Frustrazione

Brescia
Frustrazione
Dopo un periodo di servizio trascorso in un Reparto cosiddetto “ordinario“ situato nella provincia milanese, riesco ad ottenere il trasferimento per il Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia. Molti dei miei compagni al termine del tirocinio presso la Scuola Sottufficiali ebbero subito come prima assegnazione un Nucleo di polizia tributaria, con molta invidia da parte mia. Ma devo fare un “mea culpa“ perché tutto è dipeso esclusivamente dalla mia mancanza di impegno nello studio, almeno nella prima parte del corso Allievi al lido di Ostia. Nel frattempo avevo fatto esperienza in altre sedi dove se un soggetto aveva voglia di elevare la sua qualificazione professionale, non mancava occasione di poterlo fare. l mio pensiero tuttavia era sempre di riuscire un giorno ad entrare in una di queste strutture. Farne parte significava avere ampi poteri a larga autonomia d’intervento ad iniziare dall’uso in servizio dell’abito civile e non più indossare l’uniforme se non in casi particolari. Uno speciale tesserino abilitava il possessore ad entrare in qualsiasi locale pubblico o sede di azienda. Queste peculiarità nel nostro ambiente erano molto apprezzate specialmente nei più giovani che volevano emergere e fare esperienze di servizio.
Finalmente è esaudita la mia aspirazione che ambivo da anni. Durante la mia lunga permanenza in questa sede mi sono rimasti impressi fatti, situazioni e stati d’animo, alcuni dei quali li descriverò qui di seguito perché li ritengo più significativi di altri. L’identificazione precisa dei luoghi e delle persone con cui ho avuto contatti non hanno molta importanza ai fini del racconto. Ciò che conta è quello che ho provato affrontando questa nuova esperienza.
All’epoca in cui narro la vicenda il tipo di sede in cui avrei dovuto essere impiegato era considerata il fiore all’occhiello della nostra Amministrazione in termini di efficienza operativa. Chi aveva voglia di lavorare e migliorare la sua qualificazione professionale ne voleva fare sicuramente parte. Al giorno d’oggi forse altri Uffici sono sorti in seno al Corpo per contrastare nuove forme di evasione e lotta al contrabbando e alla criminalità ma ancora questo tipo di Reparto è molto ambito da tutti gli appartenenti. Non per sminuire le capacita di chi opera in altre sedi ma i poteri che la legge italiana attribuisce alla Guardia di Finanza in termini di controllo al sistema economico-finanziario del Paese qui sono utilizzati ai massimi livelli. Anche la preparazione del personale che vi fa parte è ottima.
Non voglio fare un trattato sulla loro dislocazione, giusto un cenno. La competenza territoriale dei Nuclei pt si sviluppa in questo modo: centrale, regionale e provinciale.
Così il giorno tanto desiderato arriva attraverso un ordine di trasferimento d’ufficio. Non è il primo della carriera che effettuo e quindi ancora una volta mi accingo a salutare i colleghi del reparto, con una punta di malinconia. Sono circostanze queste che in fondo toccano l’animo di una persona. Per un certo periodo di tempo hai condiviso insieme a loro buoni e cattivi momenti, ma bisogna andare. Carico l’ automobile di tutte le mie cose personali e parto per la nuova assegnazione. La distanza non è molta un’ora, un’ora e dieci minuti. Il tempo per fare una sorta di bilancio della mia attività svolta nella sede, che mi appresto a lasciare. Tutto sommato, non era poi così male. Ci fu alla fine un diverbio con il comandante ma in fondo niente che pregiudicasse la mia carriera.
Avevo fatto tesoro della esperienza di colleghi più anziani di me allorquando mi trovavo con loro a svolgere qualche importante operazione. Con questi pensieri nella mia mente mi accorgo di essere giunto a destinazione. Parcheggio la mia automobile all’interno di un vasto cortile e guardando la facciata mi rendo conto che la Caserma che avevo lasciato era davvero molto piccola rispetto a questa struttura. Nell’edificio vi erano tre Comandi di cui uno su tutti aveva giurisdizione logistico-territoriale sugli altri. Due erano in sede tra i quali quello dove sarei andato io più altri Comandi che si trovavano nella provincia. Quello dove io avrei dovuto prendere servizio aveva una sua un’autonomia operativa propria con giurisdizione sulla città e su tutta la provincia ed era retto da un ufficiale. Sulla carta ed in teoria il suo organico avrebbe dovuto essere composto da circa ottanta elementi, ma di effettivi se ne contavano solamente una quarantina.
Un bel numero se penso a quella poca decina di persone che avevo lasciato nel precedente reparto.
Entro nello spazioso atrio e mi rivolgo al militare che faceva servizio davanti alla porta d’ingresso presentandomi e dicendogli che ero un nuovo giunto e che ero stato assegnato al reparto operativo. Gentilmente il militare mi dice di aspettare un attimo che sarebbe andato ad avvertire gli uffici competenti ed a informarsi in quale camera avrei dovuto alloggiare. A quel tempo ancora non ero sposato e quindi mi spettava un letto in una camera della caserma. Ringrazio e acconsento ad aspettare in questo atrio assorto nei miei pensieri, quando qualcosa attira la mia attenzione. Mi sento chiamare: “”Ei brigadiere, cosa fa lì impalato nell’atrio? Non saluta il suo Superiore? Non sa chi sono io? Si presenti. Io qua sono il comandante di tutto, lei come si chiama, da dove viene?.”” Impietrito accenno ad una forma di saluto militare e guardando il grado di questo ufficiale capisco che è un tenente colonnello. Gli rispondo dicendogli il mio nome, cognome, grado e reparto di provenienza informandolo della mia nuova assegnazione e che ero appunto in attesa di istruzioni. “”Ah! lei è un nuovo giunto”” guardandomi con due occhi freddi e spalancati. Stava per ricominciare il suo rimbrotto quando fortunatamente mi salva l’entrata nell’atrio di una donna, che dopo ho saputo essere la moglie di un ufficiale. All’apparire di questa signora, infatti lui mi dice altezzosamente: “”Bene, brigadiere si accomodi là che poi ne parliamo””. Mi indica una saletta posta nell’atrio e si allontana tutto ossequioso verso quella donna.
Sono come, istupidito, allibito, da simile accoglienza, e mi chiedo : “”Ma dove sono capitato?”” Un collega si avvicina a me e mi batte una mano sulla spalla, dicendomi: “”Ei! non ci fare caso, quello è il comandante di tutta la caserma ed è il suo modo di fare. Qua tutti lo chiamiamo “Il Tigre”. Nome più appropriato non potevano trovare! Ma fa sempre cosi con tutti chiedo io? Si, si risponde quello, anche peggio…e ridendo si allontana.
Ancora sono smarrito, è la seconda volta che mi capita un episodio del genere. La prima fu al Brennero. Comincio ad avere come un moto di stizza pensando tra me, certo che questa accoglienza non me la sarei mai aspettata. Nel frattempo mi sento chiamare e mi viene indicato che devo presentarmi dall’ufficiale responsabile della mia nuova assegnazione il quale era stato informato della mia presenza. Mamma mia! Ho pensato, adesso mi prendo un’altra lavata di testa come prima. Mi accompagnano fino alla porta del suo ufficio poi il militare si allontana, io busso, attendo che mi si dica di entrare. Una volta entrato saluto militarmente essendo in uniforme, mi qualifico, nome cognome, grado e reparto di provenienza.
Quello che vedo nel frattempo in quel momento non mi sembra reale. La stanza è buia, c’è una lampada da tavolo sulla scrivania che illumina solo una porzione di questa e dietro il mobile intravedo seduta una persona in abito civile con una vistosa maglia di lana addosso, con una specie di papalina in testa e con i piedi appoggiati su una pedana ricoperta con dei giornali. Mi dice: “Fa freddo e bisogna coprirsi, se mi ammalo io qua chi porta avanti la baracca?”” Vedendo questa scena mi venne subito in mente quella di molti anni prima quando da ragazzo assistetti ad un film il cui titolo era: “L’uomo del banco dei pegni”. Mi sembrava di rivedere quel personaggio, la figura dell’ebreo dietro il banco dei pegni. Dove sono capitato? Mi chiedevo tra me. Allora, esordisce: “Vedo qua che vieni da ……..e fa il nome del mio reparto di provenienza.” Scambia con me poche parole, si trattava di un momento poco opportuno. Era l’orario in cui doveva dare udienza a tutte le pattuglie che dovevano fare il rapporto serale e quindi non poteva darmi molta attenzione. Bene mi dice: ”Per adesso vai a sistemarti nella cameretta che ti hanno assegnato e domattina all’orario di apertura dell’ufficio ripresentati qua per vedere dove ti posso collocare”. Rifaccio il saluto militare ed esco dall’ufficio, con un gran senso di nausea. Ero ancora impaurito del trattamento avuto con il tenente colonnello comandante. Fortunatamente invece con questa persona le cose sono andate un poco diversamente ma non è che abbia avuto un’accoglienza trionfale. Ho avuto l’impressione che gli avessi quasi dato fastidio per il fatto di essere stato assegnato al reparto da lui diretto.
Al mattino seguente, quindi come stabilito, mi ripresento davanti all’ufficio della sera prima, busso, quando mi si dice di entrare, apro la porta e dico buongiorno, ma non faccio il saluto militare trovandomi già in abito civile. Ho pensato, sono al reparto che offre questa possibilità di andare in servizio in abiti borghesi e quindi perché non approfittarne? Niente di più sbagliato. Appeno entro infatti, la prima cosa che mi dice: “”Ah ti sei messo già in abiti civili?” Come per dire non vedevi l’ora di farlo ma almeno potevi chiedere il permesso. Mi chiede: ”Allora di cosa ti occupavi nel precedente reparto” Io gli dico che avevo fatto una certa esperienza un po’ su tutti i settori, di nostra competenza, ed al codice della strada, insomma un poco di tutto. Al che lui annuisce, resta un attimo in silenzio, poi mi dice: “Bene per ora sei assegnato alla prima sezione che si occupa di anti-contrabbando e imposte di fabbricazione con particolare riferimento agli oli minerali. Quindi per oggi sarai affiancato dall’autista Moreli (nome di fantasia). Cercalo e digli di fare il pieno di benzina all’ Alfetta e nell’ordine di servizio indicate che sarete per un giro conoscitivo nella circoscrizione del reparto.”
Il che voleva significare che bisognava girare per tutta la città e per tutta la provincia per una durata di dodici ore a bordo di un’autovettura da inseguimento con un autista, che tutto sommato anche abbastanza disponibile, ma mezzo matto che guidava in modo orrendo. Nel traffico cittadino, faceva venire il voltastomaco, con le ripetute frenate e sgommate. Andiamo bene ho pensato tra me!. Oggi sarà proprio una bella giornata, come inizio non c’è male. Qua invece di andare avanti e progredire nella mia qualificazione professionale andremo a regredire. Mi aspettavo infatti una diversa assegnazione, un incarico di un certa levatura professionale, invece ancora una volta dovevo intraprendere servizi che avevano a che fare con la lotta al contrabbando. Pazienza, mi sono detto, ma francamente mi sarei aspettato un modo diverso di intraprendere la mia nuova attività, invece come primo approccio di tutto quello che mi è accaduto in quelle due prime giornate mi ha fatto rimpiangere il vecchio reparto che avevo lasciato. In quella sede infatti tutto veniva effettuato con una certa tranquillità e pacatezza al contrario di quanto ho potuto constatare in questi primi momenti di nuova assegnazione.
Ancora mi sono detto: “Probabilmente dovrò fare un periodo di tirocinio per passare a cose migliori.”
Illusione la mia, per farla breve, nonostante le difficoltà iniziali e non, oramai ero entrato in questa nuova realtà e anche per un orgoglio personale, non sono più tornato indietro nel senso che avrei potuto rinunciare a questo incarico e tornarmene da dove ero partito.
Ma non l’ho fatto.
Morale della favola, in questo reparto ci sono rimasto dentro per 21 anni e non sono state tutte rose e fiori. Momenti tristi ne ho passati diversi ma come in tutte le cose che si intraprendono nella vita bisogna saper reagire e non farsi prendere dallo scoramento, dalla delusione, dalla depressione. Le soddisfazioni sono poi venute, ma nel tempo e per ottenerle ho dovuto sudarmele.

Vai alla pagina: Brescia