Aiuto nel bosco

Confine Italo-Svizzero – anni 64/67
Brigata G.di F. Bizzarone
Aiuto nel bosco
In questi luoghi, in quegli anni, la risorsa economica principale era l’attività di contrabbando, in special modo quello dei tabacchi lavorati esteri (t.l.e.) oltre ad altri generi :(orologi, oro, diamanti, saccarina, ecc.). I reparti della G.di F. erano costantemente impegnati 24 su 24 ore nel contrastare questo fenomeno. A volte si risolveva con il fermo e il sequestro della merce e i veicoli utilizzati per il trasporto. Altre volte, dopo estenuanti turni, il servizio terminava senza alcun risultato.
Il racconto che vado a narrare è imperniato proprio su un sevizio conclusosi con un nulla di fatto dal lato operativo ma nello stesso tempo, appagante per me dal lato umano.
Aiuto nel bosco
Era giunta l’ora di intraprendere i servizi cui eravamo demandati, chi doveva andare al valico pedonale, chi a quello stradale, io quella notte dovevo uscire di pattuglia con un collega, a perlustrare la rete di confine e reprimere eventuali azioni di contrabbando.
Nonostante fossi ancora nuovo del posto, trasferito temporaneamente, il collega mi dice:
“Se vogliamo riuscire a fare qualche risultato ovvero se vogliamo sequestrare qualche “bricolla” di sigarette, questa notte ci dobbiamo separare, tu ti fermi in questa posizione io vado più avanti…. Se vedi qualcosa di anomalo in qualche modo dammi qualche segnale, io farò altrettanto. Quando scadrà il turno ritorna per la strada che abbiamo fatto e ci incontriamo all’incrocio di quel sentiero” e mi indica e il nome di quel posto. Io non avevo altra scelta e per dimostrare a lui che non avevo alcun timore a rimanere solo, di notte, in mezzo ad un bosco, che non conoscevo, ho accettato questa situazione. Anche se devo dire che una certa apprensione l’avevo. Nonostante fossimo armati di moschetto e pistola d’ordinanza, il rischio e l’imprevisto erano sempre in agguato.
Così, quella notte trascorsi tutto il turno sdraiato per terra, dentro il sacco a pelo, e ad ogni rumore sospetto tendevo le orecchie e aguzzavo la vista per individuare se erano persone o animali notturni che si muovevano nel bosco.
Allo scadere del turno, arrotolo il sacco a pelo, prendo il moschetto e comincio a riprendere la strada di ritorno, cercando di ricordare da quale parte ero venuto, perché niente di più facile era perdersi di notte nel bosco e, non avendo apparati radio con noi, con cui comunicare la posizione, diventava problematico il rientro, a meno di non aspettare che facesse giorno.
Nonostante questi pensieri, mi metto in cammino, quando ad un certo punto del sentiero, vedo una massa scura per terra a pochi metri da me. Non nascondo un certo imbarazzo, ancora non riesco a distinguere bene cosa può essere. Penso, magari è qualche contrabbandiere. Lentamente mi avvicino, e con mio grande stupore vedo che per terra c’è un uomo, che si lamenta, mi chino su di lui, faccio per chiedergli qualcosa, chi è, da dove viene, ma subito capisco dall’odore del suo alito che è una persona ubriaca e, molto probabilmente colta da malore, si è persa nel bosco.
In qualche modo riesco a farlo alzare, ed appoggiarlo su di me. Lui mi dice balbettando che si è sentito male, ed è caduto per terra e non ricorda da quanto tempo si trova in quella situazione. Al che, io gli chiedo, se si ricorda dove abita che lo avrei accompagnato fino a casa sua. In qualche modo riesce a spiegarmi la direzione da prendere per arrivare alla sua abitazione. Lentamente quindi ci siamo incamminati. Già stava albeggiando quando giungo a destinazione, busso alla porta, si affaccia qualcuno, chiedo se conoscono la persona che sta con me, trovata distesa per terra lì nel bosco. Qualcuno dice: “Si è nostro padre, ed eravamo proprio preoccupati della sua scomparsa”. Bene dico io: ”Ora è qua sano e salvo.”Metto nelle loro mani questa persona che felici di aver ritrovato il loro familiare immediatamente la fanno entrare in casa. Talmente la preoccupazione e la felicità di averlo ritrovato che chiudono la porta dietro di loro, lasciandomi lì davanti, come una statua. Beh! Ho pensato tra me, almeno un ringraziamento avrebbero potuto darlo, d’accordo che in queste zone noi finanzieri non siamo ben visti per via del lavoro che facciamo, ma almeno un segno di riconoscimento…che diamine..!”
Con questi pensieri, riprendo la via del ritorno anche per andare incontro al collega che già mi aspettava al punto prestabilito per rientrare al Reparto. Racconto a lui l’accaduto il quale amaramente commenta: ”Non te la prendere, sai come è la situazione in questi posti, la gente non ci vede di buon occhio per via della nostra attività, qui vivono del contrabbando e noi non siamo ben accettati.”
Un poco rincuorato dalle parole del collega, mi adeguo alla situazione e il mio pensiero principale del momento è quello di depositare il sacco a pelo, e il moschetto e andare a riposare. La notte è stata lunga e stressante, francamente avevo un poco di stanchezza, non vedevo l’ora di andare a dormire.
Alzatomi, dopo aver riposato le giuste ore, mi preparo per andare a pranzare, quando un collega mi chiama e mi avverte di andare nella sala perché, ci sono due persone che mi cercano. Indovinate che erano? Si era proprio la persona che avevo accompagnato a casa durante la notte e in sua compagnia c’era anche uno dei suoi figli. Volevano ringraziarmi per il gesto compiuto nei confronti del papà. Si scusavano se in quel momento non avevano dato a me attenzione, ma erano così frastornati e felici di aver ritrovato il familiare che non avevano pensato a me. Per disobbligarsi pertanto il figlio cerca di consegnarmi un busta con del denaro dentro. Al che io rifiuto immediatamente l’offerta, dicendo che non avevo fatto altro che il mio dovere di pubblico ufficiale e di cittadino. A me non spettava alcuna ricompensa io avevo solamente compiuto un “atto di umanità” che qualsiasi persona avrebbe fatto trovandosi nella mia situazione. Il figlio accettando la mia volontà, rimette via la busta ma mi stringe calorosamente la mano e commosso mi ringrazia ancora. Lo stesso fa il padre e mi fa una promessa dicendomi che l’esperienza è stata davvero brutta e che in futuro cercherà di non alzare più il gomito per ubriacarsi.
La mia permanenza a Bizzarone è stata breve, infatti dopo poco tempo mi arriva un altro ordine di rientro per la Brigata di Cavallasca/Colombirolino, da dove ero partito. Non ho gridato di gioia, né di andare via da Bizzarone né di ritornare a Colombirolino.
La situazione era ugualmente gravosa in entrambe le parti. L’unica consolazione era che tornavo dai miei compagni di sventura anche se con i ragazzi della brigata di Bizzarone avevo fatto amicizia e a loro dispiacque che me ne andassi via, come pure al comandante, ma gli ordini bisognava eseguirli.

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