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Su e giù per la Valcamonica

3^Legione Guardia di Finanza -Milano
Nucleo Polizia Tributaria – Brescia

Anno 1985

Nonostante siano trascorsi circa 35 anni dall ‘episodio che vado a narrare, per dovere di riservatezza e, in ricordo dei colleghi con i quali sono stato in pattuglia, che, peraltro, non sono più tra noi, li chiamerò solamente per nome:Elvio e Domenico.
Una mattina veniamo convocati nell’ufficio del capo sezione del nucleo di polizia tributaria di Brescia io, unitamente al maresciallo maggiore aiutante Elvio e il m.llo capo Domemico. Ci viene comunicato che avremmo dovuto eseguire una verifica fiscale a carico di una certa ditta in Val Camonica in località Darfo-Boario Terme.
L’oggetto sociale di questa impresa era: “montaggi generali di carpenterie metalliche in genere, realizzazione ed installazione strutture metalliche complesse per il settore industriale e civile”.
Purtroppo venne constatato il fallimento di questa azienda. Tutto quello che era rimasto, compresa la scarsa documentazione amm-vo contabile, si trovava in un unico locale, situato nella cittadina di Darfo-Boario Terme in Valle Camonica. Qui sono stati effettuati i controlli relativi alla verifica fiscale. L ‘esame documentale ha evidenziato che l’impresa aveva operato preliminarmente all’estero ed in particolare in paesi del Medio Oriente, effettuando costruzioni metalliche per diversi richiedenti.
I controlli portarono alla determinazione che l’impresa oltre ad effettuare lavori come da oggetto principale della sua attività, impiegava il personale dipendente, nella costruzione di interi villaggi, in zone del Medio Oriente, operando in “nero”. Questo è stato possibile appurarlo attraverso la documentazione rinvenuta e i controlli incrociati richiesti anche in altri paesi esteri. Ricordo che inviammo diverse rogatorie tra cui : Germania, Inghilterra, Spagna ed altri, compresa la Svizzera. Questi ci inviarono i dati da noi richiesti, ad eccezione della Svizzera, la quale si trincero’ dietro il segreto bancario.
Per poter effettuare tale controllo la nostra pattuglia doveva, ogni mattina, per diversi mesi, recarsi con un auto di servizio, guidata dal m.llo Domenico, raggiungere dopo circa un’ora di strada, la località di Darfo-Boario Terme.
Il percorso che iniziava dal nostro Comando di Brescia in via Milano, 9 attraversava diversi paesi della Valle Camonica:Iseo, Pilzone, Sulzano, Sale Marasino, Marone, Pisogne, Pian Camuno, Artogne, Gianico ed infine Darfo-Boario Terme.
Si ammirava sino a Pisogne, la bellezza del lago d’Iseo, per poi riprendere il tragitto normale, attraverso numerose gallerie, sino alla destinazione designata.
Il tragitto era di 56 km della durata di circa un’ora. Durante questo viaggio, tra noi colleghi, si chiacchierava, affrontando gli argomenti più disparati, ferie comprese. I colleghi erano tutti e due di origini piemontesi Domenico originario di Tortona, Elvio di Castagneto nel torinese. Con Elvio non avevo molta confidenza in quanto era la prima volta che facevo un servizio insieme a lui, nonostante appartenesse anche allo stesso comando nucleo ma lavorava in sezioni diverse. Aveva anni di esperienza ed era molto preparato. In questo controllo fungeva da capo pattuglia. Aveva un amore particolare per il gioco del tennis e quasi sempre nei momenti liberi dal servizio lo si trovava in qualche campo dedicato a questo sport. Con Domenico invece avevo fatto altre volte servizio insieme. Direi che mi è stato di grande aiuto nell’inserimento al nucleo pt, trovandosi da più tempo. I suoi consigli sono stati molto utili e mi hanno permesso di meglio integrarmi al nuovo reparto. Aveva una mente vulcanica e coltivava molti interessi tra i quali quello della fotografia, degli orologi, le radio e le autovetture. Conosceva nei minimi dettagli questi oggetti.
Tornando al nostro incarico, all’ora di pranzo, avevamo trovato una ottima sistemazione. Il ristorante Aprica, situato quasi all’uscita di Darfo. Singolare il fatto che all’ epoca era gestito da ben sette sorelle che ci fornivano un ottimo trattamento.
In una di queste occasioni si venne al discorso dell’argomento ferie. Ognuno illustrava i luoghi dove le trascorreva. Quando Elvio mi senti descrivere della casa situata nel Salento ove mi recavo per la mia vacanza, volle saperne di più. Lo lusingava molto sentire parlare di questo luogo. Ammise che non era mai stato nel Sud Italia e gli sarebbe piaciuto conoscerlo. A questo punto gli dico: “Se ti accontenti, di abitare nel Salento, in una masseria ristrutturata, situata in una posizione strategica, in collina a circa 80 metri sul livello del mare, a metà strada tra Morciano di Leuca e la bellissima spiaggia di Posto Vecchio di Salve, dove l’immobile, offre al visitatore o a chi ci abita una veduta panoramica stupenda. Da Torre Vado a Torre Pali, sono circa cinque chilometri di costa e di mare dai colori che vanno dal cobalto allo smeraldo, in contrasto con il rosso della terra e il verde intenso delle estese piantagioni di ulivi sottostanti, allora puoi fruire della mia casa. Ti avverto però che allo stato attuale non c’è corrente elettrica. Bisogna servirsi di lampade a gas o a petrolio. Per avere l’acqua devi prelevarla da una cisterna, per mezzo di una pompa con motore a scoppio “.
Elvio rimase incuriosito dalla mia descrizione e senza pensarci su due volte esordi: ” Finiamo il controllo che abbiamo in atto. Sicuramente la chiusura avverrà proprio nel periodo delle ferie e quindi ne riparliamo. La tua proposta la ritengo interessante.”
Il controllo alla ditta intanto era alle battute finali. Era il periodo delle ferie e mi sono state concesse nel mese di luglio. Ho lasciato così al m.llo Elvio e Domenico la fase di chiusura. Tuttavia mi hanno aggiornato sul risultato che, per il nostro controllo fu più che buono. Riscontrata evasione a vari tributi: Iva, imposte dirette, bollo, concessioni governative più, denunzia al responsabile, anche di carattere penale, per varie omissioni ed al collegio sindacale per non aver adempiuto agli obblighi previsti per tale organo. Questi sono i dati che ricordo a memoria. Gli elementi concreti ed ufficiali si trovano negli atti redatti ed inviati agli organi competenti.
Quindi erano giunte le agognate ferie anche per Elvio e Domenico. Elvio mantenne la promessa che sarebbe venuto a trascorrere la vacanza nella mia casa salentina. All’epoca non esistevano i cellulari ma telefoni normali e con uno di questi Elvio mi disse che il tal giorno nella mattinata ci saremmo trovati al Santuario di Capo S.Maria di Leuca. Circa 10 chilometri da casa mia. Detto fatto, vado a riceverli al Santuario come previsto. Il viaggio lo fece tutto di notte unitamente alla sua famiglia su una citroen o renault non ricordo quale delle due. Moglie e due figlie. Quando ci presentammo, la signora Giovanna, moglie di Elvio, anche lei la prima volta al Sud, mi chiese : “Ma che profumo ha quest’aria? Non ho mai sentito niente di simile al Nord. ” Le risposi: “Signora Giovanna qui siamo in piena macchia mediterranea e ci sono molte erbe spontanee, selvatiche e aromatiche che emanano profumi particolari che ci riempiono i polmoni e ci rendono felici.”
La mia vacanza era giunta al termine per cui, lasciai alla completa disponibilità, la mia dimora , ad Elvio e alla sua famiglia. Alla vista della posizione dell’immobile, rimasero stupefatti. Dalla Masseria del Cantoro, questa era la sua denominazione, poterono ammirare e verificare in concreto, quanto avevo in precedenza descritto: un paesaggio mozzafiato.
Morale: Dopo quell’anno Elvio e la sua famiglia, fintanto che lui è rimasto in vita, hanno continuato a frequentare il Salento con grande passione.

panorama di Darfo e Cantoro
Veduta panoramica di Darfo e Masseria del Cantoro

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Bomba a Piazza Loggia

Brescia – 28 maggio 1974 – Bomba in Piazza Loggia.
In ricordo di quel tragico giorno.
Da circa un anno mi trovo a svolgere il mio servizio presso il Nucleo pt della G.di F. di Brescia.
Di questo grave lutto cittadino sono stato testimone trovandomi proprio quel giorno in Brescia, per fortuna non nel luogo in cui è avvenuta la tragedia.
La giornata è uggiosa, una fine pioggerellina bagna la città, non sembra proprio una tempo primaverile. Mi appresto ad uscire dagli uffici del Nucleo pt verso le ore 09:00, devo raggiungere la Camera di Commercio in Via Gramsci per ritirare delle visure camerali che mi servono per dei controlli a carico di alcune ditte. Percorro a piedi Via Milano, Corso Garibaldi e Corso Mameli. Quest’ultima strada conduce nei pressi di Piazza Loggia, la più importate della città. Sono al corrente che nel corso della mattinata in questo luogo è prevista una manifestazione sindacale per cui evito di attraversarlo per non incappare in qualche blocco attivato per l’occorrenza. Mi dirigo pertanto nella strada sottostante: “Corsetto S.Agata” per raggiungere infine la Camera di Commercio.
Dopo essere venuto in possesso dei documenti che mi servivano esco per far ritorno alla sede del Nucleo pt, per continuare il lavoro, quando vedo delle persone che corrono in direzione della stazione ferroviaria. Alcune impaurite e altre piangono. Incuriosito chiedo ad alcuni passanti cosa sta accadendo.
Mi dicono che in Piazza Loggia è esplosa una bomba. Nascosto in un cestino porta rifiuti l’ordigno è esploso intorno alle ore 10.02, mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista con la presenza del sindacalista della CISL Franco Castrezzati, dell’on. del PCI Adelio Terraroli e del segretario della camera del lavoro di Brescia Gianni Panella. L’attentato provoca la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue.
Morti:
Giulietta Banzi Bazoli, anni 34, insegnante
Livia Bottardi Milani, anni 32, insegnante
Euplo Natali, anni 69, pensionato
Luigi Pinto, anni 25, insegnante
Bartolomeo Talenti, anni 56, operaio
Alberto Trebeschi, anni 37, insegnante
Clementina Calzari Trebeschi, anni 31, insegnante
Vittorio Zambarda, anni 60, operaio .
Di questo avvenimento si sono riempite pagine di atti giudiziari, è stato scritto su libri, e giornali per documentare questo episodio.
Il 20 giugno 2017 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di tutti i responsabili di quella tragedia. La soddisfazione dei familiari delle vittime e delle istituzioni per la conclusione di una vicenda durata oltre 43 anni e che ha visto lo svolgimento di 11 processi.
(fonte)
https://agensir.it/…/strage-brescia-finalmente-la…/

Bomba a Piazza Loggia

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Giudice Rosario Livatino

Il giudice Livatino
Mi trovo tra le mani a leggere la nostra rivista “Fiamme Gialle” del mese di ottobre 2020. Le prime righe di pagina 6 riportano:
“Proprio oggi ricorre il trentesimo anniversario dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, che Giovanni Paolo II, nell’indimenticabile viaggio nel 1993 ad Agrigento in cui alzò forte il grido contro la mafia, aveva definito -martire della giustizia e indirettamente della fede-.
Queste righe portano alla mia memoria un episodio verificatosi negli anni 80. L’anno e il giorno esatto non mi sovviene ma quello che accadde è stampato nel mio cervello come se avvenisse in questo momento. Sono fatti di vita che lasciano il segno ed è impossibile cancellarli. Fanno parte del tuo vissuto.
Ma andiamo con ordine.
Sono assegnato al comando nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Brescia oramai da diversi anni. Qui svolgo il mio servizio osservando le regole del comando ed in particolare secondo le direttive impartite dal comandante di sezione. La prassi è che ogni mattina all’inizio del turno ci viene assegnato un ordine attraverso il quale dobbiamo dare esecuzione. A seconda delle difficoltà questo incarico può essere risolto nell’arco della giornata medesima. A volte invece e richiesto più tempo per portarlo a termine ed una giornata non è sufficiente.
Una di queste mattine sono convocato, unitamente ad un altro collega, nell’ufficio del comandante di sezione il quale ci presenta il giudice Livatino. Il capo sezione ci comunica che dobbiamo essere a disposizione di questo magistrato per il tempo necessario ad una sua particolare indagine che dovrà compiere presso un locale istituto di credito.
Ci viene data la disponibilità di un autovettura di servizio, utile per accompagnare noi e il giudice presso la banca designata. Il percorso che dobbiamo compiere non è poi un lungo tragitto. Si può raggiungerlo anche percorrendolo a piedi, dal comando sino alla banca, ma per comodità ci viene assegnata un’autovettura.
Raggiunto il luogo prescritto entriamo in banca. Ci troviamo ancora nell’atrio di ingresso quando il giudice sente pronunciare il nome di un dipendente. Un altro suo collega lo aveva chiamato per un qualche motivo. Il giudice sentendo quel nome si allerta, si avvicina a questa persona e si presenta.
Lei è il signor ……? Io sono il giudice Rosario Livatino e devo farle alcune domande. L’impiegato aderisce facendoci accomodare in un ufficio.
Qui il magistrato inizia a formulare al dipendente della banca una serie di richieste. Si fa anche esibire documentazione bancaria utile al suo controllo. Questa viene resa senza alcun problema da parte del funzionario.
Viene data possibilità anche a noi componenti la pattuglia di esaminare tale documentazione, previo consenso del magistrato il quale ad un certo punto esordisce verso di me: “Maresciallo considerato che in questo ufficio, è disponibile una macchina da scrivere, prenda un unico foglio senza carta carbone e scriva quello che andrò a chiedere al funzionario.”
A conclusione di quanto da me dattiloscritto il magistrato chiede all’impiegato di sottoscrivere quanto esposto.
Dopo le dichiarazioni viene ripreso l’esame dei documenti, sia dal magistrato che da parte della pattuglia. Il giudice è talmente assorto in questa incombenza che si dimostra di poche parole nei nostri confronti.
Ricordo che eravamo giunti allora di pranzo quando ci avverte che potevamo interrompere per poi ritornare nel pomeriggio. Lui sarebbe rimasto nella sede della banca a continuare l’esame dei documenti accontentandosi di un semplice cappuccino.
Il pomeriggio si riprende e ad un certo punto del controllo sia io che il collega facciamo doverosamente osservare alcuni aspetti interessanti che emergono dalla documentazione bancaria esibita.
Su queste osservazioni il giudice Livatino anche se non commenta sembra apprezzare il nostro intervento, al punto che a fine giornata, al rientro al comando nucleo, dà disposizione affinché la stessa pattuglia possa continuare nei giorni a seguire, la disamina della documentazione esibita e la successiva raccolta in quanto, la sua permanenza a Brescia, si limita ad un solo giorno. La richiesta del magistrato viene molto apprezzata da parte nostra. Questo fatto ci inorgoglisce e ci incute entusiasmo al fine di proseguire nel controllo.
Bene, ho ancora presente il comportamento di questa persona e quanta educazione mostrata nei nostri confronti nel momento in cui è stato accompagnato al suo albergo alla fine della giornata. Sceso dell’autovettura dopo i rituali saluti, ha atteso fuori dall’ edificio, con grande compostezza che la vettura si allontanasse, per poi poter fare rientro in albergo dopo la nostra dipartita.
Il collega ed io compreso l’autista siamo rimasti senza parole nel constatare il comportamento del magistrato. Ha dimostrato grande rispetto verso le nostre persone. Questi sono gli atteggiamenti di grandi uomini che seppur di poche parole sanno infondere stima, educazione e alti valori.
Il giudice a causa della lotta alla mafia che aveva intrapreso fu ucciso il 21 settembre 1990.
La notizia mi colpì duramente avendo conosciuto e stimato personalmente, anche se per un tempo molto breve, un grande uomo il quale ha dato la propria vita per fini di giustizia e legalità.

Giudice Rosario Livatino

Al corso trimestrale a Roma

3^Legione Guardia di Finanza – Milano
Nucleo pt di Brescia

1983 – Al corso trimestrale a Roma

Sono già dieci anni che mi trovo al Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia. Finalmente dopo lunga attesa mi viene assegnato il grado di maresciallo ordinario: un binario applicato sulle spalline della divisa.
In questi anni, come previsto dalla consuetudine del reparto, ho fatto diversi avvicendamenti nelle varie sezioni: ufficio schedario, sezione mobile, sezione tasse affari, prima sezione ecc.
In quell’anno, se non ricordo male, mi trovavo a far servizio in una sezione abbastanza tranquilla. I compiti da svolgere erano essenzialmente quelli mirati a controlli di carattere fiscale ad aziende ed opifici. Si agiva di iniziativa o attraverso pratiche trasmesse al comando dai vari uffici finanziari. I controlli di iniziativa facevano parte di un programma ben sviluppato e organizzato dal comando nucleo pt secondo dei piani annuali.
Finalmente dopo dieci anni potevo svolgere dei servizi che mi davano la possibilità di aumentare la mia preparazione sopratutto sotto il profilo professionale. Ero anche più stimolato ad affrontare tutte le problematiche fiscali. Mi tenevo aggiornato su tutto quanto concerneva quanto era di nostra competenza. Mi interessava molto capire la normativa prevista in materia di imposta sul valore aggiunto, in materia di imposte dirette, bollo, registro, imposte di fabbricazione ecc. In servizio ero in pattuglia sovente con persone molto qualificate e quindi facevo tesoro della loro esperienza.
Un giorno purtroppo, sono convocato nell’ufficio del comandante del nucleo, il quale mi dà una notizia non tanto piacevole. Mi comunica che sono stato segnalato, unitamente al collega Arace Francesco, per andare a frequentare un corso di aggiornamento tributario di tre mesi, che si sarebbe svolto a Roma. A breve termine avrei dovuto raggiungere quella sede. Questa notizia proprio non ci voleva.
Faccio presente al comandate che, proprio in quel periodo, ero sotto trasloco. Dovevo lasciare l’appartamento ubicato nel quartiere Chiesanuova, in via Fura, per la zona di San Polo Nuovo e precisamente in via Michelangelo 110. Ho dovuto darmi da fare per trovare la nuova sistemazione perché la proprietaria, una signora vedova, mi aveva comunicato che era sua intenzione venire lei ad occupare l’appartamento. Non mi aveva messo fretta ma, sicuramente avrei dovuto darmi da fare per trovare un altro alloggio. Sono stati alcuni mesi di preoccupazione.
Non sapevo a che santo votarmi, avevo ancora i figli in minore età, che frequentavano la scuola elementare nel quartiere.
Trovare una nuova sistemazione non era tanto facile in una città come Brescia. Anche se si riusciva a trovare qualche locale libero questo era abbastanza caro per quanto riguardava l’affitto. Lo stipendio all’epoca non era poi molto e in famiglia eravamo in quattro, io mia moglie e due bambini. Si doveva stare attenti con le spese.
Avevo fatto anche domanda per ottenere un alloggio attraverso l’Istituto Case Popolari.
Fortunatamente l’istanza venne accolta e mi fu assegnato un appartamento in un palazzone di nuova costruzione, situato in via Michelangelo 110, nel quartiere San Polo Nuovo. In questa struttura avevano previsto degli alloggi di servizio per le varie forze dell’ordine: Polizia, Carabinieri, Penitenziaria compresa la Guardia di Finanza.
Devo ringraziare i colleghi che avevano preso contatti con questo istituto. In effetti altri appartenenti al nostro Corpo avevano fatto la mia stessa richiesta. Ci fu quindi anche l’interessamento del nostro Comando.
Avevo pertanto preso accordi con la ditta di traslochi per fare questo movimento ad una data stabilita.
Questa data coincideva proprio con il periodo in cui avrei dovuto partire per Roma e frequentare questo corso.
Avevo rappresentato al mio comandante di nucleo la possibilità di farmi sostituire con qualche altro collega. Gli feci capire che non è che non volessi andare a Roma ma considerato che questi corsi erano periodici, gli dissi se potevo andare ad uno dei successivi che si sarebbero svolti. In un primo momento è sembrato che accettasse la mia proposta ma, dopo qualche giorno, mi richiama e mi riferisce che non c’è possibilità di sostituzione e che necessariamente devo andarci io.
Questo comandante doveva essere assecondato, aveva tutto un modo suo di concepire il trattamento con suoi dipendenti. A volte anche si comportava non proprio con modi garbati.
Ho assistito una volta ad una scenata. Eravamo diversi colleghi convocati nel suo ufficio non ricordo di preciso il motivo, forse era per impartire qualche direttiva, in merito a qualche operazione di servizio da intraprendere. Ad un certo punto gli arriva una telefonata dal Prefetto di Brescia. Si è visto che durante il colloquio dava segni di insofferenza. Era un soggetto che voleva far valere la propria autonomia e indipendenza anche nei confronti di altre rappresentanze istituzionali. Fatto sta, che alla fine della telefonata, non sappiamo che cosa gli avesse comunicato il Prefetto ma, questo comandante, prese la cornetta del telefono e la fece sbattere con violenza sul tavolo, con un moto di stizza. Probabilmente quello che gli era stato detto non gli era andato a genio. Tutti i presenti si guardarono in faccia attoniti senza profferire alcuna parola. Rimanemmo ammutoliti per questo comportamento.
Tornando quindi al mio problema, mi era stata fissata la data del mio trasferimento per un periodo di tre mesi a questo corso di aggiornamento da tenere a Roma. Feci appena in tempo ad effettuare il trasloco e partire. Comunque c’erano ancora molte cose da sistemare nella nuova dimora. Dovetti ogni fine settimana, alla fine delle lezioni che, in genere si tenevano fino al venerdì, prendere il treno per Brescia per andare ad aiutare la famiglia e finire di sistemare le cose a causa del trasloco avvenuto.
Il corso era iniziato e si teneva in locali della Guardia di Finanza situati in via XXI Aprile. Avevamo preso alloggio, il collega Arace ed io, in un albergo non molto distante dalla caserma.
I partecipanti a questo corso erano 81 sottufficiali e provenivano dai Nuclei di Polizia Tributaria di tutta Italia. Un fatto piacevole è stato quello di incontrare qualche collega di corso sia da finanziere che da sottufficiale, provenienti dalle varie regioni ma che negli anni ci eravamo persi di vista.
Tutto sommato questo corso non era male, si apprendevano nuove normative che erano utili per la nostra attività di polizia tributaria. Le materie infatti erano specifiche nel ramo della imposizione diretta e indiretta, nozioni di cultura giuridica e di contabilità aziendale.
Quando eravamo liberi dallo studio avevamo la possibilità di uscire la sera e di fare delle belle passeggiate per Roma. La città offriva molte distrazioni. Visitavamo i luoghi più interessanti, avevamo l’imbarazzo della scelta: Piazza di Spagna, Trinità dei Monti, Fontana di Trevi, Piazza Navona, la visita alle Basiliche: San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore, l’Altare della Patria. Le passeggiate per Via del Corso, Via Nazionale, Piazza del Popolo. Non c’era proprio di che annoiarsi. Almeno ci si distraeva un poco.
Io però avevo sempre la preoccupazione di aver lasciato e caricato di problemi la famiglia, proprio in momento critico. Per questo decidevo ogni fine settimana di prendere il treno per ritornare a Brescia. Fortunatamente c’era la possibilità di ottenere dal comando che gestiva il corso dei permessi.
Arace ed io nelle ore libere ci eravamo anche iscritti in piscina tanto per tenere il fisico in allenamento.
La sera, passeggiando per Piazza Navona, si incontravano tanti artisti, alcuni dei quali, se richiesto, ti facevano il tuo autoritratto, sia di persona che, anche esibendo qualche fotografia. Ne feci fare uno per mia moglie Anna che ancora conservo a casa in un quadro.
Avevamo anche concordato che una volta la famiglia ci avrebbe raggiunto a Roma e saremmo stati qualche giorno insieme e visitare i luoghi più interessanti della città. Tutto era stabilito quando all’ultimo momento, mia moglie mi avverte che nostra figlia Cristina non stava tanto bene e perciò dovettero rinunciare al viaggio.
Alla fine dei tre mesi si dovette affrontare l’esame finale.
Devo dire con un buon risultato. Feci una buona prova in tutte le materia sopratutto nella contabilità aziendale. In questo mi fu utile proprio il fatto che da poco tempo del diploma di ragioniere conseguito frequentando i corsi serali presso l’Istituto Giuseppe Cesare Abba di Brescia.
Ebbi un bel punteggio e su 81 partecipanti mi classificai quarto.

Ritratto di Anna mia moglie

Lago d’Idro – Un triste ricordo

Mi spetta il turno di Comando alla Sezione Mobile. È la regola delle rotazioni annuali, alle Sezioni del Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia, Questa dipende dalla Prima Sezione. All’epoca in cui si svolsero i fatti che vado a narrare era comandata dal tenente Battistini. ufficiale proveniente dalla categoria dei sott.li. ed esperto sciatore.
Ho il compito di gestire diversi dipendenti tra finanzieri, appuntati v.brigadieri e brigadieri, più dai tre ai quattro alfisti. Il grado che rivesto in quel periodo è quello di Maresciallo capo.
L’operatività della Sezione è abbastanza estesa. Si effettuano controlli che spaziano da quelli relativi al codice della strada, al contrasto del contrabbando di sigarette, a quello delle imposte di fabbricazione sugli oli minerali e sugli spiriti, all’antidroga ed altro.
Si opera nell’arco delle 24 ore. La permanenza in ufficio consiste solamente per redigere eventuali verbali. Il mio compito è di formare le pattuglie, predisporre gli ordini di servizio che poi saranno firmati dal comandante della Prima Sezione e sorvegliare il buon andamento degli incarichi dati al personale.
Il più delle volte prendo parte anch’io alle operazioni. A bordo di autovetture guidate da questi alfisti, a seconda delle esigenze di servizio, ci rechiamo in tutti i luoghi sotto la giurisdizione del Nucleo di Polizia Tributaria. A Nord della circoscrizione si arrivava sino a Ponte di Legno attraversando tutta la Valcamonica. A Est il limite era la cittadina di Peschiera del Garda, a Ovest quella di Treviglio. A Sud ai confini con le province di Mantova e Cremona.
Uno di questi alfisti, con i quali mi trovo diverse volte a bordo della sua autovettura di servizio, è il finanziere Giambanco. Ritengo opportuno citare il suo vero nome considerato che è la figura principale del racconto a prescindere dal tempo intercorso dall’epoca di quei fatti sino ad oggi. Questo finanziere con la qualifica di “alfista” è di origini siciliane, precisamente nativo di Villa Grazia di Carini, frazione di Carini in provincia di Palermo. Costui è un ragazzo molto cordiale, gioviale, educato, rispettoso degli ordini che gli vengono impartiti ed è benvoluto da tutti i componenti della Sezione Mobile. Di corporatura piuttosto robusta. Ho anche modo di apprezzare le sue doti di ottimo nuotatore, quelle volte che ci troviamo in piscina comunale.
A bordo dell’autovettura da lui condotta mi trovo a mio agio. La sua guida è piacevole specialmente quando non c’è motivo di fare alcun intervento urgente. Dico questo a differenza di qualche altro alfista che, fa venir il mal di mare, a causa della pessima guida.
Per questi soggetti è sempre necessario redarguirli, invitandoli a non esagerare, se non ci si trova in presenza di operazioni urgenti, alle quali è necessario procedere in velocità.
Ritornando all’alfista Giambanco, una volta riusciamo a fare un buon risultato di servizio, in materia di stupefacenti. Si sequestra una grossa autovettura marca Volvo di colore bianco in quanto chi la guida viene trovato in possesso di una notevole dose di cocaina. Non ricordo il preciso quantitativo. Si procede al sequestro del mezzo della droga e all’arresto del guidatore. Ricordo il particolare. C’è una soffiata in cui veniamo avvertiti che ad una certa ora di sera sarebbe transitato in via Milano proprio nelle vicinanze della nostra caserma questa autovettura, con della droga. Viene predisposto un buon piano d’intervento e quando arriva la giusta la segnalazione Giambanco con un’ abile manovra messa in atto con l’autovettura di servizio da lui condotta blocca la Volvo, dandoci la possibilità di intervenire successivamente.
Siamo in estate e fa caldo. Il finanziere Giambanco approfittando di un momento libero dal servizio decide di fare un giro con la sua ragazza al lago d’Idro. Per arrivarci ci si impiega circa un’ora attraversando i paesi di Nave, Caino, S. Eusebio, Sabbio Chiese, Barghe, Vestone e Lavenone.
Giunto sul posto ordina, in un chiosco lì vicino, per lui e la sua ragazza, una coca cola ghiacciata e una fetta d’anguria. Quando ha finito decide di immergersi nelle acque del lago pur sapendo che sono abbastanza fredde ma, è giornata estiva e fa caldo e quindi non ci fa caso. Considerando anche che è un bravo nuotatore si tuffa. Poche bracciate e lo si vede scomparire dalla superficie dell’acqua. Giambanco è vittima di un infarto e nel giro di pochi minuti annega.
Lascio immaginare lo stupore causato dall’incidente a tutto il personale della caserma. Io apprendo la notizia da un collega che, mi comunica il fatto, in quanto mi trovo fuori Brescia, in licenza. Non ho potuto quindi assistere alle operazioni successive al triste evento.
Al mio rientro, effettuato dopo poco tempo dall’accaduto, trovo tutti i componenti della Sezione in un profondo sconforto. Giambanco era un ragazzo benvoluto da tutti e la sua dipartita ha lasciato un mare di tristezza in tutti noi.
Dopo qualche giorno d’aver ripreso il mio compito nella Sezione vengo convocato dal tenente Battistini. Il motivo è da attribuire al fatto che Giambanco aveva la disponibilità di un’autovettura Alfa Romeo 155 che, purtroppo, era rimasta parcheggiata nel cortile della caserma. Il mezzo non aveva più senso che rimanesse li, inutilizzato, per cui il tenente Battistini, mi fa presente che avrebbe dovuto essere consegnato ai familiari del deceduto, residenti in Sicilia.
Che fare? Mi offro di consegnare personalmente ai familiari l’autovettura. Sono da poco rientrato proprio dalla Sicilia e precisamente da Alcamo, in provincia di Trapani. Il paese di origine di mia moglie, dove ho trascorso un periodo di vacanza. La mia famiglia è ancora lì per godere qualche altra settimana di mare. Loro si trovano ad Alcamo Marina. Località questa non molto distante da Alcamo.
Mi sono riservato ancora qualche giorno di licenza e decido di sfruttarlo per riportare l’auto ai familiari di Giambanco, per poi rientrare in treno, a Brescia con la mia famiglia.
Il tenente Battistini approva il mio suggerimento e quindi preparo il tutto per l’imbarco da Genova dell’auto di Giambanco.
Genova – Palermo, venti ore di traversata, con la nave Tirrenia. A bordo c’è l’autovettura che dovrò consegnare ai familiari di Giambanco.
Giunto al porto di Palermo ad attendermi c’è mia moglie ed una sua cugina.
Effettuate le operazioni di sbarco prendiamo la via per Villa Grazia di Carini, luogo questo in cui risiedono i familiari di Giambanco. Mi seguono mia moglie e sua cugina con la sua auto. La distanza non è molta ci sono da percorrere circa 17 chilometri.
Arrivati a destinazione i familiari preventivamente avvertiti dal mio arrivo sono ad attendermi davanti al loro giardino, in un bel viale, dove ai lati fanno bella mostra delle piante di agrumi.
Il momento è commovente. L’emozione si fa sentire da entrambe le parti. A me viene un nodo alla gola. Non riesco nemmeno a parlare.
Ricordo perfettamente ancor oggi, a distanza di molti anni, il commento del padre di Giambanco alla vista dell’autovettura. “Mi si riapre una ferita e non so ancora quando sarà del tutto rimarginata. Che senso ha aver riportato questa macchina quando il suo proprietario non è più tra noi.”
Io rispettosamente, gli faccio notare che, mi è stato ordinato dai miei superiori, il rientro del mezzo per essere messo a disposizione dei familiari e che, non sarebbe stato giusto tenerla inutilizzata nel piazzale della Caserma.
Dopo di ciò, il padre di Giambanco, si riprende dal momento critico e si tranquillizza.
Approfitto allora per avvertirlo che dobbiamo riprendere il viaggio per arrivare ad Alcamo in quanto c’è ancora un buon tratto di strada da percorrere. Il signor Giambanco non obietta alla mia richiesta e, dopo i vari saluti, ci regala anche due belle cassette di arance, prelevate dal proprio giardino.
Così dopo effettuata la consegna dell’auto abbiamo raggiunto la località di Alcamo con l’auto della cugina di Anna.
Con la mia famiglia sono rimasto ancora qualche giorno al mare per poi prendere il treno e rientrare a Brescia, dove ho ripreso il servizio in Sezione Mobile.

Lago d’Idro

24 dicembre 1994

24 Dicembre 1994
Milano, Via Melchiorre Gioia, sede del Comando Legione.
Mi trovo in fila con diversi colleghi in uno stanzone semibuio, alla fine di questo c’è un tavolino con una sedia nella quale è seduta una persona in abiti civili, non saprei quindi se è un graduato o un semplice finanziere. Il suo compito è quello di ricevere pistole e tesserino di riconoscimento depositate da tutte quelle persone che attendono in fila il loro turno. Man mano che lasciano questi oggetti egli procede ad una spunta su di un elenco che ha davanti a sé. Che cosa è questa operazione? Ebbene questo è l’ultimo atto che compio in seno alla Guardia di Finanza prima di uscirne completamente dopo aver trascorso ben31 anni. Si tratta del mio congedo da questa Amministrazione. Non sono uno che ci tiene alle formalità o alle apparenze ma l’impressione che ho avuto nel compiere l’ultimo gesto prima di uscire da quella stanza è stata di profondo squallore e malinconia. Dopo tanti anni di appartenenza ad una Organizzazione come quella che sto lasciando, non c’è nessuno che ti stringa la mano. Nessun discorso, nessun saluto. Non me lo sarei mai aspettato, io penso che in qualunque Amministrazione civile o militare ci sia un minimo di commiato rivolto a chi per tanti anni ne ha fatto parte. Niente, assolutamente niente. *** Non vorrei a questo punto che gli aspetti negativi descritti in queste pagine siano interpretati come la regola di comportamento adottata nel corso della mia permanenza in seno a questa Amministrazione. Questi sono stati degli episodi isolati come ad esempio i contrasti avuti con certi Superiori, i quali, nei miei confronti, e di altri, hanno manifestato arroganza, prepotenza, intolleranza e stupidità. Certo che il lavoro da me svolto è avvenuto in un ambiente militare e quindi particolare, diverso da quello civile. Ma chi non si è mai imbattuto in fatti che hanno provocato delusione, sconforto ed altre anomalie? Chi nella vita cosiddetta civile, nel mondo del lavoro o in altri ambiti non ha avuto problemi con un dirigente, un capoufficio, un impiegato, un collega, arrogante, presuntuoso, stupido o altro comportamento deleterio. Chi non ha mai inghiottito bocconi amari? Penso che molti abbiano vissuto le mie stesse situazioni a prescindere dai contesti in cui ci si è trovati, tali da urtare la propria sensibilità, dignità, amor proprio. Ho assistito, in occasione di controlli, presso alcune aziende al comportamento arrogante del datore di lavoro verso i propri dipendenti i quali dovevano subire umiliazioni gravi senza potersi difendere per timore di dover perdere il posto di lavoro. Di fronte a queste situazioni cresceva in me la consapevolezza che il mio stato era molto migliore di quello di molte altre persone impiegate nel cosiddetto ambiente civile. Perciò nel corso della mia carriera, come ritengo in tutte le altre manifestazioni umane ci siano momenti negativi e positivi. Quello che è importante è non demordere. I percorsi della vita di ognuno di noi non sono tutti in discesa. Ci sono anche delle asperità che si possono e devono superare. Questo è quello che ho cercato di fare nel corso della mia carriera nel Corpo della Guardia di Finanza alla quale va tutto il mio rispetto e ne sono onorato di avervi fatto parte. Soddisfazioni ne ho avute. Non è il caso di elencarle tutte. Le cose belle non fanno notizia. Ho avuto il privilegio di lavorare con persone in gamba dal più semplice finanziere all’ufficiale superiore più alto in grado. Dal loro comportamento ho sempre tratto lezioni di vita che mi resteranno per sempre impresse.
Così, terminata la mia ultima incombenza, mi reco alla stazione ferroviaria di Milano per prendere il treno di ritorno a Brescia da semplice cittadino. Mi lascio alle spalle 31 anni della mia vita nella quale ho indossato i panni di un finanziere prima e di sottufficiale poi. Durante il tragitto da Milano a Brescia oltre al solito paesaggio che si intravede dai finestrini del treno, mi vedo: non ancora diciannovenne lasciare la mia famiglia per andare a frequentare il corso allievi finanzieri presso la Scuola Alpina di Predazzo, prestare il servizio di istituto presso la Brigata di confine di Colombirolino, e quella di Bizzarone, sul confine italo-svizzero, la brigata di Bellagio sul lago di Como, frequentare il corso allievi sottufficiali presso la Scuola al Lido di Ostia, riprendere il servizio normale presso la compagnia del Brennero sul confine italo-austriaco, la brigata volante di Gorgonzola in provincia di Milano ed infine il Nucleo di polizia tributaria di Brescia nel quale ho reso il mio servigio per ben 21 anni. Quante cose sono accadute in tutto questo tempo? Specialmente se lo hai speso nell’ambito di un’organizzazione come la Guardia di Finanza di fatti, situazioni esperienze, si potrebbe scrivere un libro e non solo tenerle in serbo nella propria mente. Qualcosa ho messo nero su bianco. Sono scritti che possono sembrare scarni, a volte aridi, a volte burocratici ma si tratta di vita realmente vissuta. Ho voluto scrivere per mio gusto personale non avendo intenzione di pubblicare nulla. Magari un giorno se questi fogli capitassero chissà come nelle mani di qualcuno: moglie, figlia, nipote, amico, sorella, potrà dire: “Però quante esperienze ha vissuto Giuseppe”. Nel frattempo il treno è giunto a Brescia, è il 24 dicembre, vigilia di Natale. Domani è festa e sono sicuro che la trascorrerò in famiglia, almeno questo mi conforta. In tempi addietro forse, sarei stato comandato di servizio anche il giorno di Natale.

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Incarico Importante

Incarico importante
Sono convocato nell’ufficio del Comandante del nucleo pt di Brescia di cui faccio parte, unitamente ad altri colleghi. Siamo un numero consistente. Quando accadono queste convocazioni qualcosa di diverso dalla normalità quotidiana si profila nell’aria.
Infatti non appena tutti sono entrati nell’ufficio il comandante esordisce: “Oggi c’è un importante e delicato intervento da effettuare e dovrà essere eseguito al di fuori della nostra giurisdizione. L’ordine viene dal Comando Generale di Roma. Al momento vi faccio una sintesi dell’incarico che dovrete svolgere, ma ad ognuno dei capi pattuglia che andrò a nominare verrà consegnato un“vademecum” in cui è dettagliato nei minimi particolari cosa dovrà essere effettuato. Vi posso anticipare che questo evento di cui si raccomanda la massima riservatezza scaturisce da un precedente controllo posto in essere da un nostro comando di Mantova per il quale sono state riscontrate anomalie nella conduzione di accertamenti fiscali effettuati nei confronti di aziende di quella circoscrizione. Per cui per diradare dubbi, speculazioni, segnalazioni anonime ed altre dicerie viene ordinato un ulteriore controllo a carico di queste società. Per farla breve il Nucleo pt di Brescia deve necessariamente attivarsi per eseguire una «controverifica» in seguito ai predetti accertamenti ritenuti non soddisfacenti”. Tutto il personale allertato ascoltava in silenzio inattesa che fossero date istruzioni precise sul da farsi. Evidentemente era qualcosa di veramente notevole. Il comandante riprese il suo discorso: “Saranno formate quattro pattuglie composte rispettivamente da diversi militari. Quindi vi dovete attivare eseguendo quanto previsto per queste situazioni. Come è nostra prassi consolidata i primi accertamenti saranno orientati alla raccolta documentale in ogni ambito aziendale sia interno che esterno. Laddove è necessario saranno effettuate le giacenze fisiche dei prodotti rinvenuti in magazzini e capannoni di ogni azienda che sarà sottoposta al controllo.
Una volta conclusi questi primi accertamenti il controllo documentale continuerà nei giorni successivi e per questo ora vi indicherò coloro i quali avranno questa incombenza”. Il comandante quindi distribuisce gli ordini di servizio unitamente ai“vademecum” operativi a queste pattuglie.
La mia pattuglia è composta dal maresciallo maggiore aiutante Magnani e dal brigadiere Coruzzi, oltre ad altri militari. Quest’ultimi, come indicato, furono impiegati solamente per le prime operazioni di rilevamento giacenze nei vari magazzini e nella raccolta documentale che fu poi tutta concentrata, previe misure cautelative, in appositi locali messi a disposizione della medesima società.
Il comandante ancora intervenne rivolto alla nostra pattuglia rammentandoci: “Attenzione che l’azienda alla quale voi dovete andare ad effettuare il controllo è una grossa realtà economica. Alcuni soci ed amministratori di questa S.p.a sono persone conosciute ed influenti nel mondo economico-finanziario e nella vita pubblica. L’azienda è orientata alla produzione di materiale per l’industria automobilistica sia italiana che estera.
Dispone di sedi, magazzini, depositi sparsi per tutto il territorio nazionale e quindi voi dovete procedere con molta cautela, correttezza e riservatezza. Il mio consiglio ulteriore è tenuto conto che sarete impegnati per l’arco della giornata alla sede della società che si trova a Mantova e impossibilitati quindi a ritornare a Brescia peril pranzo siete pregati, per le opportune ragioni che vi ho accennato prima di non usufruire della mensa interna all’azienda.
Dovrete provvedere in proprio. Inoltre vi rammento che dovreste porre attenzione ad una particolare posta di bilancio: il così detto “bilancio di verificazione”. Il precedente controllo effettuato dal reparto di Mantova è stato troppo sbrigativo. Nel giro di pochi giorni l’hanno scaricato come regolare mentre i«conti» da rivedere sono tantissimi per cui due giorni non bastano per avere la certezza della regolarità. Dovrete prendere in considerazione molto seriamente questo aspetto. Tenetemi informato sull’esito del vostro controllo. In merito a quanto evidenziato la mia mente ha cominciato a reagire facendo queste considerazioni:“Finalmente è giunto il momento di essere impiegato a fondo in quelle mansioni a cui avevo aspirato per lungo tempo. Gli anni spesi da parte mia in servizi di appostamento per la repressione del contrabbando, sono lontani, nondimeno i controlli per la repressione delle frodi in materia di oli minerali, servizi anti droga ed affini. Nella mia permanenza al Nucleo pt ho maturato una buona esperienza in tutti i settori.
Da qui l’attenzione dei Superiori di utilizzarmi in attività di verifica fiscale avendo preso coscienza delle mie competenze”. Ritornando al caso specifico, il nostro comando dovette attivare tutto il personale ritenuto qualificato per tale incombenza.
La scelta dei militari fu posta dal comandante del Nucleo pt in accordo anche con il comandante del Gruppo superiore gerarchicamente. Da un lato ero orgoglioso, soddisfatto che alla fin fine, dopo un lungo periodo di incarichi non tanto graditi si era posta l’attenzione su di me. Dall’altro canto ho constatato che quello che dovevamo intraprendere doveva aguzzare al massimo le nostre capacità professionali. La difficoltà che si presentavano erano notevoli. Purtroppo anche il comando nucleo pt aveva, come dire, le mani legate, perché era un ordine che veniva da altre sedi gerarchicamente superiori e doveva essere eseguito nel migliore dei modi a prescindere dall’essere fuori della sua competenza territoriale.
Il fatto risale alla fine degli anni 80 inizio 91. Il nostro controllo durò precisamente da metà novembre 1990 per concludersi verso la fine di giugno 1991; in concomitanza con la prima Guerra del Golfo, quella sferrata contro il dittatore dell’Iraq Saddam Hussein.
Le disavventure dei due piloti italiani: il maggiore Bellini e il capitano Cocciolone riempivano pagine di giornali. Rispettivamente pilota e navigatore di una aereo Tornado furono abbattuti dalla contraerea irachena proprio alla loro prima missione. Tutte le mattine giusto per trascorre il tempo durante il tragitto, per raggiungere la sede della società commentavano questi fatti. Ci avevano assegnato un’autovettura «Fiat Ritmo» e l’autista era il brigadiere Coruzzi. Si percorreva l’autostrada “A4” fino allo svincolo della “A22-Verona Brennero” in direzione di Mantova.
Gli avvertimenti del Comando suggerivano di non socializzare con i dipendenti, con gli impiegati e con i dirigenti e come ci era stato caldamente raccomandato, evitavamo di consumare il pranzo nella loro mensa. Così che dovevamo provvedere per nostro conto a consumare un frugale pasto, negli uffici dove lavoravamo, con quello che ci portavamo da Brescia: qualche panino, dello yogurt e qualche frutto.
Unica soddisfazione era quella che potevamo andare, quando ne sentivamo il bisogno, a prenderci un caffè ai distributori automatici posti nei locali aziendali. Questo in sintesi era lo stato delle cose, dovevamo operare in condizioni non tanto normali.
Quello che ci avevano comandato di eseguire era davvero di una portata eccezionale. Da strabuzzare gli occhi e rimanere a bocca aperta per le implicazioni e le difficoltà che avremmo incontrato. Ho pensato tra me: «Caspita! Ambivo a partecipare a lavori di una consistenza ma questo che si sta profilando oggi è davvero stratosferico».
Tuttavia, per un senso di orgoglio, sia da parte mia che dagli altri due colleghi abbiamo preso la cosa anche come un guanto di sfida. Mettere alla prova le nostre capacità professionali in un lavoro notevole ci aveva inorgoglito. Non nascondo che dopo una giornata di intenso lavoro la sera, dovevo rimettermi a ripassare tutte le norme, le leggi, le circolari, le risoluzioni e tutto il materiale che potesse essere utile e di aiuto al lavoro intrapreso al fine di non commettere degli svarioni o di fare delle brutte figure.
Avevamo puntati addosso gli occhi di fior fiore di avvocati, commercialisti, amministratori impiegati ecc. L’azienda da sottoporre al controllo era notevole:manifatturiera, con depositi, magazzini, succursali un po’ dappertutto nel territorio.
Quindi dovevamo procedere con scrupolo cercando di non commettere errori. Per rispetto della privacy non citerò il nome di questa società né dei suoi componenti siano essi dirigenti, impiegati o operai. Devo riconoscere che non cercarono mai di ostacolarci nella nostra attività di controllo. Ci diedero piena collaborazione.
Addirittura ci misero a disposizione, dietro mia richiesta, anche strumenti informatici: un «PC ibm dotato di microprocessore Intel 8088 a 4,7 MHz, con16 KByte di RAM, espandibili a 640, senza disco rigido, con massimo due drive per floppy disk da 5.25″ a 160Kb, un monitor a fosfori verdi e sistema operativo ms-dos 1.0.» A quell’epoca il personal computer aveva capacità limitate rispetto a quello che il mercato offre oggi.
Per il nostro lavoro era più che sufficiente anzi, abituati con le macchine da scrivere manuali oppure quelle elettriche con testine a sfera «ibm», per noi andava più che bene. Considerato che iniziavo ad appassionarmi al mondo dell’informatica, questa attrezzatura mi faceva davvero comodo. La buona volontà messa a disposizione della pattuglia c’era. I miei due compagni: maresciallo maggiore Magnani e brigadiere Coruzzi erano oltremodo qualificati ma la mole di lavoro da affrontare era enorme. Il buon maresciallo maggiore aiutante Magnani di molta esperienza e capacità nonostante fosse più anziano di me come anni di servizio dovette essere in sottordine.
Il motivo era da attribuire al fatto che dopo essere stato pensionato fece domanda di essere riammesso per un altro breve periodo come «richiamato». Le norme prevedevano che questi soggetti a parità di grado non potevano svolgere l’incarico di capo pattuglia.
Così che dovetti necessariamente assumere il comando ma per tutto il periodo del controllo non ho mai fatto pesare questo aspetto nei suoi confronti. Avevo troppo rispetto per la sua persona oltre al grado, l’esperienza e l’anzianità che il soggetto rivestiva.
Avevamo un buon accordo e tutto tra noi filava liscio come l’olio. Anche Coruzzi era una persona molto affidabile e di ottima esperienza. Di questo ne ero molto soddisfatto, mi rincuorava non di poco considerando l’incarico che ci avevano affidato. Da notare che Coruzzi dopo qualche anno di permanenza nei sottufficiali passò alla categoria degli ufficiali. Come punto di partenza e in ottemperanza agli ordini ricontrollammo nei periodi sottoposti ad esame i«bilanci di verificazione» Formalmente Il bilancio di verifica è il documento che riepiloga ad una certa data i saldi e i movimenti di tutti i conti aziendali. Questo richiedette molto più tempo di quanto era stato fatto in precedenza, constatato che le voci di bilancio erano innumerevoli.
Ecco perché mi ero avvalso dell’uso del personal computer e del foglio elettronico in quanto i conti patrimoniali ed economici erano278tantissimi. Dall’attenta lettura delle sue risultanze non emersero discordanze eclatanti, come forse ci si aspettava, ma ci servì per capire meglio come era strutturata ai fini amministrativo-contabili l’azienda. Le voci di bilancio inserite una ad una nel foglio elettronico furono quantificate in circa 285 per ogni periodo controllato. Così che giorno dopo giorno procedemmo al controllo dividendoci i compiti. La materia riguardante l’imposizione indiretta se lo accollò Magnani, quella riferita alla imposizione diretta Coruzzi ed io. Si dovette constatare tuttavia che l’organizzazione aziendale era ineccepibile, già dai primi giorni ci rendemmo conto nonostante la nostra abnegazione ed esperienza difficilmente avremmo trovato grosse frodi.
Qualche notizia in riferimento all’organizzazione. Gli esercizi finanziari presi in esame riguardavano gli anni 1987,1988, 1989 e parte del 1990. Per le scritturazione dei fatti di gestione si avvaleva di un elaboratore «IBM Sistema 36» ubicato negli uffici di Mantova. In questo “server” venivano eseguite le registrazioni a «libro giornale, schede di contabilità, registri iva, libro inventari, libro dei cespiti ammortizzabili nonché il registro di magazzino». Aveva un capitale sociale interamente versato pari a lire17 miliardi circa. Depositi in Milano, Bologna, Padova eMantova, 10 dirigenti, 80 impiegati e 318 operai costituivano il personale dipendente nei vari settori di produzione, marketing, amministrazione ed altro.
L’azienda appariva sana sotto tutti gli aspetti da quello industriale a quello amministrativo. Produceva materiale importante per l’industria automobilistica ed aveva rapporti oltre che nel territorio nazionale anche con l’estero. Allo stato attuale il nostro controllo esulava il fatto di scovare eventuali irregolarità con operazioni estero su estero. Non c’erano elementi tali da iniziare anche questo tipo di operazioni e certamente tre persone non sarebbero state sufficienti. Le violazioni da accertare non contemplavano frodi tali da attivare anche le Procure della Repubblica per cui il controllo era circoscritto nell’ambito del territorio nazionale.
Accantonate quindi le ipotesi di reato non rilevabili al momento la via da seguire era quella prettamente del controllo fiscale e tributario. Si adottarono pertanto tutte le procedure del caso come ad esempio l’attivazione di controlli in crociati al fine di accertare la regolarità dei rapporti economici con clienti e fornitori dell’azienda. Il lavoro da fare era notevole.
Ci vollero mesi per portarlo a termine ma come accennato non si trattava di azienda di dubbia esistenza. Era conosciuta sia in Italia che all’estero. Tutto sommato grazie alla nostra pazienza di certosini di andare a scavare nei meandri della documentazione qualcosa è emerso.
La nostra condotta di lavoro veniva trascritta giornalmente in apposito atto denominato «verbale di verifica» in cui si evidenziavano in dettaglio le operazioni compiute e le irregolarità riscontrate.
Quest’ultime allorquando si presentavano mettevano in fibrillazione il capo–contabile e l’amministratore delegato. Si chiedevano come mai accadeva questo. Secondo loro queste situazioni non dovevano sussistere in quanto, dal loro punto di vista, la contabilità che tenevano era ineccepibile e doveva essere a prova di errori. Ma la pazienza innanzitutto del buon maresciallo Magnani che andava a scovare nei meandri di bolle, fatture, note, conti ecc. rilevando infrazioni per la verità non proprio eclatanti nel settore dell’imposizione indiretta (imposta sul valore aggiunto, bolla di accompagnamento beni viaggianti, imposta di bollo, tasse di concessioni governative, tassa di registro, ipotecarie e catastali) procurava uno stato ansioso a tuttoil personale amministrativo.
Anche io unitamente al brigadiere Coruzzi facemmo la nostra parte nel settore della imposizione diretta (irpeg, irpef, ilor) andando a rinvenire «costi non di competenza, non deducibili e compensazione di partite». Per la dimensione aziendale era come essere punzecchiata dalle pulci ma secondo il loro modo di operare questi fatti diedero notevoli grattacapi. Avevamo contatti giornalieri con l’amministratore delegato ed era colui al quale quotidianamente noi sottoponevamo il verbale delle operazioni giornaliere chesi doveva sottoscrivere da ambo le parti per presa visione.
Devo riconoscere che si dimostrava una persona molto alla mano. Ogni tanto, quando era libero dagli impegni del suo ufficio ci faceva visita chiedendoci come procedeva il lavoro ma sempre dimostrando un comportamento corretto nei nostri confronti, mai alzava la voce o faceva pesare la sua personalità. Era considerato il braccio destro di uno dei più importanti «soci»dell’azienda. Quest’ultimo figurava come soggetto di primo piano nel mondo economico finanziario. Aveva edha tuttora interessi e partecipazioni azionarie di rilievo in molte società, quotate anche in borsa. Negli anni 80 e 90ed ancor oggi il suo nome unitamente a quello dell’amministratore delegato figurano in primo piano nel mondo economico finanziario. Per dovere di riservatezza non faccio i loro nomi ma illustro solo le loro potenzialità. Come anticipato poc’anzi, se emergevano delle irregolarità dovute alle nostre indagini documentali questo amministratore rimaneva perplesso: chiamava i suoi collaboratori facendo presente l’accaduto ma sempre in modo corretto ed educato.
Considerata l’organizzazione aziendale e il nutrito stuolo di commercialisti, avvocati, consulenti di cui si avvaleva si attivava immediatamente per metterli al corrente di quanto noi avevamo rilevato con i nostri addebiti fiscali. Su questo argomento dovevamo ogni volta fargli notare che non era necessario scomodare tutta quella gente a produrre dichiarazioni a giustificazione dei nostri rilievi. Gli facevamo presente che il tutto sarebbe confluito in un unico «atto finale» dal quale prendere visione globale del nostro intervento sanzionatorio e in quel frangente la“Parte” poteva verbalizzare in questo atto tutte le dichiarazioni necessarie.
Non sto ad annoiare con sterili dati numerici sull’entità delle violazioni ma fu stilato un verbale di 121pagine oltre a 55 allegati a supporto dell’atto da inviare agli uffici competenti con violazioni verbalizzate in materia di «imposta sul valore aggiunto» «bolla di accompagnamento beni viaggianti» e in materia di«imposte sui redditi».
All’epoca le leggi di riferimento erano le seguenti: DPR 29.91973 nr. 592, DPR 29.91973nr. 600, DPR 22.12.1982, nr. 917, DPR 26.10.1972, nr. 633, DPR 6.10.1978, nr. 627. Magari i risultati non sono stati ottenuti secondo le aspettative dei Comandi che ce lo avevano ordinato ma posso assicurare che da parte mia e dei colleghi della pattuglia è stato profuso un grosso impegno in termini di volontà, sacrificio ed abnegazione. Abbiamo tenuto fede al principio secondo il quale gli ostacoli che si frappongono bisogna in ogni modo cercare di superarli con ogni mezzo a nostra disposizione.
Ci è stato insegnato che mai in nessun frangente dobbiamo arrenderci. Mai dire questo non lo so fare ma mi devo adoperare in ogni situazione anche nelle più difficili cercando di trovare la soluzione. Con questo spirito, il maresciallo maggiore Magnani, il brigadiere Coruzzi ed io abbiamo portato a termine il lavoro che ci hanno assegnato. E’ stato come affrontare il gigante “Golia”. Ma nonostante le grosse personalità facenti parte di questa società, nei nostri confronti mi sento di dire che in alcuno modo hanno esercitato il loro potere e la loro influenza per ostacolarci nel nostro lavoro. Del resto avevano a che fare con il Corpo della Guardia di Finanza.

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Economie

Brescia
Economie
Dopo una lunga permanenza in servizi del Nucleo pt di Brescia, non proprio di mio gradimento, nei quali mio malgrado, ho dovuto prestare la mia opera, finalmente sono riuscito ad attraversare il “guado”. Nel senso che anche grazie agli avanzamenti di carriera: maresciallo ordinario, capo, maggiore ed infine maresciallo maggiore aiutante (tre binari con fondo rosso) sono stato inserito in quelle sezioni del reparto di mio gradimento. In questi ambiti ho potuto mettere in pratica la mia insistente voglia di partecipare ad attività specifiche del nostro Ordinamento. Qui la Guardia di Finanza impiega una parte notevole della sua struttura nell’effettuare il controllo di carattere economico-finanziario e tributario ad aziende, imprese, esercizi pubblici, società enti, sparsi in tutto il territorio nazionale. Prima alle dipendenze di militari più anziani ed esperti più di me, poi dirigendo in prima persona con la collaborazione di personale a me affiancato, interventi presso società di una certa rilevanza.
Per poter essere all’altezza di questi compiti mi sono anche preso il diploma di ragioniere. Questo mi ha aiutato molto allorquando mi trovavo ad esaminare voci di bilancio, scritture obbligatorie, documenti contabili, fatture, note conti ecc. Durante questa attività di episodi interessanti ne sono accaduti moltissimi. Ne descrivo alcuni che ritengo significativi non tanto per enfatizzare i risultati ottenuti in termini di violazioni riscontrate ma secondo me importanti per il risvolto umano che appare in certe situazioni.
Mi trovo ad effettuare una verifica fiscale unitamente ad altri colleghi in una importante azienda manifatturiera del Bresciano il cui titolare è una persona nota nell’ambiente cittadino, per avere interessi e partecipazioni in diverse società sia come amministratore che come socio.
In questi casi il nostro intervento nel primo giorno richiede diverso personale ed è orientato ad ispezionare tutti i locali aziendali, gli uffici, i magazzini e i capannoni ove si svolgono eventuali lavorazioni se l’azienda è manifatturiera. Lo scopo di questa azione è quello di raccogliere quanta più documentazione possibile da concentrare nei locali appositamente individuati per il prosieguo della verifica. In questi luoghi si adottano particolari sistemi cautelativi: apposizione di sigilli a porte e finestre al fine di evitare intrusioni non autorizzate. Di tutte queste cautele se ne dà atto in appositi verbali dei quali una copia sarà consegnata al rappresentante legale dell’azienda. Per concentrare quindi la documentazione reperita c’è bisogno di metterla in scatoloni di cartone.
Per essere sicuri che i documenti posti in questi contenitori non siano smarriti o prelevati senza autorizzazioni vengono chiusi con del nastro adesivo e adottate le stesse cautele descritte per la documentazione. Mi stavo accingendo a questo tipo di operazione ed ero in fase di chiusura. Apponevo il nastro adesivo longitudinalmente per chiudere i lembi e poi a croce per maggior sicurezza, secondo il mio modo di vedere. Ad assistere casualmente c’era il responsabile legale della fabbrica il quale vedendomi mettere il nastro adesivo in croce agli scatoloni mi apostrofa: “Maresciallo il modo in cui sta usando il nastro adesivo è sprecato.
Non c’è bisogno di farlo passare a croce basta chiudere i lembi del contenitore. ”Caspita! Mi sono detto: “Come è economico questo imprenditore”. Gli ho dato ascolto e mi sono astenuto di usare il nastro in quel modo. Mentre continuavo ad imballare vedo che il titolare si avvicina e mi chiede: “Maresciallo mi potrebbe offrire una sigaretta?” “Volentieri” gli rispondo “Anzi visto che qua stiamo lavorando da diverse ore che ne direbbe se le offrissi un caffè da prendere in uno dei distributori posti nei locali aziendali”? “Si certo un caffè ci vuole” mi rispose.
Altro controllo dello stesso tenore questa volta in un’altra azienda cittadina.
Stiamo sempre effettuando raccolta di documenti. La ditta che stiamo controllando è una importante azienda manifatturiera metallurgica con diversi dipendenti. La sua figura giuridica è una società per azioni e l’amministratore è un signore di circa 80 anni. Come collaboratori si avvale dell’opera anche dei figli che, se ben ricordo, erano anche degli ingegneri.
Ci siamo chiesti come mai a quella età questo signore dirige ancora l’azienda e non lascia la gestione ai suoi figli che avrebbero compiuto il lavoro senza problemi. Ci viene risposto che è un personaggio molto particolare, accentratore, vuole dirigere personalmente l’azienda. Ogni decisione importante deve essere presa, valutata e approvata secondo la sua volontà. Ammirevole sotto il profilo della tenacia ma così, pensavamo noi, avrebbe causato il malcontento dei suoi figli. Loro però loro non si lamentavano e sottostavano alle sue direttive.
Mentre stavamo esaminando la documentazione da concentrare per il prosieguo della verifica, ci imbattiamo in diversa corrispondenza postale e notiamo che diverse buste erano tagliate all’altezza del francobollo che risultava mancante. Agli impiegati sono stati chiesti i motivi di questa operazione e ci è stato risposto che tutta la corrispondenza passa al vaglio dell’amministratore e quando si accorge che qualche francobollo non reca il timbro di annullo della posta lui lo recupera. Fanno notare inoltre che è il primo ad arrivar in ufficio al mattino e l’ultimo ad uscirne.
Nonostante la sua età dimostra una lucidità eccezionale. Di corporatura snella, statura superiore alla media, fisico asciutto, veste in un modo che non sembra proprio un dirigente aziendale. E’ proprio vero che non è l’abito che fa il monaco.
Nel corso della verifica, qualche volta, ho il piacere di fare conversazione con lui , ed in una di queste esordisce con questa affermazione: “Vede maresciallo devo prendere io le decisioni più importanti per l’azienda. L’ho creata io e nonostante abbia i figli ingegneri ancora non cedo a loro le redini. Sono io che mi preoccupo di ogni minima cosa che accade qui dentro. Ci vuole la massima attenzione perché tutto proceda per il verso giusto. L’azienda deve rispettare molte regole: operative, amministrative, fiscali, la concorrenza, rispettare gli ordini e i pagamenti ecc. Lo sa Maresciallo che gli interessi bancari corrono anche il giorno di Natale? Per cui niente deve essere improvvisato, ma tutto deve seguire un ordine prestabilito.”
Sono rimasto colpito da questo personaggio. Forse si pensa che il suo comportamento sia esagerato ma sono convinto che la ricchezza economica di un territorio come quello bresciano sia dovuto anche a uomini come questo amministratore.

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Ala di Trento

Brescia
“Ala di Trento”
Il Paese delle donne incinte Mi trovo a svolgere il mio servizio in quel di Brescia e come ogni mattina, oramai da anni, mi reco in ufficio per ricevere gli incarichi che dovrò svolgere nell’arco della giornata.
Apparentemente sembra un normale giorno di lavoro, come tanti altri, ma si percepisce nell’aria, che qualcosa sta accadendo. Si nota infatti un insolito movimento dei capi sezione che entrano ed escono con una certa apprensione dall’ufficio del Comandante. Oramai l’esperienza mi insegna che questi comportamenti preludono al manifestarsi di qualche fatto di una certa rilevanza. La porta si apre e un capo sezione invita me e altri due colleghi ad entrare. Ecco che le mie supposizioni sembrano avverarsi e penso tra me e me: “ oggi a casa non si pranza, ahimè… qualcosa di grosso bolle in pentola”. Dopo aver chiuso la porta, ci viene illustrato lo scopo di questa convocazione che è tutt’altro che una cosa semplice da attuare. Ci viene consegnato un “mandato” rilasciato dalla Procura della Repubblica di Milano che ordina di effettuare una perquisizione domiciliare presso l’abitazione di una persona abbastanza influente e che riveste un ruolo delicato nella funzione pubblica. L’atto deve essere eseguito nella cittadina di Ala di Trento ove si trova l’abitazione di questa persona. La motivazione inserita nel documento che ci viene consegnato riguarda una supposta appartenenza del soggetto ad una loggia segreta massonica che prende il nome di Loggia P2.
In Italia in questo periodo c’è un certo fermento, gran parte delle Procure della Repubblica hanno delle indagini in corso sul fenomeno delle logge massoniche segrete e una di queste è proprio la P2. In breve, queste consorterie non sono riconosciute legalmente dalla legge italiana perché si presume che all’interno di esse si svolgano pratiche anticostituzionali a danno del Paese.
Per chi volesse approfondire l’argomento può’ andare in qualsiasi libreria o cercare in Internet e trovare una vasta letteratura che spiega il fenomeno.
Molti personaggi della politica, della finanza, del giornalismo vi erano implicati in queste associazioni ritenute illegali. La giustizia italiana stava cercando di capire fino a che punto queste organizzazioni fossero legali nel territorio oppure agivano in contrasto con le disposizioni di legge. Ma la cosa non era facile, da scoprire. Troppe implicazioni, connivenze, protezioni, ad alto livello politico e istituzionale. Via via lo scandalo aveva assunto proporzioni sempre maggiori. Non passava giorno in cui radio, televisione e giornali non si occupassero della cosa. Comunque lasciando da parte l’aspetto puramente politico e la risonanza data dai “mass media”, a noi ci era stato ordinato di eseguire l’ordine impartito dalla Magistratura milanese la quale cercava di fare chiarezza anche al suo interno. Risultavano iscritti a queste organizzazioni anche dei loro appartenenti. La questione era abbastanza delicata e quello che ci viene raccomandato è di usare la massima discrezione perché avremmo dovuto agire nei confronti di un personaggio che rivestiva una carica pubblica di importante rilievo.
Il capo ordina di preparare tutto il necessario per recarsi nella cittadina di Ala di Trento che si trova nella omonima provincia e di raggiungerla con l’autovettura -Alfa Romeo Giulietta 1800- condotta da un alfista esperto. Questo tipo di veicolo nel nostro ambiente era classificato come vettura da inseguimento. Il suo utilizzo principale era volto al contrasto alle attività illecite, in particolare nella lotta al contrabbando. Chi è addetto alla guida di questi è personale esperto che ha fatto dei corsi specifici all’uso. L’autista quindi che deve condurci a destino è uno di questi “alfisti”.
Bisogna fare una piccola precisazione. In genere questi tipi di individui sono un po allergici agli ordini che vengono dati e quando possono spingono a tutto gas l’autovettura anche se non c’è bisogno. Oggi l’autista è uno di quelli e sarà difficile tenerlo a freno.
Preparati tutti i documenti e fatto il pieno di benzina al veicolo, partiamo, ci immettiamo in autostrada e allo svincolo della Verona Brennero prendiamo per l’autostrada A22 in direzione di Trento.
Per una certa forma di tutela e brevità dirò solo i nomi dei componenti la pattuglia composta quindi dai marescialli, Elvio, Teodoro ed io più il matto di alfista, Rago, al quale non gli è stato raccomandato altro che guidare con calma tanto il tempo per eseguire il servizio lo avevamo. Lui di malavoglia aveva accettato questa situazione ma sono sicuro che alla prima occasione avrebbe tirato fuori le unghie. Durante il tragitto per raggiungere la destinazione avevamo anche il tempo e la voglia di fare battute scherzose, commentando anche sull’incarico che ci era stato affidato e sul come avremmo potuto svolgerlo nel migliore dei modi. Dopo un paio d’ore di viaggio circa, raggiungiamo il posto dove avremmo dovuto eseguire il mandato emesso dall’Autorità Giudiziaria. Ecco però che già cominciano a sorgere i primi problemi. Nell’abitazione infatti non troviamo nessuno a cui recapitare l’ ordine di accesso nell’abitazione ed eseguire la perquisizione domiciliare. Ora non ricordo esattamente i termini esatti del perché non entrammo immediatamente, forse per scrupolo del capo pattuglia o qualche altro intoppo, sta di fatto che non eseguimmo subito l’ordine che ci era stato dato. Ma ci mettemmo in attesa che qualcuno arrivasse per aprire la porta per entrare. Che facciamo che non facciamo, si decide di fare nel frattempo una passeggiata per la cittadina di Ala di Trento che a dire il vero era veramente bella ed interessante. Ma una cosa colpì tutti noi. La gran parte delle giovani donne che incontravamo erano tutte in stato interessante e quello che meravigliava maggiormente era che sembrava avessero gli stessi mesi di gravidanza. Divertiti di questo fatto ci siamo guardati in faccia e chiesto tra noi come mai questa cosa. Incuriositi abbiamo voluto andare a fondo della questione e per saperlo non avremmo fatto altro che fare un po’ di faccia tosta e chiedere a qualcuno. Siamo entrati pertanto in un bar e dopo aver preso un caffè abbiamo rappresentato la nostra curiosità al gestore del locale e lui sorridente ci ha spiegato l’arcano. Vedete disse: “Ala di Trento è un paese dove i giovani mariti lavorano molto all’Estero per lungo tempo. E i rientri in famiglia sono quasi tutti dello stesso periodo, e quindi….”. Capito al volo a cosa intendeva alludere il gestore del bar ne siamo usciti soddisfatti di aver scoperto il piccolo mistero accingendoci a raggiungere il luogo dove avremmo dovuto eseguire i nostri compiti. Purtroppo sul posto ancora non si vedeva nessuno a cui recapitare questo benedetto ordine di perquisizione. Alla fine il capo pattuglia stanco di aspettare decide di ritornare alla sede del nostro Comando senza eseguire nulla.
Il comportamento del responsabile della pattuglia a mio avviso non è da criticare tenuto conto della persona che sarebbe stata sottoposta a questa ispezione. Comunque prima di decidere autonomamente aveva sentito il parere del nostro comandante il quale aveva acconsentito a desistere in assenza dei proprietari. Così quindi con la calma con cui eravamo arrivati rientriamo chiacchierando tra noi e commentando su quanto era accaduto ed in particolare sul fatto di aver visto tutte quelle donne in stato interessante. Alla sede però il capo non convinto della situazione, non ci rende subito liberi di andare ma dice di attendere, ancora un po’ che avrebbe chiesto lumi anche lui sul da farsi. Fece un giro di telefonate, in quanto la cosa era talmente delicata che bisognava ricevere direttamente ordini dal Comando di Milano. Dopo poco tempo infatti ecco la brutta notizia. Bisogna ritornare là ed eseguire il mandato anche senza la presenza dei proprietari dell’immobile, come del resto previsto dalla legge. Il problema era che questa volta dovevamo fare alla svelta perché la sede di Milano che dirigeva tutta l’operazione doveva essere messa al corrente immediatamente degli elementi in nostro possesso.
Questa volta l’autista non fece davvero una passeggiata, si comporto’ proprio come lui era stato addestrato ad agire alla guida di un’autovettura da inseguimento Alfa Romeo. Viaggiavamo infatti in autostrada alla velocità di 185 Km orari. Nessuno fiatava, pregavamo che tutto andasse per il meglio e non vedevamo l’ora di arrivare. Constatato quindi che non c’era bisogno della presenza di alcun proprietario per dare riscontro al mandato, ci siamo preoccupati di trovare un fabbro che forzasse la serratura di ingresso per dare finalmente esecuzione a quanto ci era stato impartito. Tutto il materiale ritenuto utile secondo quanto prescritto nell’ordine della Procura è stato debitamente riposto in appositi scatoloni e sigillati con le cautele di legge per essere concentrato agli uffici che lo richiedevano. Quindi in tutta fretta abbiamo fatto ritorno alla nostra sede e anche questa volta l’autista, facendoci passare momenti di brivido, si è dato da fare per arrivare nel più’ breve tempo possibile viaggiando in autostrada a quasi 190 Km orari, per consegnare quanto sequestrato. Durante il viaggio, ci siamo scambiati poche parole, un po’ per lo stress subito un po’ per paura della velocità del veicolo in mano al soggetto un po’ particolare che lo guidava.
Giunti alla sede e consegnato il tutto al Comandante questi finalmente ci ha messo in libertà. Ma nel frattempo si era fatto tardi e come era stato nelle mie previsioni il pranzo era saltato. Pazienza, dovevo mettere in conto queste cose perché facevano parte delle incognite del mio lavoro. Si sapeva quando si usciva di casa al mattino, ma non si sapeva quando si ritornava.
Giunto a casa ho potuto mangiare anche se in ritardo.

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Corso Oli Minerali

Brescia
Al corso oli minerali
Secondo la mia idea avrei voluto dedicarmi ad espletare funzioni mirate nel settore tributario e fiscale presso le aziende. Questa era un’attività che mi attraeva più delle altre. Del resto forse era quella che dava maggiori soddisfazioni sotto l’aspetto professionale. Ci si doveva confrontare con persone preparate professionalmente: amministratori, ragionieri, commercialisti, avvocati. Si era stimolati quindi a tenersi aggiornati con le leggi, i decreti, le risoluzioni, le normative tributarie e fiscali ecc. Mi sarebbe piaciuto affiancare certi colleghi con più esperienza di me e apprendere la tecnica di cui erano dotati. Niente di tutto questo. Ero impiegato invece in mansioni totalmente differenti. Avevo una certa avversione su tutto quello che concerneva il settore degli oli minerali. Forse sbagliavo, ma in quei momenti la mia idea e la mia volontà era quella di essere impiegato diversamente. Il problema era dovuto al fatto di essere assegnato ad una sezione che si occupava tra le altre cose anche di reprimere le frodi sui prodotti petroliferi.
Col tempo tuttavia e con l’esperienza maturata, ho saputo apprezzare anche questa forma di attività e non nascondo di aver ricevuto anche gratificazioni sia all’interno dell’amministrazione che al di fuori di questa. Sembrava comunque una maledizione che mi perseguitava non riuscivo a togliermi di dosso questi incarichi. Anzi, a peggiorare la situazione, un giorno sono stato convocato nell’ufficio del comandante del Nucleo il quale mi comunica che sono stato scelto per andare a frequentare a Milano un corso sugli oli minerali della durata di un mese. Lo scopo di questo aggiornamento era di apprendere le tecniche di contrasto e repressione degli illeciti in quel campo. Si trattava quindi di recarsi a Milano, in via Melchiorre Gioia, presso la sede del Comando Legione tutte le mattine per assistere alle lezioni dalle ore 9.00 alle ore 13.00 di tutti i giorni ad esclusione del sabato. Dopo una quindicina di giorni cambiarono gli orari: pomeriggio dalle 14.00 alle 18.00. Questo cambiamento mi causò non poco disagio. Stavo frequentando un corso serale per “ragionieri” presso un istituto bresciano che si svolgeva dalle ore 19.00 alle ore 23 sino al venerdì. Di sabato bisognava andare di pomeriggio dalle 14.00 alle 18.00. Dovetti fare i cosiddetti salti mortali per non perdere queste lezioni. A nulla valse la mia richiesta di essere sostituito al corso che si effettuava a Milano. All’epoca chi si prendeva l’onere di frequentare per suo tornaconto corsi serali non era agevolato per niente nei servizi d’istituto. Bisognava rispettare gli ordini dati.
Nonostante la mia ritrosia nell’eseguire tali incarichi mi ero posto di seguire il corso e di apprendere quanto più possibile quello che insegnava un ingegnere dell’Ufficio Tecnico delle Imposte di Fabbricazione (UTIF); considerato che dovevo confrontarmi spesso con attività legate nel campo degli oli minerali, tanto valeva documentarmi a ragion veduta con tecnica e competenza. L’ingegnere dopo aver dato una panoramica generale sui prodotti petroliferi che nello Stato Italiano erano assoggettati al pagamento dell’imposta di fabbricazione, entra nel merito delle questioni attinenti: la lavorazione presso le raffinerie dislocate nel nostro territorio, lo stoccaggio presso i depositi, il modo di controllare le giacenze, sia fisiche che contabili in questi siti compresi i distributori stradali di carburanti. Nello specifico, il corso spiegava come rilevare una giacenza di prodotto attraverso misurazioni fisiche nei serbatoi per poi raffrontarle con i dati contabili indicati nei registri tenuti dai titolari dei depositi e dei distributori stradali. Conoscere il peso specifico dei prodotti per poter trasformare in litri e in chilogrammi a seconda delle necessità.
Queste operazioni erano necessarie ed importanti, da portare a termine, con una certa preparazione tecnica specifica. Questo perché era necessario stabilire, l’esatto quantitativo, come punto essenziale da prendere a base per eventuali irregolarità sia sostanziali che formali. Riscontrare delle deficienze o delle eccedenze rispetto alle giacenze realmente accertate significava che si dovevano applicare delle sanzioni.
Nonostante quindi le mie avversioni a questo tipo di servizio mi ero impegnato preparandomi a dovere in vista dell’esame di fine corso.
Questo accadde alla fine del mese di tirocinio e ancora una volta sono rimasto deluso della mia valutazione data dalla commissione d’esame. Già una cosa del genere era successa quando frequentavo la Scuola Sottufficiali. Sembrava proprio che per me le valutazioni alle prove d’esame non rispecchiassero la mia effettiva preparazione. In cuor mio ritenevo di ben figurare davanti alla commissione ma come è già accaduto altre volte, i voti migliori sono stati dati ad altri. La mia delusione fu ridimensionata, in parte, in seguito a servizi da me svolti in questo particolare settore.
Le lezioni apprese mi hanno dato la possibilità di agire con precisione ed accuratezza e dimostrare sia al mio ufficio che alla controparte controllata la mia competenza e preparazione al punto tale di ottenere gratificazioni sia dai mie superiori che dai responsabili dei siti ai quali avevo eseguito accertamenti.
Sono stato anche chiamato a tenere brevi lezioni a personale proveniente da diversi reparti sul comportamento da adottare qualora si trovassero a intervenire in materia di oli minerali in particolare nel rilevamento di giacenze presso i distributori stradali di carburanti.
Ricordo che quel giorno avevo anche qualche linea di febbre e nonostante la mia indisposizione ho trovato conforto nel notare che le mie spiegazioni destavano attenzione a coloro i quali erano stati chiamati a partecipare a queste lezioni. Bene ho pensato tra me, almeno sono riuscito a trasmettere ad altri quello che ho appreso al corso frequentato a Milano e soprattutto quello che è stato frutto della mia esperienza.

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