figlia, nipote, amico, sorella, potrà dire: “Però quante esperienze ha vissuto Giuseppe”. Nel frattempo il treno è giunto a Brescia, è il 24 dicembre, vigilia di Natale. Domani è festa e sono sicuro che la trascorrerò in famiglia, almeno questo mi conforta. In tempi addietro forse, sarei stato comandato di servizio anche il giorno di Natale.

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Incarico Importante

Incarico importante
Sono convocato nell’ufficio del Comandante del nucleo pt di Brescia di cui faccio parte, unitamente ad altri colleghi. Siamo un numero consistente. Quando accadono queste convocazioni qualcosa di diverso dalla normalità quotidiana si profila nell’aria.
Infatti non appena tutti sono entrati nell’ufficio il comandante esordisce: “Oggi c’è un importante e delicato intervento da effettuare e dovrà essere eseguito al di fuori della nostra giurisdizione. L’ordine viene dal Comando Generale di Roma. Al momento vi faccio una sintesi dell’incarico che dovrete svolgere, ma ad ognuno dei capi pattuglia che andrò a nominare verrà consegnato un“vademecum” in cui è dettagliato nei minimi particolari cosa dovrà essere effettuato. Vi posso anticipare che questo evento di cui si raccomanda la massima riservatezza scaturisce da un precedente controllo posto in essere da un nostro comando di Mantova per il quale sono state riscontrate anomalie nella conduzione di accertamenti fiscali effettuati nei confronti di aziende di quella circoscrizione. Per cui per diradare dubbi, speculazioni, segnalazioni anonime ed altre dicerie viene ordinato un ulteriore controllo a carico di queste società. Per farla breve il Nucleo pt di Brescia deve necessariamente attivarsi per eseguire una «controverifica» in seguito ai predetti accertamenti ritenuti non soddisfacenti”. Tutto il personale allertato ascoltava in silenzio inattesa che fossero date istruzioni precise sul da farsi. Evidentemente era qualcosa di veramente notevole. Il comandante riprese il suo discorso: “Saranno formate quattro pattuglie composte rispettivamente da diversi militari. Quindi vi dovete attivare eseguendo quanto previsto per queste situazioni. Come è nostra prassi consolidata i primi accertamenti saranno orientati alla raccolta documentale in ogni ambito aziendale sia interno che esterno. Laddove è necessario saranno effettuate le giacenze fisiche dei prodotti rinvenuti in magazzini e capannoni di ogni azienda che sarà sottoposta al controllo.
Una volta conclusi questi primi accertamenti il controllo documentale continuerà nei giorni successivi e per questo ora vi indicherò coloro i quali avranno questa incombenza”. Il comandante quindi distribuisce gli ordini di servizio unitamente ai“vademecum” operativi a queste pattuglie.
La mia pattuglia è composta dal maresciallo maggiore aiutante Magnani e dal brigadiere Coruzzi, oltre ad altri militari. Quest’ultimi, come indicato, furono impiegati solamente per le prime operazioni di rilevamento giacenze nei vari magazzini e nella raccolta documentale che fu poi tutta concentrata, previe misure cautelative, in appositi locali messi a disposizione della medesima società.
Il comandante ancora intervenne rivolto alla nostra pattuglia rammentandoci: “Attenzione che l’azienda alla quale voi dovete andare ad effettuare il controllo è una grossa realtà economica. Alcuni soci ed amministratori di questa S.p.a sono persone conosciute ed influenti nel mondo economico-finanziario e nella vita pubblica. L’azienda è orientata alla produzione di materiale per l’industria automobilistica sia italiana che estera.
Dispone di sedi, magazzini, depositi sparsi per tutto il territorio nazionale e quindi voi dovete procedere con molta cautela, correttezza e riservatezza. Il mio consiglio ulteriore è tenuto conto che sarete impegnati per l’arco della giornata alla sede della società che si trova a Mantova e impossibilitati quindi a ritornare a Brescia peril pranzo siete pregati, per le opportune ragioni che vi ho accennato prima di non usufruire della mensa interna all’azienda.
Dovrete provvedere in proprio. Inoltre vi rammento che dovreste porre attenzione ad una particolare posta di bilancio: il così detto “bilancio di verificazione”. Il precedente controllo effettuato dal reparto di Mantova è stato troppo sbrigativo. Nel giro di pochi giorni l’hanno scaricato come regolare mentre i«conti» da rivedere sono tantissimi per cui due giorni non bastano per avere la certezza della regolarità. Dovrete prendere in considerazione molto seriamente questo aspetto. Tenetemi informato sull’esito del vostro controllo. In merito a quanto evidenziato la mia mente ha cominciato a reagire facendo queste considerazioni:“Finalmente è giunto il momento di essere impiegato a fondo in quelle mansioni a cui avevo aspirato per lungo tempo. Gli anni spesi da parte mia in servizi di appostamento per la repressione del contrabbando, sono lontani, nondimeno i controlli per la repressione delle frodi in materia di oli minerali, servizi anti droga ed affini. Nella mia permanenza al Nucleo pt ho maturato una buona esperienza in tutti i settori.
Da qui l’attenzione dei Superiori di utilizzarmi in attività di verifica fiscale avendo preso coscienza delle mie competenze”. Ritornando al caso specifico, il nostro comando dovette attivare tutto il personale ritenuto qualificato per tale incombenza.
La scelta dei militari fu posta dal comandante del Nucleo pt in accordo anche con il comandante del Gruppo superiore gerarchicamente. Da un lato ero orgoglioso, soddisfatto che alla fin fine, dopo un lungo periodo di incarichi non tanto graditi si era posta l’attenzione su di me. Dall’altro canto ho constatato che quello che dovevamo intraprendere doveva aguzzare al massimo le nostre capacità professionali. La difficoltà che si presentavano erano notevoli. Purtroppo anche il comando nucleo pt aveva, come dire, le mani legate, perché era un ordine che veniva da altre sedi gerarchicamente superiori e doveva essere eseguito nel migliore dei modi a prescindere dall’essere fuori della sua competenza territoriale.
Il fatto risale alla fine degli anni 80 inizio 91. Il nostro controllo durò precisamente da metà novembre 1990 per concludersi verso la fine di giugno 1991; in concomitanza con la prima Guerra del Golfo, quella sferrata contro il dittatore dell’Iraq Saddam Hussein.
Le disavventure dei due piloti italiani: il maggiore Bellini e il capitano Cocciolone riempivano pagine di giornali. Rispettivamente pilota e navigatore di una aereo Tornado furono abbattuti dalla contraerea irachena proprio alla loro prima missione. Tutte le mattine giusto per trascorre il tempo durante il tragitto, per raggiungere la sede della società commentavano questi fatti. Ci avevano assegnato un’autovettura «Fiat Ritmo» e l’autista era il brigadiere Coruzzi. Si percorreva l’autostrada “A4” fino allo svincolo della “A22-Verona Brennero” in direzione di Mantova.
Gli avvertimenti del Comando suggerivano di non socializzare con i dipendenti, con gli impiegati e con i dirigenti e come ci era stato caldamente raccomandato, evitavamo di consumare il pranzo nella loro mensa. Così che dovevamo provvedere per nostro conto a consumare un frugale pasto, negli uffici dove lavoravamo, con quello che ci portavamo da Brescia: qualche panino, dello yogurt e qualche frutto.
Unica soddisfazione era quella che potevamo andare, quando ne sentivamo il bisogno, a prenderci un caffè ai distributori automatici posti nei locali aziendali. Questo in sintesi era lo stato delle cose, dovevamo operare in condizioni non tanto normali.
Quello che ci avevano comandato di eseguire era davvero di una portata eccezionale. Da strabuzzare gli occhi e rimanere a bocca aperta per le implicazioni e le difficoltà che avremmo incontrato. Ho pensato tra me: «Caspita! Ambivo a partecipare a lavori di una consistenza ma questo che si sta profilando oggi è davvero stratosferico».
Tuttavia, per un senso di orgoglio, sia da parte mia che dagli altri due colleghi abbiamo preso la cosa anche come un guanto di sfida. Mettere alla prova le nostre capacità professionali in un lavoro notevole ci aveva inorgoglito. Non nascondo che dopo una giornata di intenso lavoro la sera, dovevo rimettermi a ripassare tutte le norme, le leggi, le circolari, le risoluzioni e tutto il materiale che potesse essere utile e di aiuto al lavoro intrapreso al fine di non commettere degli svarioni o di fare delle brutte figure.
Avevamo puntati addosso gli occhi di fior fiore di avvocati, commercialisti, amministratori impiegati ecc. L’azienda da sottoporre al controllo era notevole:manifatturiera, con depositi, magazzini, succursali un po’ dappertutto nel territorio.
Quindi dovevamo procedere con scrupolo cercando di non commettere errori. Per rispetto della privacy non citerò il nome di questa società né dei suoi componenti siano essi dirigenti, impiegati o operai. Devo riconoscere che non cercarono mai di ostacolarci nella nostra attività di controllo. Ci diedero piena collaborazione.
Addirittura ci misero a disposizione, dietro mia richiesta, anche strumenti informatici: un «PC ibm dotato di microprocessore Intel 8088 a 4,7 MHz, con16 KByte di RAM, espandibili a 640, senza disco rigido, con massimo due drive per floppy disk da 5.25″ a 160Kb, un monitor a fosfori verdi e sistema operativo ms-dos 1.0.» A quell’epoca il personal computer aveva capacità limitate rispetto a quello che il mercato offre oggi.
Per il nostro lavoro era più che sufficiente anzi, abituati con le macchine da scrivere manuali oppure quelle elettriche con testine a sfera «ibm», per noi andava più che bene. Considerato che iniziavo ad appassionarmi al mondo dell’informatica, questa attrezzatura mi faceva davvero comodo. La buona volontà messa a disposizione della pattuglia c’era. I miei due compagni: maresciallo maggiore Magnani e brigadiere Coruzzi erano oltremodo qualificati ma la mole di lavoro da affrontare era enorme. Il buon maresciallo maggiore aiutante Magnani di molta esperienza e capacità nonostante fosse più anziano di me come anni di servizio dovette essere in sottordine.
Il motivo era da attribuire al fatto che dopo essere stato pensionato fece domanda di essere riammesso per un altro breve periodo come «richiamato». Le norme prevedevano che questi soggetti a parità di grado non potevano svolgere l’incarico di capo pattuglia.
Così che dovetti necessariamente assumere il comando ma per tutto il periodo del controllo non ho mai fatto pesare questo aspetto nei suoi confronti. Avevo troppo rispetto per la sua persona oltre al grado, l’esperienza e l’anzianità che il soggetto rivestiva.
Avevamo un buon accordo e tutto tra noi filava liscio come l’olio. Anche Coruzzi era una persona molto affidabile e di ottima esperienza. Di questo ne ero molto soddisfatto, mi rincuorava non di poco considerando l’incarico che ci avevano affidato. Da notare che Coruzzi dopo qualche anno di permanenza nei sottufficiali passò alla categoria degli ufficiali. Come punto di partenza e in ottemperanza agli ordini ricontrollammo nei periodi sottoposti ad esame i«bilanci di verificazione» Formalmente Il bilancio di verifica è il documento che riepiloga ad una certa data i saldi e i movimenti di tutti i conti aziendali. Questo richiedette molto più tempo di quanto era stato fatto in precedenza, constatato che le voci di bilancio erano innumerevoli.
Ecco perché mi ero avvalso dell’uso del personal computer e del foglio elettronico in quanto i conti patrimoniali ed economici erano278tantissimi. Dall’attenta lettura delle sue risultanze non emersero discordanze eclatanti, come forse ci si aspettava, ma ci servì per capire meglio come era strutturata ai fini amministrativo-contabili l’azienda. Le voci di bilancio inserite una ad una nel foglio elettronico furono quantificate in circa 285 per ogni periodo controllato. Così che giorno dopo giorno procedemmo al controllo dividendoci i compiti. La materia riguardante l’imposizione indiretta se lo accollò Magnani, quella riferita alla imposizione diretta Coruzzi ed io. Si dovette constatare tuttavia che l’organizzazione aziendale era ineccepibile, già dai primi giorni ci rendemmo conto nonostante la nostra abnegazione ed esperienza difficilmente avremmo trovato grosse frodi.
Qualche notizia in riferimento all’organizzazione. Gli esercizi finanziari presi in esame riguardavano gli anni 1987,1988, 1989 e parte del 1990. Per le scritturazione dei fatti di gestione si avvaleva di un elaboratore «IBM Sistema 36» ubicato negli uffici di Mantova. In questo “server” venivano eseguite le registrazioni a «libro giornale, schede di contabilità, registri iva, libro inventari, libro dei cespiti ammortizzabili nonché il registro di magazzino». Aveva un capitale sociale interamente versato pari a lire17 miliardi circa. Depositi in Milano, Bologna, Padova eMantova, 10 dirigenti, 80 impiegati e 318 operai costituivano il personale dipendente nei vari settori di produzione, marketing, amministrazione ed altro.
L’azienda appariva sana sotto tutti gli aspetti da quello industriale a quello amministrativo. Produceva materiale importante per l’industria automobilistica ed aveva rapporti oltre che nel territorio nazionale anche con l’estero. Allo stato attuale il nostro controllo esulava il fatto di scovare eventuali irregolarità con operazioni estero su estero. Non c’erano elementi tali da iniziare anche questo tipo di operazioni e certamente tre persone non sarebbero state sufficienti. Le violazioni da accertare non contemplavano frodi tali da attivare anche le Procure della Repubblica per cui il controllo era circoscritto nell’ambito del territorio nazionale.
Accantonate quindi le ipotesi di reato non rilevabili al momento la via da seguire era quella prettamente del controllo fiscale e tributario. Si adottarono pertanto tutte le procedure del caso come ad esempio l’attivazione di controlli in crociati al fine di accertare la regolarità dei rapporti economici con clienti e fornitori dell’azienda. Il lavoro da fare era notevole.
Ci vollero mesi per portarlo a termine ma come accennato non si trattava di azienda di dubbia esistenza. Era conosciuta sia in Italia che all’estero. Tutto sommato grazie alla nostra pazienza di certosini di andare a scavare nei meandri della documentazione qualcosa è emerso.
La nostra condotta di lavoro veniva trascritta giornalmente in apposito atto denominato «verbale di verifica» in cui si evidenziavano in dettaglio le operazioni compiute e le irregolarità riscontrate.
Quest’ultime allorquando si presentavano mettevano in fibrillazione il capo–contabile e l’amministratore delegato. Si chiedevano come mai accadeva questo. Secondo loro queste situazioni non dovevano sussistere in quanto, dal loro punto di vista, la contabilità che tenevano era ineccepibile e doveva essere a prova di errori. Ma la pazienza innanzitutto del buon maresciallo Magnani che andava a scovare nei meandri di bolle, fatture, note, conti ecc. rilevando infrazioni per la verità non proprio eclatanti nel settore dell’imposizione indiretta (imposta sul valore aggiunto, bolla di accompagnamento beni viaggianti, imposta di bollo, tasse di concessioni governative, tassa di registro, ipotecarie e catastali) procurava uno stato ansioso a tuttoil personale amministrativo.
Anche io unitamente al brigadiere Coruzzi facemmo la nostra parte nel settore della imposizione diretta (irpeg, irpef, ilor) andando a rinvenire «costi non di competenza, non deducibili e compensazione di partite». Per la dimensione aziendale era come essere punzecchiata dalle pulci ma secondo il loro modo di operare questi fatti diedero notevoli grattacapi. Avevamo contatti giornalieri con l’amministratore delegato ed era colui al quale quotidianamente noi sottoponevamo il verbale delle operazioni giornaliere chesi doveva sottoscrivere da ambo le parti per presa visione.
Devo riconoscere che si dimostrava una persona molto alla mano. Ogni tanto, quando era libero dagli impegni del suo ufficio ci faceva visita chiedendoci come procedeva il lavoro ma sempre dimostrando un comportamento corretto nei nostri confronti, mai alzava la voce o faceva pesare la sua personalità. Era considerato il braccio destro di uno dei più importanti «soci»dell’azienda. Quest’ultimo figurava come soggetto di primo piano nel mondo economico finanziario. Aveva edha tuttora interessi e partecipazioni azionarie di rilievo in molte società, quotate anche in borsa. Negli anni 80 e 90ed ancor oggi il suo nome unitamente a quello dell’amministratore delegato figurano in primo piano nel mondo economico finanziario. Per dovere di riservatezza non faccio i loro nomi ma illustro solo le loro potenzialità. Come anticipato poc’anzi, se emergevano delle irregolarità dovute alle nostre indagini documentali questo amministratore rimaneva perplesso: chiamava i suoi collaboratori facendo presente l’accaduto ma sempre in modo corretto ed educato.
Considerata l’organizzazione aziendale e il nutrito stuolo di commercialisti, avvocati, consulenti di cui si avvaleva si attivava immediatamente per metterli al corrente di quanto noi avevamo rilevato con i nostri addebiti fiscali. Su questo argomento dovevamo ogni volta fargli notare che non era necessario scomodare tutta quella gente a produrre dichiarazioni a giustificazione dei nostri rilievi. Gli facevamo presente che il tutto sarebbe confluito in un unico «atto finale» dal quale prendere visione globale del nostro intervento sanzionatorio e in quel frangente la“Parte” poteva verbalizzare in questo atto tutte le dichiarazioni necessarie.
Non sto ad annoiare con sterili dati numerici sull’entità delle violazioni ma fu stilato un verbale di 121pagine oltre a 55 allegati a supporto dell’atto da inviare agli uffici competenti con violazioni verbalizzate in materia di «imposta sul valore aggiunto» «bolla di accompagnamento beni viaggianti» e in materia di«imposte sui redditi».
All’epoca le leggi di riferimento erano le seguenti: DPR 29.91973 nr. 592, DPR 29.91973nr. 600, DPR 22.12.1982, nr. 917, DPR 26.10.1972, nr. 633, DPR 6.10.1978, nr. 627. Magari i risultati non sono stati ottenuti secondo le aspettative dei Comandi che ce lo avevano ordinato ma posso assicurare che da parte mia e dei colleghi della pattuglia è stato profuso un grosso impegno in termini di volontà, sacrificio ed abnegazione. Abbiamo tenuto fede al principio secondo il quale gli ostacoli che si frappongono bisogna in ogni modo cercare di superarli con ogni mezzo a nostra disposizione.
Ci è stato insegnato che mai in nessun frangente dobbiamo arrenderci. Mai dire questo non lo so fare ma mi devo adoperare in ogni situazione anche nelle più difficili cercando di trovare la soluzione. Con questo spirito, il maresciallo maggiore Magnani, il brigadiere Coruzzi ed io abbiamo portato a termine il lavoro che ci hanno assegnato. E’ stato come affrontare il gigante “Golia”. Ma nonostante le grosse personalità facenti parte di questa società, nei nostri confronti mi sento di dire che in alcuno modo hanno esercitato il loro potere e la loro influenza per ostacolarci nel nostro lavoro. Del resto avevano a che fare con il Corpo della Guardia di Finanza.

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Economie

Brescia
Economie
Dopo una lunga permanenza in servizi del Nucleo pt di Brescia, non proprio di mio gradimento, nei quali mio malgrado, ho dovuto prestare la mia opera, finalmente sono riuscito ad attraversare il “guado”. Nel senso che anche grazie agli avanzamenti di carriera: maresciallo ordinario, capo, maggiore ed infine maresciallo maggiore aiutante (tre binari con fondo rosso) sono stato inserito in quelle sezioni del reparto di mio gradimento. In questi ambiti ho potuto mettere in pratica la mia insistente voglia di partecipare ad attività specifiche del nostro Ordinamento. Qui la Guardia di Finanza impiega una parte notevole della sua struttura nell’effettuare il controllo di carattere economico-finanziario e tributario ad aziende, imprese, esercizi pubblici, società enti, sparsi in tutto il territorio nazionale. Prima alle dipendenze di militari più anziani ed esperti più di me, poi dirigendo in prima persona con la collaborazione di personale a me affiancato, interventi presso società di una certa rilevanza.
Per poter essere all’altezza di questi compiti mi sono anche preso il diploma di ragioniere. Questo mi ha aiutato molto allorquando mi trovavo ad esaminare voci di bilancio, scritture obbligatorie, documenti contabili, fatture, note conti ecc. Durante questa attività di episodi interessanti ne sono accaduti moltissimi. Ne descrivo alcuni che ritengo significativi non tanto per enfatizzare i risultati ottenuti in termini di violazioni riscontrate ma secondo me importanti per il risvolto umano che appare in certe situazioni.
Mi trovo ad effettuare una verifica fiscale unitamente ad altri colleghi in una importante azienda manifatturiera del Bresciano il cui titolare è una persona nota nell’ambiente cittadino, per avere interessi e partecipazioni in diverse società sia come amministratore che come socio.
In questi casi il nostro intervento nel primo giorno richiede diverso personale ed è orientato ad ispezionare tutti i locali aziendali, gli uffici, i magazzini e i capannoni ove si svolgono eventuali lavorazioni se l’azienda è manifatturiera. Lo scopo di questa azione è quello di raccogliere quanta più documentazione possibile da concentrare nei locali appositamente individuati per il prosieguo della verifica. In questi luoghi si adottano particolari sistemi cautelativi: apposizione di sigilli a porte e finestre al fine di evitare intrusioni non autorizzate. Di tutte queste cautele se ne dà atto in appositi verbali dei quali una copia sarà consegnata al rappresentante legale dell’azienda. Per concentrare quindi la documentazione reperita c’è bisogno di metterla in scatoloni di cartone.
Per essere sicuri che i documenti posti in questi contenitori non siano smarriti o prelevati senza autorizzazioni vengono chiusi con del nastro adesivo e adottate le stesse cautele descritte per la documentazione. Mi stavo accingendo a questo tipo di operazione ed ero in fase di chiusura. Apponevo il nastro adesivo longitudinalmente per chiudere i lembi e poi a croce per maggior sicurezza, secondo il mio modo di vedere. Ad assistere casualmente c’era il responsabile legale della fabbrica il quale vedendomi mettere il nastro adesivo in croce agli scatoloni mi apostrofa: “Maresciallo il modo in cui sta usando il nastro adesivo è sprecato.
Non c’è bisogno di farlo passare a croce basta chiudere i lembi del contenitore. ”Caspita! Mi sono detto: “Come è economico questo imprenditore”. Gli ho dato ascolto e mi sono astenuto di usare il nastro in quel modo. Mentre continuavo ad imballare vedo che il titolare si avvicina e mi chiede: “Maresciallo mi potrebbe offrire una sigaretta?” “Volentieri” gli rispondo “Anzi visto che qua stiamo lavorando da diverse ore che ne direbbe se le offrissi un caffè da prendere in uno dei distributori posti nei locali aziendali”? “Si certo un caffè ci vuole” mi rispose.
Altro controllo dello stesso tenore questa volta in un’altra azienda cittadina.
Stiamo sempre effettuando raccolta di documenti. La ditta che stiamo controllando è una importante azienda manifatturiera metallurgica con diversi dipendenti. La sua figura giuridica è una società per azioni e l’amministratore è un signore di circa 80 anni. Come collaboratori si avvale dell’opera anche dei figli che, se ben ricordo, erano anche degli ingegneri.
Ci siamo chiesti come mai a quella età questo signore dirige ancora l’azienda e non lascia la gestione ai suoi figli che avrebbero compiuto il lavoro senza problemi. Ci viene risposto che è un personaggio molto particolare, accentratore, vuole dirigere personalmente l’azienda. Ogni decisione importante deve essere presa, valutata e approvata secondo la sua volontà. Ammirevole sotto il profilo della tenacia ma così, pensavamo noi, avrebbe causato il malcontento dei suoi figli. Loro però loro non si lamentavano e sottostavano alle sue direttive.
Mentre stavamo esaminando la documentazione da concentrare per il prosieguo della verifica, ci imbattiamo in diversa corrispondenza postale e notiamo che diverse buste erano tagliate all’altezza del francobollo che risultava mancante. Agli impiegati sono stati chiesti i motivi di questa operazione e ci è stato risposto che tutta la corrispondenza passa al vaglio dell’amministratore e quando si accorge che qualche francobollo non reca il timbro di annullo della posta lui lo recupera. Fanno notare inoltre che è il primo ad arrivar in ufficio al mattino e l’ultimo ad uscirne.
Nonostante la sua età dimostra una lucidità eccezionale. Di corporatura snella, statura superiore alla media, fisico asciutto, veste in un modo che non sembra proprio un dirigente aziendale. E’ proprio vero che non è l’abito che fa il monaco.
Nel corso della verifica, qualche volta, ho il piacere di fare conversazione con lui , ed in una di queste esordisce con questa affermazione: “Vede maresciallo devo prendere io le decisioni più importanti per l’azienda. L’ho creata io e nonostante abbia i figli ingegneri ancora non cedo a loro le redini. Sono io che mi preoccupo di ogni minima cosa che accade qui dentro. Ci vuole la massima attenzione perché tutto proceda per il verso giusto. L’azienda deve rispettare molte regole: operative, amministrative, fiscali, la concorrenza, rispettare gli ordini e i pagamenti ecc. Lo sa Maresciallo che gli interessi bancari corrono anche il giorno di Natale? Per cui niente deve essere improvvisato, ma tutto deve seguire un ordine prestabilito.”
Sono rimasto colpito da questo personaggio. Forse si pensa che il suo comportamento sia esagerato ma sono convinto che la ricchezza economica di un territorio come quello bresciano sia dovuto anche a uomini come questo amministratore.

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Ala di Trento

Brescia
“Ala di Trento”
Il Paese delle donne incinte Mi trovo a svolgere il mio servizio in quel di Brescia e come ogni mattina, oramai da anni, mi reco in ufficio per ricevere gli incarichi che dovrò svolgere nell’arco della giornata.
Apparentemente sembra un normale giorno di lavoro, come tanti altri, ma si percepisce nell’aria, che qualcosa sta accadendo. Si nota infatti un insolito movimento dei capi sezione che entrano ed escono con una certa apprensione dall’ufficio del Comandante. Oramai l’esperienza mi insegna che questi comportamenti preludono al manifestarsi di qualche fatto di una certa rilevanza. La porta si apre e un capo sezione invita me e altri due colleghi ad entrare. Ecco che le mie supposizioni sembrano avverarsi e penso tra me e me: “ oggi a casa non si pranza, ahimè… qualcosa di grosso bolle in pentola”. Dopo aver chiuso la porta, ci viene illustrato lo scopo di questa convocazione che è tutt’altro che una cosa semplice da attuare. Ci viene consegnato un “mandato” rilasciato dalla Procura della Repubblica di Milano che ordina di effettuare una perquisizione domiciliare presso l’abitazione di una persona abbastanza influente e che riveste un ruolo delicato nella funzione pubblica. L’atto deve essere eseguito nella cittadina di Ala di Trento ove si trova l’abitazione di questa persona. La motivazione inserita nel documento che ci viene consegnato riguarda una supposta appartenenza del soggetto ad una loggia segreta massonica che prende il nome di Loggia P2.
In Italia in questo periodo c’è un certo fermento, gran parte delle Procure della Repubblica hanno delle indagini in corso sul fenomeno delle logge massoniche segrete e una di queste è proprio la P2. In breve, queste consorterie non sono riconosciute legalmente dalla legge italiana perché si presume che all’interno di esse si svolgano pratiche anticostituzionali a danno del Paese.
Per chi volesse approfondire l’argomento può’ andare in qualsiasi libreria o cercare in Internet e trovare una vasta letteratura che spiega il fenomeno.
Molti personaggi della politica, della finanza, del giornalismo vi erano implicati in queste associazioni ritenute illegali. La giustizia italiana stava cercando di capire fino a che punto queste organizzazioni fossero legali nel territorio oppure agivano in contrasto con le disposizioni di legge. Ma la cosa non era facile, da scoprire. Troppe implicazioni, connivenze, protezioni, ad alto livello politico e istituzionale. Via via lo scandalo aveva assunto proporzioni sempre maggiori. Non passava giorno in cui radio, televisione e giornali non si occupassero della cosa. Comunque lasciando da parte l’aspetto puramente politico e la risonanza data dai “mass media”, a noi ci era stato ordinato di eseguire l’ordine impartito dalla Magistratura milanese la quale cercava di fare chiarezza anche al suo interno. Risultavano iscritti a queste organizzazioni anche dei loro appartenenti. La questione era abbastanza delicata e quello che ci viene raccomandato è di usare la massima discrezione perché avremmo dovuto agire nei confronti di un personaggio che rivestiva una carica pubblica di importante rilievo.
Il capo ordina di preparare tutto il necessario per recarsi nella cittadina di Ala di Trento che si trova nella omonima provincia e di raggiungerla con l’autovettura -Alfa Romeo Giulietta 1800- condotta da un alfista esperto. Questo tipo di veicolo nel nostro ambiente era classificato come vettura da inseguimento. Il suo utilizzo principale era volto al contrasto alle attività illecite, in particolare nella lotta al contrabbando. Chi è addetto alla guida di questi è personale esperto che ha fatto dei corsi specifici all’uso. L’autista quindi che deve condurci a destino è uno di questi “alfisti”.
Bisogna fare una piccola precisazione. In genere questi tipi di individui sono un po allergici agli ordini che vengono dati e quando possono spingono a tutto gas l’autovettura anche se non c’è bisogno. Oggi l’autista è uno di quelli e sarà difficile tenerlo a freno.
Preparati tutti i documenti e fatto il pieno di benzina al veicolo, partiamo, ci immettiamo in autostrada e allo svincolo della Verona Brennero prendiamo per l’autostrada A22 in direzione di Trento.
Per una certa forma di tutela e brevità dirò solo i nomi dei componenti la pattuglia composta quindi dai marescialli, Elvio, Teodoro ed io più il matto di alfista, Rago, al quale non gli è stato raccomandato altro che guidare con calma tanto il tempo per eseguire il servizio lo avevamo. Lui di malavoglia aveva accettato questa situazione ma sono sicuro che alla prima occasione avrebbe tirato fuori le unghie. Durante il tragitto per raggiungere la destinazione avevamo anche il tempo e la voglia di fare battute scherzose, commentando anche sull’incarico che ci era stato affidato e sul come avremmo potuto svolgerlo nel migliore dei modi. Dopo un paio d’ore di viaggio circa, raggiungiamo il posto dove avremmo dovuto eseguire il mandato emesso dall’Autorità Giudiziaria. Ecco però che già cominciano a sorgere i primi problemi. Nell’abitazione infatti non troviamo nessuno a cui recapitare l’ ordine di accesso nell’abitazione ed eseguire la perquisizione domiciliare. Ora non ricordo esattamente i termini esatti del perché non entrammo immediatamente, forse per scrupolo del capo pattuglia o qualche altro intoppo, sta di fatto che non eseguimmo subito l’ordine che ci era stato dato. Ma ci mettemmo in attesa che qualcuno arrivasse per aprire la porta per entrare. Che facciamo che non facciamo, si decide di fare nel frattempo una passeggiata per la cittadina di Ala di Trento che a dire il vero era veramente bella ed interessante. Ma una cosa colpì tutti noi. La gran parte delle giovani donne che incontravamo erano tutte in stato interessante e quello che meravigliava maggiormente era che sembrava avessero gli stessi mesi di gravidanza. Divertiti di questo fatto ci siamo guardati in faccia e chiesto tra noi come mai questa cosa. Incuriositi abbiamo voluto andare a fondo della questione e per saperlo non avremmo fatto altro che fare un po’ di faccia tosta e chiedere a qualcuno. Siamo entrati pertanto in un bar e dopo aver preso un caffè abbiamo rappresentato la nostra curiosità al gestore del locale e lui sorridente ci ha spiegato l’arcano. Vedete disse: “Ala di Trento è un paese dove i giovani mariti lavorano molto all’Estero per lungo tempo. E i rientri in famiglia sono quasi tutti dello stesso periodo, e quindi….”. Capito al volo a cosa intendeva alludere il gestore del bar ne siamo usciti soddisfatti di aver scoperto il piccolo mistero accingendoci a raggiungere il luogo dove avremmo dovuto eseguire i nostri compiti. Purtroppo sul posto ancora non si vedeva nessuno a cui recapitare questo benedetto ordine di perquisizione. Alla fine il capo pattuglia stanco di aspettare decide di ritornare alla sede del nostro Comando senza eseguire nulla.
Il comportamento del responsabile della pattuglia a mio avviso non è da criticare tenuto conto della persona che sarebbe stata sottoposta a questa ispezione. Comunque prima di decidere autonomamente aveva sentito il parere del nostro comandante il quale aveva acconsentito a desistere in assenza dei proprietari. Così quindi con la calma con cui eravamo arrivati rientriamo chiacchierando tra noi e commentando su quanto era accaduto ed in particolare sul fatto di aver visto tutte quelle donne in stato interessante. Alla sede però il capo non convinto della situazione, non ci rende subito liberi di andare ma dice di attendere, ancora un po’ che avrebbe chiesto lumi anche lui sul da farsi. Fece un giro di telefonate, in quanto la cosa era talmente delicata che bisognava ricevere direttamente ordini dal Comando di Milano. Dopo poco tempo infatti ecco la brutta notizia. Bisogna ritornare là ed eseguire il mandato anche senza la presenza dei proprietari dell’immobile, come del resto previsto dalla legge. Il problema era che questa volta dovevamo fare alla svelta perché la sede di Milano che dirigeva tutta l’operazione doveva essere messa al corrente immediatamente degli elementi in nostro possesso.
Questa volta l’autista non fece davvero una passeggiata, si comporto’ proprio come lui era stato addestrato ad agire alla guida di un’autovettura da inseguimento Alfa Romeo. Viaggiavamo infatti in autostrada alla velocità di 185 Km orari. Nessuno fiatava, pregavamo che tutto andasse per il meglio e non vedevamo l’ora di arrivare. Constatato quindi che non c’era bisogno della presenza di alcun proprietario per dare riscontro al mandato, ci siamo preoccupati di trovare un fabbro che forzasse la serratura di ingresso per dare finalmente esecuzione a quanto ci era stato impartito. Tutto il materiale ritenuto utile secondo quanto prescritto nell’ordine della Procura è stato debitamente riposto in appositi scatoloni e sigillati con le cautele di legge per essere concentrato agli uffici che lo richiedevano. Quindi in tutta fretta abbiamo fatto ritorno alla nostra sede e anche questa volta l’autista, facendoci passare momenti di brivido, si è dato da fare per arrivare nel più’ breve tempo possibile viaggiando in autostrada a quasi 190 Km orari, per consegnare quanto sequestrato. Durante il viaggio, ci siamo scambiati poche parole, un po’ per lo stress subito un po’ per paura della velocità del veicolo in mano al soggetto un po’ particolare che lo guidava.
Giunti alla sede e consegnato il tutto al Comandante questi finalmente ci ha messo in libertà. Ma nel frattempo si era fatto tardi e come era stato nelle mie previsioni il pranzo era saltato. Pazienza, dovevo mettere in conto queste cose perché facevano parte delle incognite del mio lavoro. Si sapeva quando si usciva di casa al mattino, ma non si sapeva quando si ritornava.
Giunto a casa ho potuto mangiare anche se in ritardo.

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Corso Oli Minerali

Brescia
Al corso oli minerali
Secondo la mia idea avrei voluto dedicarmi ad espletare funzioni mirate nel settore tributario e fiscale presso le aziende. Questa era un’attività che mi attraeva più delle altre. Del resto forse era quella che dava maggiori soddisfazioni sotto l’aspetto professionale. Ci si doveva confrontare con persone preparate professionalmente: amministratori, ragionieri, commercialisti, avvocati. Si era stimolati quindi a tenersi aggiornati con le leggi, i decreti, le risoluzioni, le normative tributarie e fiscali ecc. Mi sarebbe piaciuto affiancare certi colleghi con più esperienza di me e apprendere la tecnica di cui erano dotati. Niente di tutto questo. Ero impiegato invece in mansioni totalmente differenti. Avevo una certa avversione su tutto quello che concerneva il settore degli oli minerali. Forse sbagliavo, ma in quei momenti la mia idea e la mia volontà era quella di essere impiegato diversamente. Il problema era dovuto al fatto di essere assegnato ad una sezione che si occupava tra le altre cose anche di reprimere le frodi sui prodotti petroliferi.
Col tempo tuttavia e con l’esperienza maturata, ho saputo apprezzare anche questa forma di attività e non nascondo di aver ricevuto anche gratificazioni sia all’interno dell’amministrazione che al di fuori di questa. Sembrava comunque una maledizione che mi perseguitava non riuscivo a togliermi di dosso questi incarichi. Anzi, a peggiorare la situazione, un giorno sono stato convocato nell’ufficio del comandante del Nucleo il quale mi comunica che sono stato scelto per andare a frequentare a Milano un corso sugli oli minerali della durata di un mese. Lo scopo di questo aggiornamento era di apprendere le tecniche di contrasto e repressione degli illeciti in quel campo. Si trattava quindi di recarsi a Milano, in via Melchiorre Gioia, presso la sede del Comando Legione tutte le mattine per assistere alle lezioni dalle ore 9.00 alle ore 13.00 di tutti i giorni ad esclusione del sabato. Dopo una quindicina di giorni cambiarono gli orari: pomeriggio dalle 14.00 alle 18.00. Questo cambiamento mi causò non poco disagio. Stavo frequentando un corso serale per “ragionieri” presso un istituto bresciano che si svolgeva dalle ore 19.00 alle ore 23 sino al venerdì. Di sabato bisognava andare di pomeriggio dalle 14.00 alle 18.00. Dovetti fare i cosiddetti salti mortali per non perdere queste lezioni. A nulla valse la mia richiesta di essere sostituito al corso che si effettuava a Milano. All’epoca chi si prendeva l’onere di frequentare per suo tornaconto corsi serali non era agevolato per niente nei servizi d’istituto. Bisognava rispettare gli ordini dati.
Nonostante la mia ritrosia nell’eseguire tali incarichi mi ero posto di seguire il corso e di apprendere quanto più possibile quello che insegnava un ingegnere dell’Ufficio Tecnico delle Imposte di Fabbricazione (UTIF); considerato che dovevo confrontarmi spesso con attività legate nel campo degli oli minerali, tanto valeva documentarmi a ragion veduta con tecnica e competenza. L’ingegnere dopo aver dato una panoramica generale sui prodotti petroliferi che nello Stato Italiano erano assoggettati al pagamento dell’imposta di fabbricazione, entra nel merito delle questioni attinenti: la lavorazione presso le raffinerie dislocate nel nostro territorio, lo stoccaggio presso i depositi, il modo di controllare le giacenze, sia fisiche che contabili in questi siti compresi i distributori stradali di carburanti. Nello specifico, il corso spiegava come rilevare una giacenza di prodotto attraverso misurazioni fisiche nei serbatoi per poi raffrontarle con i dati contabili indicati nei registri tenuti dai titolari dei depositi e dei distributori stradali. Conoscere il peso specifico dei prodotti per poter trasformare in litri e in chilogrammi a seconda delle necessità.
Queste operazioni erano necessarie ed importanti, da portare a termine, con una certa preparazione tecnica specifica. Questo perché era necessario stabilire, l’esatto quantitativo, come punto essenziale da prendere a base per eventuali irregolarità sia sostanziali che formali. Riscontrare delle deficienze o delle eccedenze rispetto alle giacenze realmente accertate significava che si dovevano applicare delle sanzioni.
Nonostante quindi le mie avversioni a questo tipo di servizio mi ero impegnato preparandomi a dovere in vista dell’esame di fine corso.
Questo accadde alla fine del mese di tirocinio e ancora una volta sono rimasto deluso della mia valutazione data dalla commissione d’esame. Già una cosa del genere era successa quando frequentavo la Scuola Sottufficiali. Sembrava proprio che per me le valutazioni alle prove d’esame non rispecchiassero la mia effettiva preparazione. In cuor mio ritenevo di ben figurare davanti alla commissione ma come è già accaduto altre volte, i voti migliori sono stati dati ad altri. La mia delusione fu ridimensionata, in parte, in seguito a servizi da me svolti in questo particolare settore.
Le lezioni apprese mi hanno dato la possibilità di agire con precisione ed accuratezza e dimostrare sia al mio ufficio che alla controparte controllata la mia competenza e preparazione al punto tale di ottenere gratificazioni sia dai mie superiori che dai responsabili dei siti ai quali avevo eseguito accertamenti.
Sono stato anche chiamato a tenere brevi lezioni a personale proveniente da diversi reparti sul comportamento da adottare qualora si trovassero a intervenire in materia di oli minerali in particolare nel rilevamento di giacenze presso i distributori stradali di carburanti.
Ricordo che quel giorno avevo anche qualche linea di febbre e nonostante la mia indisposizione ho trovato conforto nel notare che le mie spiegazioni destavano attenzione a coloro i quali erano stati chiamati a partecipare a queste lezioni. Bene ho pensato tra me, almeno sono riuscito a trasmettere ad altri quello che ho appreso al corso frequentato a Milano e soprattutto quello che è stato frutto della mia esperienza.

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Tempo di Cambiamenti

Tempo di cambiamenti
Finalmente dopo 13 anni trascorsi con il grado di brigadiere, un po’ tanti, ottengo la nomina a maresciallo. Il ritardo è a causa del rifiuto di sottopormi ad esami per avanzamento a scelta.
All’epoca c’era questa prerogativa che consisteva nella possibilità di fare un esame dopo 4 –6 anni di permanenza nel grado da brigadiere, che una volta superato si poteva ottenere il grado superiore di maresciallo ordinario. Perché farlo? Ho pensato.
Dopo due anni di frequenza alla Scuola Sottufficiali anziché uno come erano i precedenti corsi si pretendono ancora esami per passare di grado? Ero convinto che il passaggio fosse meno lungo e che sarei arrivato alla nomina in tempi brevi.
Le mie previsioni invece furono del tutto errate e dovetti sorbirmi questa lunga attesa. L’anno dopo l’Italia vince i mondiali di calcio disputati in Spagna. Ricordo ancora la soddisfazione del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, mentre esulta alle reti segnate dalla squadra italiana. L’intero Paese è in festa. Il terzo titolo mondiale viene vinto dopo moltissimi anni di assenza. La vittoria ci mancava dal lontano 1938.
Il 1982 è l’anno in cui ottengo il diploma di“Ragioniere”. Per me è stata una grande soddisfazione. Una rivincita soprattutto contro me stesso. Quello che non ero riuscito ad ottenere quando ero giovane studente l’ho realizzato in questo anno frequentando i corsi serali, anno per anno, dalla prima classe sino agli esami di maturità. Per riuscirci non è stato facile.
Avevo ripreso la frequenza del terzo anno qui a Brescia in seguito ad interruzione avvenuta a causa del mio trasferimento da Gorgonzola. E’ stata abbastanza dura. Già a Brescia avevo dovuto interrompere la frequenza a causa di problemi riguardanti l’attività di servizio. Sembrava che il Comando facesse in modo di impedirmi di frequentarlo.
Ero assegnato di continuo in sezioni in cui non esisteva un orario fisso di lavoro. Si doveva intervenire ad ogni ora del giorno e della notte e questo pregiudicava la mia frequenza al corso al punto di doverlo nuovamente interrompere. Per orgoglio non avevo rappresentato mai al Comando la mia esigenza. Avrei potuto chiedere una sede di sezione con orari normali di ufficio tali da permettermi di potermi recare alle ore previste all’Istituto Ragionieri.
Finalmente vengo assegnato alla sezione “Schedario” dove gli orari sono d’ufficio e quindi ho la possibilità di iscrivermi nuovamente e questa volta di portare a termine il corso sino agli esami di maturità. Ricordo ancora quei giorni, l’ansia e lo stress dell’attesa, come un giovane studentello, della prova scritta di italiano e quella di ragioneria e dopo quella degli orali.
Avevo scelto come materie da portare agli esami orali:italiano e scienza delle finanze, materia quest’ultima pe r me abbastanza facile considerato il lavoro che facevo. Gli esami orali andarono più che bene anzi ho avuto anche i complimenti dei professori della commissione specialmente quando sono stato interrogato in “scienza delle finanze”. Mi ero preparato sull’argomento un po’ ostico per gli altri miei compagni. Lo studio era imperniato su nozioni riguardanti la materia del“Catasto”.
Particolare pubblico registro dove vengono annotate tutte le abitazioni e i terreni di una zona, con le loro caratteristiche: cubatura, numero dei vani, valore, zona catastale e così via. Come è strutturato, e l’utilizzo da parte del pubblico. La conoscenza della catalogazione dei terreni dei fabbricati, dei mappali, del classamento, del regime fiscale e così via dicendo.
Ad un certo punto interviene un rappresentante della commissione d’esame elogiando la mia esposizione su questo argomento considerato dagli esaminandi abbastanza non alla loro portata. Al che interviene il mio professore di scienza delle finanze dicendo: “Certo che sa bene questo argomento lui è un finanziere e se non le sa lui queste cose?” Ma il commissario ha voluto che continuassi a parlare in quanto dichiarò che era inusuale ascoltare da un esaminando questo particolare argomento.
Alla fine ho ricevuto i complimenti da tutta la commissione d’esame. Al contrario da parte del mio comandante del Nucleo che non si è degnato di fare nessun apprezzamento. Ma non importa la soddisfazione l’ho avuta sotto l’aspetto pecuniario in quanto l’amministrazione, per essermi diplomato, mi ha assegnato un premio in denaro di 450mila lire. Non male.

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Autocisterna carica di gasolio

Brescia
L’autocisterna carica di gasolio
Sono comandato di servizio, in abiti civili, per il controllo sugli oli minerali. Mi trovo a bordo di un’autovettura alfa romeo “alfetta” da inseguimento. L’alfista, così è chiamato l’autista che guida questo tipo di veicolo è l’appuntato Conti Nicola (nome di fantasia). Bravo conduttore, gli piace parlare, a volte si perde nei suoi discorsi al punto che l’automobile si muove a 20 chilometri orari in quarta marcia. La posizione che assume nella guida è come se fosse coricato in un letto. Preso dalla foga dei suoi discorsi non si accorge in che condizioni sta guidando. Ogni tanto devo riprenderlo: “Nicola sei con la quarta marcia e il tachimetro segna 20 km orari, penso che dovresti ingranare una marcia inferiore oppure aumentare un poco la velocità”. “Ha ragione brigadiere, ora provvedo subito” mi risponde. Tanto lo so che di lì a poco tutto ritorna come prima. Niente di male, non mi preoccupo, al momento non ci sono problemi che richiedono di intervenire e tutto fila liscio con calma e tranquillità e quindi lo lascio fare.
Il tempo deve trascorrere e stiamo viaggiando per andare ad effettuare in una certa località dei controlli ad autocisterne che trasportano oli minerali, (benzine, gasoli, oli combustibili ecc.) così come indicato nell’ordine di servizio. Questi prodotti devono essere accompagnati da particolari documenti: H-ter 16 i quali attestano la regolarità del trasporto del particolare prodotto e contengono tutta una serie di dati. Per cui queste autocisterne oltre ad essere in regola con le norme del codice della strada devono rispettare anche delle norme di carattere fiscale. All’epoca in cui si sono svolti i fatti la legislazione italiana impone determinati vincoli ai prodotti petroliferi e gli organi preposti alla vigilanza sono:
• la Dogana, nei depositi costieri e in altri depositi doganali; • l'Ufficio Tecnico Imposte di fabbricazione (Utif), nelle raffinerie e nei depositi destinati alla conservazione del prodotto prima dell'esazione dell'imposta;
• la Guardia di Finanza, nel suo ruolo istituzionale di vigilanza.
Il nostro Paese è risaputo che è povero di petrolio per cui è costretto ad importarlo. Il petrolio greggio giunge nel territorio italiano generalmente attraverso petroliere. Scaricato nei depositi costieri, operanti sotto la vigilanza dell’amministrazione doganale, il greggio viene misurato. Il passaggio dai depositi costieri alle raffinerie avviene prima del pagamento dell’imposta di fabbricazione; nella movimentazione, il greggio deve essere accompagnato da appositi certificati (moduli C/21) e le autobotti devono essere sigillate dal personale della dogana del luogo di partenza della merce. Giunto nella raffineria, il prodotto viene preso in carico dall’Ufficio finanziario di fabbrica, dipendente dall’ Utif, con la collaborazione della Guardia di Finanza. Compito di questa struttura è quello di controllare continuamente la lavorazione ed accertare la quantità e qualità dei prodotti ottenuti. L’uscita del prodotto avviene, generalmente, previo pagamento dell’imposta determinata dall’ufficio finanziario di fabbrica, in base alle aliquote previste dalla legge (art. 12 e 13, R.D.L. n. 334/1939).
Con l’uscita dalla raffineria o dal deposito “SIF”, (un punto franco dogana in cui viene stivato il carburante in attesa di essere acquistato dai grossisti) il tributo è assolto e può iniziare la fase di commercializzazione del prodotto, che, in attesa di essere venduto, viene immagazzinato in depositi detti “liberi”, appunto perché contengono prodotto di cui è già stata pagata la relativa imposta.
Anche una volta assolto il tributo, la movimentazione del prodotto è sottoposta ad alcune formalità. Innanzitutto, l’operatore petrolifero deve tenere un registro di carico e scarico, rilasciato dall’ Utif competente, nel quale devono essere annotati tutti i carichi di prodotti arrivati nei depositi, con l’indicazione della quantità, della provenienza, della data di arrivo e della documentazione che ha scortato il trasporto. Le stesse indicazioni valgono per gli scarichi, cioè le partite di prodotto estratte dal deposito e destinate ai clienti.
Il trasporto del prodotto deve essere scortato da un certificato di destinazione, il modulo “H-ter 16”, redatto su stampati filigranati in dotazione agli Utif. Il modulo deve contenere l’indicazione di numerosi dati, tra cui gli estremi del deposito di provenienza e del luogo di destinazione, gli estremi del vettore, con l’indicazione del nome dell’autista e la targa del veicolo usato, la data del trasporto con precisazione dell’orario di partenza e di quello di arrivo previsto, l’indicazione del percorso di massima da seguirsi, il tipo e quantità del prodotto. I certificati di provenienza vengono emessi dall’Utif territorialmente competente, che ha anche la facoltà di assegnare al commerciante una dotazione di libri-certificati in bianco, con l’obbligo di rigoroso periodico rendiconto. In questi casi è il commerciante stesso che provvede all’emissione del certificato di destinazione. Periodicamente, i libri di certificati utilizzati e i registri di carico e scarico devono essere restituiti all’Utif che li ha rilasciati, per effettuare i riscontri di sua competenza.
In quel periodo esisteva un forte traffico illecito di questo prodotto per cui la G. di F. aveva il compito di contrastare questo fenomeno.
Il nostro comandante di sezione ci assillava in continuazione perché scoprissimo queste irregolarità. A me aveva fatto capire che se non avessi effettuato almeno un sequestro di queste autocisterne la mia permanenza al Nucleo pt sarebbe stata in forse. All’epoca per aver titolo a far parte di questo speciale reparto bisognava dimostrare di essere un buon investigatore e fare almeno qualche risultato di servizio, altrimenti al termine del periodo di prova della durata di sei mesi si veniva rispediti al reparto di provenienza. Il mio periodo stava scadendo e secondo questo ufficiale io rischiavo di non essere confermato. Ci mancava anche questo intoppo! Già mal sopportavo il fatto di essere stato assegnato nella 1^ Sezione che si occupava appunto, tra l’altro, anche di oli minerali, per cui dovevo sottostare a questi obblighi.
Così quella mattina mi trovavo in pattuglia con l’appuntato Conti Nicola a controllare autocisterne che trasportavano prodotti petroliferi. Purtroppo nel luogo indicato nell’ordine di servizio i controlli risultavano tutti regolari e a meno che di eventi specifici e particolari bisognava rispettare l’indicazione prevista. Ad un certo punto, d’istinto, mi rivolgo all’autista: “Nicola qui stiamo perdendo tempo, non accade nulla, tutti i mezzi che abbiamo controllato sono a posto. Sai che ti dico? Spostiamoci e facciamo una puntatina a……. e indico il luogo. Non ti preoccupare, mi prendo io la responsabilità di deviare dalla località indicata nel foglio di servizio.” Nicola senza obbiettare mette in moto e ci apprestiamo a raggiungere il luogo che io gli ho indicato. Quando a volte si è baciati dalla fortuna!
Dopo poco che eravamo sul posto vediamo in lontananza sopraggiungere un’autocisterna. Ci trovavamo entrambi sul ciglio della strada, avverto Nicola di procedere al fermo del veicolo mediante la segnalazione con la paletta che abbiamo in dotazione. Con grande stupore il veicolo non si ferma ma procede speditamente lungo la strada allontanandosi. Ci guardiamo in faccia e senza dire nulla saltiamo velocemente a bordo dell’alfetta e iniziamo l’inseguimento. Dopo circa un chilometro riusciamo a fermarlo e far scendere l’autista proprio nelle vicinanze di un deposito di oli minerali situato nei pressi. La prima cosa che viene chiesta all’autista è come mai non ha ottemperato al primo “Alt” che gli era stato dato. La risposta è stata che non si era accorto di nulla. Gli viene richiesto di esibire tutti i documenti: patente, libretto di circolazione, gli si chiede del prodotto trasportato e del relativo documento di accompagnamento che in questo caso sarebbe stato il particolare certificato denominato H-ter 16. L’autista, i cui dati personali sono stati rilevati attraverso la patente e la carta d’identità, dichiara di trasportare del gasolio per autotrazione da consegnare al vicino deposito di oli minerali ma che non è in grado di documentarne il trasporto.
Io e Nicola ci guardiamo in faccia e pensiamo la stessa cosa: “ll gasolio per autotrazione lo sta trasportando illecitamente perché è sprovvisto di idoneo documento di accompagnamento”. In questi casi è previsto il sequestro sia del veicolo che del prodotto petrolifero. Per cui invitiamo l’autista a seguirci con l’autocisterna al comando nucleo pt di Brescia per gli ulteriori accertamenti. Nel tragitto di rientro prima ci fermiamo ad una “pesa pubblica” per accertarci dell’effettivo peso del gasolio. Il carico risulta pari a 3000 litri. Era la prima volta che effettuavo un’operazione del genere. Teoricamente conoscevo l’iter procedurale che bisognava adottare in simili casi. In primo luogo sarebbe stato necessario redigere gli atti di sequestro del mezzo e procedere al prelevamento campioni del prodotto da inviare al competente laboratorio di analisi per accertare l’esatta classificazione. Successivamente si sarebbe proceduto a redigere gli atti definitivi: denunzia dell’autista, comunicazioni ai vari uffici competenti. Per compiere tutto questo avrei avuto bisogno di essere aiutato oltre che da Nicola da un qualche collega con più esperienza di me in queste situazioni.
Era ora di pranzo, il veicolo con il prodotto era concentrato nel cortile della caserma, al momento il comandante di sezione non era presente. Mi rivolgo al brigadiere Rossi Domenico della mia stessa Sezione e gli chiedo se poteva darmi una mano. Si dichiara disponibile ma prima suggerisce di andare tutti a pranzo e nel pomeriggio potevamo procedere così ci sarebbe stata anche la presenza del capitano comandante la nostra sezione.
In cuor mio ero soddisfatto, il risultato di servizio era buono e sarebbe stato utile per la conferma della mia permanenza al reparto. Stavo ricevendo infatti le felicitazioni dei colleghi per l’intervento effettuato.
Verso le 15.00 arriva il comandante di sezione, il quale invece di complimentarsi per l’operazione eseguita mi propina un bel rimprovero lamentando il fatto che ancora non si era proceduto a redigere alcuno atto. Il brigadiere Rossi, prendendo le mie difese, fa presente che si voleva attendere proprio la presenza dell’ufficiale in caso avesse intenzione di estendere ulteriori indagini ed accertamenti in merito al sequestro avvenuto.
L’ufficiale fa presente che in primo luogo si devono redigere gli atti preliminari. In un secondo momento si sarebbe riservato di decidere ulteriori iniziative. Mi chiede la località dove è stato eseguito il fermo dell’autocisterna. Gli dico che è stato effettuato in un posto diverso quello indicato nell’ordine di servizio. Al che vedo nel suo viso una smorfia di diniego come per farmi capire che avrei dovuto rispettare l’itinerario e la località prevista. Ma non obiettò, perché è sempre stato il primo a pretendere iniziative da parte dei suoi collaboratori utili al raggiungimento di risultati.
Gli ho spiegato che nel posto indicato nel foglio di servizio era tutto regolare. Ero al corrente che nella zona dove è stato effettuato il fermo del veicolo ci poteva essere illecito traffico di prodotto petrolifero. Nel territorio circostante vi erano diversi depositi di oli minerali.
Così con l’aiuto di Rossi e dell’appuntato Conti ci mettiamo al lavoro per ultimare le operazioni inerenti il sequestro.
Di lì a poco il capitano mi annuncia che devo presentarmi al colonnello comandante la Caserma perché vuole da me personalmente alcuni chiarimenti. Di solito non sempre si avverte immediatamente il comandante del Gruppo quando si effettuano operazioni anche di una certa rilevanza. Ne viene sempre a conoscenza in un secondo momento. Già la mia testa frullava :”Vuoi vedere che mi sono cacciato in qualche guaio? Eppure sono convinto di aver eseguito il servizio in modo appropriato, non ci sono state violenze, incidenti, feriti ecc. da ambo le parti. Cosa vorrà da me il colonnello? L’unico problema a mio avviso è che è stato eseguito al di fuori da quando ordinato nell’ordine. Sarà per questo motivo che vorrà sentirmi?” Busso alla sua porta e mi fa entrare. “Lei è il brigadiere Abbaterusso che oggi ha effettuato il fermo di un’autocisterna carica di gasolio per autotrazione trovata senza documento di accompagnamento H-ter 16?” “Si confermo” gli rispondo. E lui: “Ma mi dica una cosa, siccome ho ricevuto una telefonata da un “onorevole” il quale mi chiede ragguagli in merito al suddetto sequestro gradirei sapere qualche altra notizia da lei oltre a quella di cui già sono a conoscenza. Mi spieghi come mai si trovava in quel luogo. Mi risulta che il suo ordine di servizio disponeva di essere da tutt’altra parte.” “Vuoi vedere che ora mi prendo invece di una gratificazione per l’operazione eseguita una bella lavata di testa?” Al che mi sono fatto forte e gli ho risposto: “Comandante, per tutto il tempo in cui siamo stati nella località prescritta non abbiamo riscontrato alcuna irregolarità agli autoveicoli controllati. Siccome corrono voci che nel territorio in cui abbiamo fermato l’autocisterna si effettuano traffici illeciti di oli minerali, di mia iniziativa, come per un presentimento, ho deciso di eseguire una puntatina poco prima della scadenza del mio ordine di servizio e mi sono trovato ad eseguire questo fermo. Tutto qui. Altro non avrei da aggiungere.” Il colonnello mi risponde . “Va bene così, puoi andare a riprendere il tuo lavoro”. Saluto ed esco e mi reco dal comandante di sezione per riferirgli della mia conversazione. Entrato nel suo ufficio mi rivolgo a lui esclamando: “Signor capitano io mi sono attenuto alle sue direttive in merito al fatto che bisogna essere buoni investigatori e che bisogna avere spirito di iniziativa al fine di creare situazioni che portino a dei risultati di servizio tali rendere un buon rendimento operativo a tutta la sezione. Io oggi così mi sono comportato ma a quanto sto notando sembra che abbia causato più problemi che soddisfazioni. Che vuole che io faccia? Forse la valigia per ritornare al mio reparto di provenienza? Così non provoco fastidi ad alcunchè? Ammetto che la mia sfuriata sia stata un pochino pesante. Ho pensato: “Ora mi riprendo un’altra lavata di testa dal capo sezione”. Invece il capitano mi guarda in faccia ed esplode in una gran risata e mi assicura di non preoccuparmi e di fare alla svelta a finire le operazioni riguardanti il fermo.

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Ottusita’

Brescia – Ottusità Quanto sto per raccontare non vuole essere denigratorio nè offensivo in alcun modo verso coloro i quali hanno partecipato con me ad un’operazione di servizio la cui conclusione è stata oggetto di scherzi e critiche da parte dei miei colleghi per il modo in cui è stata condotta provocandomi un senso di inadeguatezza e di vergogna. Si tratta solo di raccontare un episodio ove è emersa la mia inesperienza e mancanza di attaccamento professionale in un episodio accaduto molti anni addietro. Col senno di poi come spesso accade riconosco che avrei dovuto gestire meglio la cosa, ma invece all’epoca mi sfuggì di mano causando appunto il ridicolo per il comportamento adottato. In effetti ripensando all’accaduto e il modo in cui fu portata a termine oggi riesco a ridere anch’io, ma non in quel momento. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto i nomi che indicherò sono frutto della mia fantasia per rispetto della privacy altrui.
Mi trovavo da poco tempo in quella sede a svolgere la mia attività che da tanto desideravo farne parte. Purtroppo il primo impatto non fu tra i migliori. Ero convinto di andare a svolgere incarichi di una certa rilevanza, lavorare con personale esperto così da acquisire esperienza in quei settori da me preferiti. Ma inizialmente non fu così. Nei posti precedenti in cui ero stato avevo anche svolto specifiche attività nel campo tributario ma non con la tecnica e con il personale qualificato come avrei potuto trovare in questa sede. Pensavo che dopo dieci anni di esperienza di servizio sarebbe stata presa dai superiori l’ eventualità che io potessi essere aggregato in qualche sezione che si occupava di queste mansioni. Purtroppo le mie aspettative furono disattese e dovetti con mio grande rammarico incominciare ancora una volta a svolgere il servizio anti contrabbando con tutte le implicazioni ad esso connesse: uscire in qualsiasi ora del giorno e della notte, prendere i pasti ad orari assurdi e cose del genere. Avevo la nausea di tutto questo e molto volentieri avrei cambiato tipo di attività, ma per il momento quella era stata la mia assegnazione. Avevo la speranza che dopo il prescritto anno di permanenza in quella sezione mi avrebbero avvicendato in qualche posto dove avrei potuto imparare altre cose utili ed acquisire maggiore formazione nel campo specifico mirato agli accertamenti ad aziende, a società e ad attività economico-commerciali in genere per il rispetto delle leggi fiscali ed altre normative.
I primi periodi svolti quindi per me non furono certo esaltanti.
La sezione cui ero stato assegnato era molto attiva sotto l’aspetto operativo ma critica per tutto quanto concerneva i rapporti col personale a cominciare dal comandante e per finire tra di noi colleghi. Essa si occupava di varie cose: dall’ anti-contrabbando all’anti-droga, agli oli minerali e alcoli, e tutto quanto era sottoposto al pagamento dell’imposta di fabbricazione. Il comandante di questa sezione teneva tutti col fiato sul collo e secondo la sua logica dovevamo essere sempre disponibili in qualsiasi momento della giornata. A volte il suo comportamento era davvero stravagante, non gli importava che tu avessi già compiuto otto ore di servizio e che avevi diritto al tuo riposo, se lui decideva che si doveva intervenire in qualche parte della città o della provincia non sentiva ragioni di alcun genere, bisognava assecondarlo, pena ritorsioni di ogni genere che non sto qui a descrivere. Faceva di tutto per alimentare un clima di conflittualità e di competitività tra il personale. Quotidianamente incitava i suoi dipendenti poiché effettuassero sempre dei risultati di servizio in modo da poter ricevere gratificazioni di qualsiasi tipo da parte dei suoi superiori. Sembrava che l’unico obiettivo della sua carriera fosse quello di ricevere quanti più “encomi” possibili a scapito anche della buona armonia tra i colleghi. Gli avevamo affibbiato il soprannome di “capitan sequestra”, proprio per la sua mania di porre sotto sequestro qualsiasi cosa avesse a che fare con irregolarità riscontrate nel corso dell’attività di servizio.
Io ero col morale a terra, nuovo del posto, assegnato ad un incarico che non mi piaceva, non conoscevo i miei colleghi, non sapevo quindi se potevo o meno confidare a loro i miei stati d’animo. Dovevo infatti stare attento ad esprimere dei commenti negativi, sia sulla sezione che sul modo di agire del responsabile di questa, al fine di evitare che qualcuno andasse a riferire delle mie critiche. Ancora infatti non ero riuscito a capire di chi avrei potuto fidarmi. Avevo fiutato infatti che c’era qualche delatore che andava a riportare al comandante le lagnanze dei suoi dipendenti e questo per me era una cosa che non mi piaceva affatto. Gli spioni non mi erano mai andati a genio. Mi tenevo quindi tutto dentro nell’attesa di riuscire a farmi qualche amico sincero con il quale condividere le mie ansie.
Bene con questo clima e con questi stati d’animo quotidianamente affrontavo le avversità che si presentavano e un giorno di questi, non appena ero giunto all’ufficio della sezione per ricevere gli incarichi da svolgere per quella giornata il comandante mi chiama e mi affibbia l’ordine di servizio il cui contenuto era il seguente: “Minuta vendita nel quartiere vecchio della città”. Il significato di questo ordine era che avremmo dovuto recarci nel quartiere vecchio cittadino, sede di numerose attività illegali tra le quali lo spaccio minuto di sigarette di contrabbando e cercare di sequestrare questa merce. Mi disse: ”Devi uscire con l’appuntato Esposito (nome di fantasia). Fatevi un foglio di servizio con l’oggetto della Minuta Vendita e gli orari dovranno essere compatibili con l’eventuale smercio di queste sigarette.”
Non avrebbe potuto darmi peggiore incarico, infatti per me era deprimente, effettuare questa attività che consisteva nell’andare a sequestrare quei pochi pacchetti di sigarette, ad individui, che per sbarcare il lunario, smerciavano agli angoli delle strade del vecchio quartiere cittadino. Pensavo: “Ma come?.. Dopo dieci anni di servizio, in parte trascorsi in zone di confine, dove l’attività prevalente era proprio quella anti-contrabbando, ma svolta a livelli molto più interessanti di quello che stavo andando a fare dove i sequestri erano veramente importanti come scoprire vagoni ferroviari, autovetture, Tir, carichi di quella merce, mi trovo ora a contestare il pacchetto di sigarette magari ad una povera vecchietta che deve raggranellare qualche lira per sopravvivere.”
Ero veramente demotivato, sconsolato e con poca predisposizione ad agire ma dovevo farlo, gli ordini erano stati impartiti per questo tipo di lavoro.
Di diverso avviso invece era l’appuntato Esposito. Percepivo in lui una passione superiore alla mia. Pensavo tra me :”evidentemente questo qua non ha fatto zone di confine e per lui svolgere questi servizi lo appaga più di me”. Per non urtare la sua suscettibilità o per non far pesare la mia esperienza nel settore, tenni la bocca chiusa e lasciai parlare lui anche per capire meglio il soggetto che avevo di fronte in modo da regolarmi di conseguenza. Lui era un tipo abbastanza singolare, sembrava avere addosso un entusiasmo particolare nell’andare a fare queste cose. Nel tragitto che dovevamo compiere per arrivare sul luogo preordinato non fece altro che parlare di come lui poteva andare a sequestrare la merce di contrabbando e di come lui si serviva di suoi confidenti che gli procuravano notizie utili allo scopo e dei suoi precedenti risultati di servizio, Io abbozzavo con il cenno del capo a quanto mi diceva. Mi veniva in mente quello che io avevo fatto negli anni trascorsi in materia di sequestri. Sostanzialmente non era un cattivo elemento, ma aveva una capacità raziocinante particolare. Il suo cruccio principale era quello della scarsa attenzione e considerazione che il comandante aveva verso di lui. Secondo il suo punto di vista non erano tenute buone le segnalazioni che lui dava in merito ad eventuali persone che erano sospette di trafficare in sigarette di contrabbando. Lamentava il fatto che il comandante sempre spronava il personale a portare elementi utili ai fini di eventuali risultati di servizio, ma che poi in pratica le segnalazioni che gli riportava non venivano mai prese sul serio e così lui si sentiva preso in giro.
Come definirlo? Molto elastico mentalmente non lo era, se si impuntava sembrava un mulo e non retrocedeva di un millimetro nelle sue decisioni. Voleva fare quasi sempre di testa sua, non tenendo conto che lui rivestiva un grado inferiore e quindi doveva sempre sottostare a qualcun altro. Decisamente avevo capito che gli altri colleghi miei si guardavano bene di uscire in servizio con lui proprio a causa di questa sua scarsa elasticità.
Questo personaggio me ne rammenta un altro con cui avevo avuto a che fare: l’appuntato Franchi della brigata di Gorgonzola ma quello era ancora più cinico e malfidente. Esposito da quel lato era meno incalzante e sospettoso. Riuscire a farlo un ragionare era molto arduo. Padre di famiglia con ben quattro o cinque figli, non ricordo bene, aveva un attaccamento ed un impegno particolare nel sequestrare le sigarette di contrabbando e quando ci riusciva si trasformava in altra persona talmente la foga che ci metteva. Ritengo ancora oggi che tale comportamento era dannoso per il nostro servizio perché anche se i quantitativi erano irrilevanti, secondo me, non bisognava esagerare nell’essere duri nei confronti di coloro i quali commettevano questi illeciti. Nel senso che il lavoro doveva essere interpretato con una certa dose di buon senso, comprensibilità, elasticità ma allo stesso tempo con efficacia e risolutezza.
Questa volta l’appuntato Esposito era stato assegnato con me in pattuglia e, mio malgrado, dovetti stare ad ascoltarlo in tutte le sue rimostranze. Così conversando in questo modo eravamo giunti al quartiere da sorvegliare quando ad un certo punto lui si ferma di scatto e mi dice: “Ho intravisto “Scagliola” (altro nome di fantasia), uno che conosco e che è dedito al contrabbando di sigarette, è appena sceso dal furgoncino Ape… sta lì a 50 metri da noi.” Il furgoncino Ape, è quel veicolo a tre ruote con un piccolo cassone dietro la cabina di guida. Molto maneggevole specialmente in città dove ci sono stradine strette. Viene usato principalmente da artigiani, muratori o fruttivendoli per i loro piccoli trasporti. Finito di dire questo l’appuntato si mette a correre in direzione di questa persona senza dare a me il tempo di riflettere sull’azione da fare. Lui dice: “Muoviamoci prima che riesca a salire sul motofurgone…” Riusciamo a raggiungerlo proprio mentre stava per mettere in moto il veicolo, lo fermiamo, ci qualifichiamo visto che eravamo in abiti civili e non in uniforme e gli chiediamo di esibire tutti i documenti riguardanti il veicolo. Lui ha come un attimo di smarrimento, tergiversa un poco, ma poi si convince ed esibisce quanto gli avevamo richiesto. Mentre io verifico questi documenti Esposito entra nella cabina di guida del furgoncino e rovistando sotto il sedile trova alcune stecche di sigarette di contrabbando. Era evidente che la persona era stata colta in flagrante reato e per questo motivo noi avevamo la facoltà di sottoporre a sequestro il veicolo il quale era stato il mezzo per compiere l’atto illecito. Ma ecco che qui accade una cosa incredibile, l’appuntato si avventa su di lui spingendolo contro il muro, con fare minaccioso e preso come da un raptus comincia a martellare il povero malcapitato di domande sulla provenienza della merce trovata in cabina con domande del tipo: “ tu adesso mi devi dire dove hai preso questa roba, il luogo e il nome di chi te l’ha data.”
Lo Scagliola era ammutolito e sbiancato in volto, ricordo anche che era uno che zoppicava e non molto solido fisicamente. Mi domando : “Ma che sta facendo Esposito? E impazzito? Cosa sta combinando a questo povero malcapitato? perché si sta comportando in questo modo? Devo farlo smettere subito, il responsabile del servizio sono io.” Allora prendo una decisione e gli dico: “ Senti non possiamo stare qui in mezzo alla strada con queste richieste, non vedi che la gente sta facendo capannello? La soluzione migliore è condurre lui e il suo “Ape” in caserma dove là possiamo lavorare tranquilli senza incuriosire la gente.” Riesco a convincerlo… meno male…! Sorge però il problema di come disporci nel veicolo così piccolo. Allora pur di riuscire ad andare via da quel luogo mi viene la brillante idea di dire all’appuntato di mettersi in cabina col proprietario e che io mi sarei messo nel vano posteriore del furgoncino. Scelta sbagliata la mia, infatti col senno di poi e ripensandoci avrei dovuto mettermi io nella cabina accanto al conducente, ma per la fretta di andare via da quel luogo decisi di fare in quel modo. Abbiamo attraversato la città in quella condizione, ad ogni curva io dovevo appoggiarmi ai lati del cassone per non essere sbalzato fuori dal furgoncino e cadere in mezzo alla strada, inutile le mie grida di andare piano, nessuno udiva nulla, la gente che ci vedeva transitare in quel modo era divertita e si chiedeva che cosa facessi io seduto in quel modo nel cassonetto.
Giunti nel cortile della caserma in quel modo i colleghi che ci videro arrivare in quelle condizioni non finivano più dallo sganasciarsi dalle risate. Sembrava proprio una scena di un film di “Fantozzi”. Loro ridevano, ma io ero molto serio e corrucciato. L’appuntato come se nulla fosse accaduto, non gli era passato lontanamente nella sua mente che tutto questo era talmente così ridicolo al punto da mettere in secondo piano l’azione di servizio che avevamo compiuto. Per lui lo scopo era stato raggiunto, aveva portato in caserma un individuo che faceva contrabbando e secondo la sua idea questo atto avrebbe portato il comandante a complimentarsi con lui.
Ora viene da sorridere anche a me quando incontro qualche collega che mi rammenta quell’episodio, ma a quel tempo avevo un diavolo per capello. Mi rimproveravo infatti di non essere stato capace di gestire la cosa con più professionalità anche se non ero ben disposto ad affrontare quel tipo di servizio che tante volte avevo svolto in altre parti e che mal sopportavo di ripetere ancora in quella sede ove avevo riposto molte speranze di approfondimento in altri settori per poter allargare il campo delle mie esperienze.

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Frustrazione

Brescia
Frustrazione
Dopo un periodo di servizio trascorso in un Reparto cosiddetto “ordinario“ situato nella provincia milanese, riesco ad ottenere il trasferimento per il Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia. Molti dei miei compagni al termine del tirocinio presso la Scuola Sottufficiali ebbero subito come prima assegnazione un Nucleo di polizia tributaria, con molta invidia da parte mia. Ma devo fare un “mea culpa“ perché tutto è dipeso esclusivamente dalla mia mancanza di impegno nello studio, almeno nella prima parte del corso Allievi al lido di Ostia. Nel frattempo avevo fatto esperienza in altre sedi dove se un soggetto aveva voglia di elevare la sua qualificazione professionale, non mancava occasione di poterlo fare. l mio pensiero tuttavia era sempre di riuscire un giorno ad entrare in una di queste strutture. Farne parte significava avere ampi poteri a larga autonomia d’intervento ad iniziare dall’uso in servizio dell’abito civile e non più indossare l’uniforme se non in casi particolari. Uno speciale tesserino abilitava il possessore ad entrare in qualsiasi locale pubblico o sede di azienda. Queste peculiarità nel nostro ambiente erano molto apprezzate specialmente nei più giovani che volevano emergere e fare esperienze di servizio.
Finalmente è esaudita la mia aspirazione che ambivo da anni. Durante la mia lunga permanenza in questa sede mi sono rimasti impressi fatti, situazioni e stati d’animo, alcuni dei quali li descriverò qui di seguito perché li ritengo più significativi di altri. L’identificazione precisa dei luoghi e delle persone con cui ho avuto contatti non hanno molta importanza ai fini del racconto. Ciò che conta è quello che ho provato affrontando questa nuova esperienza.
All’epoca in cui narro la vicenda il tipo di sede in cui avrei dovuto essere impiegato era considerata il fiore all’occhiello della nostra Amministrazione in termini di efficienza operativa. Chi aveva voglia di lavorare e migliorare la sua qualificazione professionale ne voleva fare sicuramente parte. Al giorno d’oggi forse altri Uffici sono sorti in seno al Corpo per contrastare nuove forme di evasione e lotta al contrabbando e alla criminalità ma ancora questo tipo di Reparto è molto ambito da tutti gli appartenenti. Non per sminuire le capacita di chi opera in altre sedi ma i poteri che la legge italiana attribuisce alla Guardia di Finanza in termini di controllo al sistema economico-finanziario del Paese qui sono utilizzati ai massimi livelli. Anche la preparazione del personale che vi fa parte è ottima.
Non voglio fare un trattato sulla loro dislocazione, giusto un cenno. La competenza territoriale dei Nuclei pt si sviluppa in questo modo: centrale, regionale e provinciale.
Così il giorno tanto desiderato arriva attraverso un ordine di trasferimento d’ufficio. Non è il primo della carriera che effettuo e quindi ancora una volta mi accingo a salutare i colleghi del reparto, con una punta di malinconia. Sono circostanze queste che in fondo toccano l’animo di una persona. Per un certo periodo di tempo hai condiviso insieme a loro buoni e cattivi momenti, ma bisogna andare. Carico l’ automobile di tutte le mie cose personali e parto per la nuova assegnazione. La distanza non è molta un’ora, un’ora e dieci minuti. Il tempo per fare una sorta di bilancio della mia attività svolta nella sede, che mi appresto a lasciare. Tutto sommato, non era poi così male. Ci fu alla fine un diverbio con il comandante ma in fondo niente che pregiudicasse la mia carriera.
Avevo fatto tesoro della esperienza di colleghi più anziani di me allorquando mi trovavo con loro a svolgere qualche importante operazione. Con questi pensieri nella mia mente mi accorgo di essere giunto a destinazione. Parcheggio la mia automobile all’interno di un vasto cortile e guardando la facciata mi rendo conto che la Caserma che avevo lasciato era davvero molto piccola rispetto a questa struttura. Nell’edificio vi erano tre Comandi di cui uno su tutti aveva giurisdizione logistico-territoriale sugli altri. Due erano in sede tra i quali quello dove sarei andato io più altri Comandi che si trovavano nella provincia. Quello dove io avrei dovuto prendere servizio aveva una sua un’autonomia operativa propria con giurisdizione sulla città e su tutta la provincia ed era retto da un ufficiale. Sulla carta ed in teoria il suo organico avrebbe dovuto essere composto da circa ottanta elementi, ma di effettivi se ne contavano solamente una quarantina.
Un bel numero se penso a quella poca decina di persone che avevo lasciato nel precedente reparto.
Entro nello spazioso atrio e mi rivolgo al militare che faceva servizio davanti alla porta d’ingresso presentandomi e dicendogli che ero un nuovo giunto e che ero stato assegnato al reparto operativo. Gentilmente il militare mi dice di aspettare un attimo che sarebbe andato ad avvertire gli uffici competenti ed a informarsi in quale camera avrei dovuto alloggiare. A quel tempo ancora non ero sposato e quindi mi spettava un letto in una camera della caserma. Ringrazio e acconsento ad aspettare in questo atrio assorto nei miei pensieri, quando qualcosa attira la mia attenzione. Mi sento chiamare: “”Ei brigadiere, cosa fa lì impalato nell’atrio? Non saluta il suo Superiore? Non sa chi sono io? Si presenti. Io qua sono il comandante di tutto, lei come si chiama, da dove viene?.”” Impietrito accenno ad una forma di saluto militare e guardando il grado di questo ufficiale capisco che è un tenente colonnello. Gli rispondo dicendogli il mio nome, cognome, grado e reparto di provenienza informandolo della mia nuova assegnazione e che ero appunto in attesa di istruzioni. “”Ah! lei è un nuovo giunto”” guardandomi con due occhi freddi e spalancati. Stava per ricominciare il suo rimbrotto quando fortunatamente mi salva l’entrata nell’atrio di una donna, che dopo ho saputo essere la moglie di un ufficiale. All’apparire di questa signora, infatti lui mi dice altezzosamente: “”Bene, brigadiere si accomodi là che poi ne parliamo””. Mi indica una saletta posta nell’atrio e si allontana tutto ossequioso verso quella donna.
Sono come, istupidito, allibito, da simile accoglienza, e mi chiedo : “”Ma dove sono capitato?”” Un collega si avvicina a me e mi batte una mano sulla spalla, dicendomi: “”Ei! non ci fare caso, quello è il comandante di tutta la caserma ed è il suo modo di fare. Qua tutti lo chiamiamo “Il Tigre”. Nome più appropriato non potevano trovare! Ma fa sempre cosi con tutti chiedo io? Si, si risponde quello, anche peggio…e ridendo si allontana.
Ancora sono smarrito, è la seconda volta che mi capita un episodio del genere. La prima fu al Brennero. Comincio ad avere come un moto di stizza pensando tra me, certo che questa accoglienza non me la sarei mai aspettata. Nel frattempo mi sento chiamare e mi viene indicato che devo presentarmi dall’ufficiale responsabile della mia nuova assegnazione il quale era stato informato della mia presenza. Mamma mia! Ho pensato, adesso mi prendo un’altra lavata di testa come prima. Mi accompagnano fino alla porta del suo ufficio poi il militare si allontana, io busso, attendo che mi si dica di entrare. Una volta entrato saluto militarmente essendo in uniforme, mi qualifico, nome cognome, grado e reparto di provenienza.
Quello che vedo nel frattempo in quel momento non mi sembra reale. La stanza è buia, c’è una lampada da tavolo sulla scrivania che illumina solo una porzione di questa e dietro il mobile intravedo seduta una persona in abito civile con una vistosa maglia di lana addosso, con una specie di papalina in testa e con i piedi appoggiati su una pedana ricoperta con dei giornali. Mi dice: “Fa freddo e bisogna coprirsi, se mi ammalo io qua chi porta avanti la baracca?”” Vedendo questa scena mi venne subito in mente quella di molti anni prima quando da ragazzo assistetti ad un film il cui titolo era: “L’uomo del banco dei pegni”. Mi sembrava di rivedere quel personaggio, la figura dell’ebreo dietro il banco dei pegni. Dove sono capitato? Mi chiedevo tra me. Allora, esordisce: “Vedo qua che vieni da ……..e fa il nome del mio reparto di provenienza.” Scambia con me poche parole, si trattava di un momento poco opportuno. Era l’orario in cui doveva dare udienza a tutte le pattuglie che dovevano fare il rapporto serale e quindi non poteva darmi molta attenzione. Bene mi dice: ”Per adesso vai a sistemarti nella cameretta che ti hanno assegnato e domattina all’orario di apertura dell’ufficio ripresentati qua per vedere dove ti posso collocare”. Rifaccio il saluto militare ed esco dall’ufficio, con un gran senso di nausea. Ero ancora impaurito del trattamento avuto con il tenente colonnello comandante. Fortunatamente invece con questa persona le cose sono andate un poco diversamente ma non è che abbia avuto un’accoglienza trionfale. Ho avuto l’impressione che gli avessi quasi dato fastidio per il fatto di essere stato assegnato al reparto da lui diretto.
Al mattino seguente, quindi come stabilito, mi ripresento davanti all’ufficio della sera prima, busso, quando mi si dice di entrare, apro la porta e dico buongiorno, ma non faccio il saluto militare trovandomi già in abito civile. Ho pensato, sono al reparto che offre questa possibilità di andare in servizio in abiti borghesi e quindi perché non approfittarne? Niente di più sbagliato. Appeno entro infatti, la prima cosa che mi dice: “”Ah ti sei messo già in abiti civili?” Come per dire non vedevi l’ora di farlo ma almeno potevi chiedere il permesso. Mi chiede: ”Allora di cosa ti occupavi nel precedente reparto” Io gli dico che avevo fatto una certa esperienza un po’ su tutti i settori, di nostra competenza, ed al codice della strada, insomma un poco di tutto. Al che lui annuisce, resta un attimo in silenzio, poi mi dice: “Bene per ora sei assegnato alla prima sezione che si occupa di anti-contrabbando e imposte di fabbricazione con particolare riferimento agli oli minerali. Quindi per oggi sarai affiancato dall’autista Moreli (nome di fantasia). Cercalo e digli di fare il pieno di benzina all’ Alfetta e nell’ordine di servizio indicate che sarete per un giro conoscitivo nella circoscrizione del reparto.”
Il che voleva significare che bisognava girare per tutta la città e per tutta la provincia per una durata di dodici ore a bordo di un’autovettura da inseguimento con un autista, che tutto sommato anche abbastanza disponibile, ma mezzo matto che guidava in modo orrendo. Nel traffico cittadino, faceva venire il voltastomaco, con le ripetute frenate e sgommate. Andiamo bene ho pensato tra me!. Oggi sarà proprio una bella giornata, come inizio non c’è male. Qua invece di andare avanti e progredire nella mia qualificazione professionale andremo a regredire. Mi aspettavo infatti una diversa assegnazione, un incarico di un certa levatura professionale, invece ancora una volta dovevo intraprendere servizi che avevano a che fare con la lotta al contrabbando. Pazienza, mi sono detto, ma francamente mi sarei aspettato un modo diverso di intraprendere la mia nuova attività, invece come primo approccio di tutto quello che mi è accaduto in quelle due prime giornate mi ha fatto rimpiangere il vecchio reparto che avevo lasciato. In quella sede infatti tutto veniva effettuato con una certa tranquillità e pacatezza al contrario di quanto ho potuto constatare in questi primi momenti di nuova assegnazione.
Ancora mi sono detto: “Probabilmente dovrò fare un periodo di tirocinio per passare a cose migliori.”
Illusione la mia, per farla breve, nonostante le difficoltà iniziali e non, oramai ero entrato in questa nuova realtà e anche per un orgoglio personale, non sono più tornato indietro nel senso che avrei potuto rinunciare a questo incarico e tornarmene da dove ero partito.
Ma non l’ho fatto.
Morale della favola, in questo reparto ci sono rimasto dentro per 21 anni e non sono state tutte rose e fiori. Momenti tristi ne ho passati diversi ma come in tutte le cose che si intraprendono nella vita bisogna saper reagire e non farsi prendere dallo scoramento, dalla delusione, dalla depressione. Le soddisfazioni sono poi venute, ma nel tempo e per ottenerle ho dovuto sudarmele.

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Articolo – Città

Brescia – Piazza Loggia

Brescia
Inizia qui la lunga attività al Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia durata 21 anni
Brescia è una città di 189 968 abitanti, capoluogo dell’omonima provincia in Lombardia. è il secondo comune della regione per popolazione dopo Milano: il suo hinterland conta circa 519.604 abitanti. La sua provincia è la quinta più popolata d’Italia (1.253.996 abitanti) dopo quelle di Roma, Milano, Napoli e Torino. è la diciassettesima città più popolosa d’Italia e la sesta non capoluogo di regione.
Fu antico centro dei galli cenomani e in seguito colonia romana con il nome di Brixia. L’UNESCO ha dichiarato come patrimonio mondiale dell’umanità, facente parte del sito “Longobardi in Italia: i luoghi del potere” sia l’area monumentale del foro romano, sia il complesso monastico longobardo di San Salvatore- Santa Giulia, all’interno del quale si trova il Museo della città.
La città di Brescia è anche soprannominata “Leonessa d’Italia” per i dieci giorni di resistenza agli austriaci durante il Risorgimento Italiano (dal 23 marzo al 1º aprile 1849).L’Adelchi, tragedia di Alessandro Manzoni, è ambientata a Brescia.

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