Il Pacco

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Sono comandato di servizio anticontrabbando in un Reparto di confine tra la Svizzera e l’Italia. Rivesto la carica di capo-pattuglia perché sono più anziano, come anni di servizio del collega che è con me, nonostante sia un parigrado. Queste sono le regole da rispettare nel nostro ambiente. In genere siamo tutti giovani e provenienti dagli stessi reparti di istruzione, Scuola Alpina, Roma, Portoferraio ma di corsi diversi. Generalmente, il vivaio più numeroso, di finanzieri che si trovano a rimpolpare i reparti della Legione di Como, proviene dalla Scuola Alpina di Predazzo. Io sono uno di questi. Dopo aver frequentato nove mesi di corso sono trasferito proprio in questa Legione. Sono anni nei quali il contrabbando di tabacco lavorato estero imperversa in tutta la quella zona. Numerosi sono i reparti dislocati a ridosso del Confine proprio per contrastare questo particolare fenomeno.
Raggiungiamo il luogo che ci è stato assegnato nell’ordine di servizio, camminando di notte, al buio, senza alcuna luce, tanto siamo abituati a calpestare questi sentieri. La nostra meta è proprio in uno di questi, che rasenta la linea di confine e la “rete fiscale”, ubicato in località Maiocca – Scala del Paradiso.
Si adotta l’espediente di appostarci non proprio nel posto prescritto ma spostati leggermente un poco più in alto, in mezzo a dei cespugli, per non dare adito ai contrabbandieri di scoprirci. Questa è una buona regola, sperimentata varie volte che ci ha permesso di effettuare diversi sequestri di merce di contrabbando.
Siamo dotati di un solo sacco a pelo pur essendo in due. Ci viene ordinato di portarne uno solo. I Comandi, temono che, se ne usiamo due, c’è il rischio che invece di vegliare, ci si addormenta tutti, a scapito del buon esito del servizio.
Il luogo che ci circonda, è noto per la diuturna presenza di soggetti, che girano per il bosco, principalmente per scoprire i posti dove le pattuglie si appostano, simulando la ricerca di funghi o qualche altro espediente del tipo: portare a spasso il cane, fare passeggiate nel bosco, ecc. Per cui meno, rumore si fa e più nascosti siamo, meglio è per noi, per avere più possibilità di celare la nostra presenza. In tal modo si può pretendere un buon effetto sorpresa, nell’eventualità che sia introdotta della merce di contrabbando dalla Svizzera in Italia.
L’armamento, che abbiamo in dotazione, è la classica pistola d’ordinanza Beretta calibro nove corto. Sono in grado, di smontare e rimontare, quest’arma ad occhi chiusi. Questo grazie agli insegnamenti ottenuti al reparto d’istruzione della Scuola Alpina. Inoltre ci viene assegnato il cosiddetto moschetto calibro 91/38. Le munizioni sono cartucce caricate a mitraglia. Questo tipo di munizione è progettata proprio per il nostro uso nei reparti di confine. Tecnicamente è un’ogiva in ottone che all’uscita dalla volata si apre lasciando uscire alcuni proiettili in piombo. In genere, quando si verificava un fermo di merce di contrabbando, c’è l’abitudine di esplodere qualche colpo in aria di queste cartucce per dare l’Alt ai contrabbandieri in modo che abbandonino il carico.
A proposito di ciò, un fatto singolare, mi è successo una volta, in occasione di un fermo di sigarette. Fatalità, proprio quando siamo rientrati in caserma, con il carico sequestrato, c’era l’ispezione da parte dell’ufficiale comandante la tenenza di Gironico. Costui invece di complimentarsi con la pattuglia, alla domanda se avevamo fatto uso delle armi e ricevendo da parte nostra, risposta affermativa, ci rifilò due giorni di consegna. Avevamo esploso due colpi in aria di queste munizioni a mitraglia. Boh! Sull’uso delle armi in zona di confine non si capiva mai bene come comportarsi.
La famosa legge 4 marzo 1958, n. 100 – Uso delle armi da parte dei militari e degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria in servizio alla frontiera e in zona di vigilanza. Lasciava adito a varie interpretazioni.
Tornando al nostro appostamento, in questi frangenti vale la regola del silenzio, le poche parole che mi scambio col collega sono pronunciate a bassa voce. Questo per poter ascoltare i rumori provenienti dal sentiero sottostante, considerato come usuale per il transito di merce sospetta.
In quei momenti di attesa, una moltitudine di pensieri ronza come uno sciame d’api nella mia testa.
Non ho ancora vent’anni, mi ritrovo di notte, in mezzo ad un bosco, a svolgere un incarico particolarmente delicato e pieno di imprevisti. La scelta che ho fatto nel vestire l’uniforme del finanziere sarà stata giusta? Potevo rimanere a casa con la mia famiglia? Continuare gli studi? Frequentare gli amici di sempre? Invece di trovarmi qua, in un posto di confine, in una zona disagiata sotto vari aspetti. Turni di servizio impossibili. Sempre allarmati dalla presenza dei contrabbandieri. Con il rischio di prendere anche punizioni disciplinari da parte dei superiori, sempre in giro d’ispezione a controllare il nostro operato.
Un taglio, a questi pensieri, viene dato dal calpestio che sentiamo sopraggiungere dal basso, dove è situato il sentiero. Riusciamo ad intravedere in lontananza, un individuo, che si sta avvicinando verso la nostra postazione. Ancora la figura della persona non è abbastanza chiara. Nel dubbio dico al collega:
“Mi sembra che sia un tipo solitario, lasciamolo passare, poi io cercherò di avvicinarmi a lui seguendolo senza farmi notare. L’involucro che in spalla non è troppo voluminoso.” Dalla poca luce, si riesce a capire, che non è una bricolla di sigarette ma qualcosa d’altro, qualcosa di più piccolo. Accordatomi col collega sul comportamento da adottare, senza far rumore, comincio a pedinare da solo questo soggetto. Il collega rimane sul posto assegnato. Io proseguo nel mio intento. Giunto in prossimità di questa persona, un moto istintivo mi pervade. Senza pronunciare alcunché gli strappo il pacco dalla sua spalla. Questi si gira di scatto, si rende conto che, chi ha compiuto questo gesto, è un militare della Guardia di Finanza, per cui si dà a precipitosa fuga, prendendo la direzione verso l’abitato di Cavallasca. Ho cercato di fermarlo, ma considerato il buio della notte e il sentiero scosceso, dopo pochi metri ho desistito dall’impresa. Riconosco che il gesto da me compiuto, è stato molto azzardato e non tanto protocollare. Tuttavia ci sono frangenti nei quali l’adrenalina sale e ti fa agire senza pensare tanto alle regole. Quello che mi interessava l’avevo nelle mie mani. Ero curioso di conoscere il contenuto di questo piccolo pacco avvolto in un involucro di carta nera. Non appena giunti in caserma, lo abbiamo aperto ed è risultato contenere “saccarina”, predisposta in piccoli sacchetti. A quei tempi, questa sostanza, era soggetta a regime di Monopolio e si prestava ad essere introdotta nel territorio italiano di contrabbando.
Successivamente il Decreto Legislativo 25/02/1980 nr. 30 ne aboliva il monopolio.
Quanto ho narrato fa parte dei miei ricordi risalenti a circa 55 anni fa. Gli anni sono quelli che vanno dal 1964 al 1966.
I ricordi di un uomo sono molto importanti ci aiutano a costruire il nostro presente.
Certo sembra di rivivere ora come allora le esperienze maturate come se accadessero nel presente. Potenza del cervello, quando si ha la fortuna di averlo ancora sano ed efficiente.
Il reparto era la brigata frontiera di Colombirolino. Località questa dipendente dal Comune di Cavallasca (Co). I componenti erano una ventina circa, tutti finanzieri di giovane età, comandati da un brigadiere e un vicebrigadiere in sottordine. Alcuni di loro li ricordo ancora:
Sotufficiali, avvicendatisi nel tempo:
Brigadieri: Ghisaura, Di Bernardo, Staiano.
Vicebrigadieri: Bisegna, Cagnazzi;
Finanzieri: Accili Roberto, Amato, Ropa Attilio, Valastro, Ottaviani Armando, Podda Agostino, Sica Galante, Leone Vincenzo, Stanganelli, De Giuseppe, Sangiorgio, Gobbi Giancarlo, Carnevale.
Mi scuso per gli altri ma i loro nomi, sono caduti nell’oblio e mi spiace ancora di non ricordare, il nome del collega, che mi ha accompagnato in questa avventura.
Se qualche lettore, ha notizie di qualcuno di questi colleghi che ho elencato, mi piacerebbe conoscere i loro attuali recapiti.
Sono a conoscenza che i colleghi del tempo, Accili Roberto e Sica Galante purtroppo non sono più tra noi. Mi auguro che gli altri siano in buona salute e che si godano la pensione raggiunta dopo tanti anni di sacrifici.

La Scala Paradiso e mappa di Monte Sasso

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