Longobucco

Confine Italo-Austriaco
Valico internazionale del Brennero -anni 69/71
Com’era la vita in questo Reparto tra il servizio e il tempo libero
“ Finanziere, La Rosa, (cito un nome a caso), vai a vedere se sul treno merci nr 5719( nr. di fantasia), c’è l’ultimo carro in coda”. Questi di buon grado obbediva e si accingeva a verificare quanto richiestogli. Senza pensare che era un ordine assurdo. Certo che esiste sempre un ultimo carro in coda al treno merci! Questo era lo scherzo frequente che veniva messo in atto al “valico ferroviario”soprattutto di notte, nei momenti in cui vi era poco da fare. I poveri malcapitati erano quei finanzieri trasferiti da poco al Reparto.
Durante la mia permanenza al Passo del Brennero, quindi, ci sono stati anche momenti di svago e divertimento, nonostante il gravoso servizio cui eravamo sottoposti quotidianamente nei vari luoghi in cui eravamo demandati: valico stradale, ferroviario e riscontro. Il riscontro era eseguito appena fuori degli spazi doganali ed era esclusiva competenza della Guardia di Finanza, mentre gli altri erano in collaborazione con gli uffici doganali.
I turni al Valico erano abbastanza pesanti. Nell’arco delle 24 ore erano cosi distribuiti: 0/6, 6/12,12/18, 18/24 con 12 ore di riposo a distanza uno dall’altro. C’erano tuttavia momenti che per lenire le fatiche sopportate si architettava qualche scherzo. Quelli presi di mira maggiormente erano i nuovi arrivati.
In quel periodo, un personaggio singolare si aggirava a volte negli spazi doganali, facendo visita alla “Caina” che era in servizio.
La sua presenza era tollerata in quanto dava un momento di allegria e spensieratezza. La chiamavamo Maria “La Fulminata” e penso che coloro i quali sono stati al Brennero hanno avuto modo di conoscerla. Si diceva che fosse donna di “costumi abbastanza facili” ma non posso commentare e giudicare il suo comportamento. Quelle volte che ho avuto modo di dialogare con lei anche se teneva un atteggiamento frivolo e scherzoso, questo era sempre nei limiti della correttezza.
Devo riconoscere che i componenti di questo reparto svolgevano i loro compiti sempre con attenzione, abnegazione, competenza e molto senso del dovere. Nei miei turni di capo drappello dei servizi espletati ai Valichi sia stradale che ferroviario, non ho mai avuto nei confronti di questi militari problemi di ordine disciplinare. Rare volte gli Ufficiali dovevamo intervenire per infliggere punizioni. Avevamo anche frequenti ispezioni effettuate da Superiori comandanti di Gruppo e di Legione, sia di giorno che di notte. Ce n’era uno in particolare che non perdonava. Se non eri al tuo posto di servizio erano dolori.
Ho avuto occasione di trovarmi varie volte a patire le sue ispezioni. “Bene brigadiere come va”? “Comandante che vuole che le dica fa un po’ freddo”. C’erano dai 15 ai 20 gradi sottozero ed io ero in mezzo alla strada ad occuparmi dei controlli agli autotreni TIR, invece di stare dentro la garitta, riscaldata con una piccola stufetta a gas ma nonostante questo, i vetri erano ricamati dal gelo a causa della bassissima temperatura. Mi riferisco al posto particolare denominato “Riscontro”.
Chi è stato in quegli anni in Alto Adige sicuramente saprà di chi parlo.
Ricordo solamente di episodio occorso ad un mio collega vicebrigadiere. Uscito di pattuglia in perlustrazione nelle montagne circostanti al Brennero, subì un controllo dal nostro comandante di compagnia. Successe un qualcosa di anomalo, nel senso che se non ricordo male, non fu trovato nel posto in cui doveva essere ad un orario prestabilito. Per tale inottemperanza gli furono dati diversi giorni di C.P.R.(Camera di Punizione di Rigore). Questo gli causò un notevole ritardo nell’avanzamento al grado superiore. Rimase vicebrigadiere per diversi anni oltre il tempo stabilito per avanzare a brigadiere.
Ricordo invece, un altro momento, questa volta positivo, che accadde proprio nel periodo in cui ero in quel Reparto.
C’era un finanziere: Rosaci, non mi sovviene il suo nome, di origine calabrese che aveva un fiuto pazzesco nell’individuare merce occultata di contrabbando.
Una volta scoprì un autotreno TIR con un doppio fondo nel quale erano contenute sigarette di tabacco lavorato estero (t.l.e.). Successivamente individuò un intero vagone ferroviario sempre con merce analoga. Eppure di fronte questi risultati ottenuti era sempre al suo posto di servizio e lo assolveva con serietà, modestia e competenza, senza vantarsi dei significativi risultati ottenuti.
Eravamo costantemente impegnati, comunque avevamo anche le nostre ore di libertà
Al Brennero non è che ci fosse una grande attrazione o svago, tranne che entrare in uno dei pochi locali pubblici per prendere un caffè, qualcosa da bere o fare qualche spuntino. Se non ricordo male, il lunedì e il giovedì, c’era una specie di mercatino, frequentato specialmente da austriaci e tedeschi. Mi è rimasta impressa la colazione che facevano queste persone a base di cappuccino e affettati: salame, prosciutto o mortadella. Che dire questo tipo di colazione per noi italiani non è che piacesse molto, tuttalpiù la colazione la si faceva con brioche e cappuccino oppure con un caffè. Ma come dire, paese che vai usanze che trovi.
Tornando al nostro tempo libero, lo sfruttavamo scendendo dal Brennero nei paesi situati in fondo valle: Colle Isarco, Vipiteno, Fortezza, in Val Pusteria, a Brunico. A volte ci spingevamo fino a Bolzano distante circa 80 chilometri. Questo quando le condizioni climatiche lo permettevano in quanto durante i mesi invernali la neve scendeva copiosa ed era arduo affrontare la strada, anche se costantemente gli spazzaneve funzionavano regolarmente, spargendo il sale sul manto stradale.
Chi aveva la passione dello sci, specialmente nel periodo invernale, di solito raggiungeva una delle mete più vicine. Questa era la località sciistica di “Monte Cavallo” nei pressi di Vipiteno.
A me non tanto attirava il fatto di andare a sciare e quando riuscivo ad accumulare due giorni di permesso, prendevo la mia Fiat 1100R e andavo a Marghera (VE) a trovare la mia famiglia e i miei amici. Di solito partivo finito il turno 18/24. Dopo mezzanotte quindi mi mettevo in macchina e cominciavo a percorre la strada per arrivare a Bolzano, Trento. Lì mi immettevo nella statale 47 – Valsugana – attraversavo i paesi di Levico Terme, Borgo Valsugana, Bassano del Grappa, Padova ed infine arrivavo a Marghera, dopo quasi 5 ore di viaggio. A volte a metà percorso dovevo fermarmi per fare un pisolino per non andare fuori strada a causa di qualche colpo di sonno.
Di solito approdavamo a Vipiteno (Sterzing) in tedesco. Si andava a vedere qualche film al cinema e frequentare qualche locale dove si ballava oppure andare a mangiare qualcosa nei locali tipici altoatesini. Mi piaceva e mi piace tuttora gustare le uova con lo speck. Generalmente si scendeva in compagnia di qualche altro collega sottufficiale con i quali si aveva un rapporto di amicizia. C’era però una cosa strana che notavamo, l’assenza dei finanzieri nonostante anch’essi avessero i loro momenti di libera uscita. Ci ponevamo questa domanda : “ Ma dove va la «Caina» quando hanno i permessi?” Nel nostro gergo la Caina erano tutti gli appartenenti al nostro Corpo.
Ma scoprimmo l’arcano. Per svelarlo è necessario fare un passo indietro.
All’epoca in cui prestavo servizio, gli echi degli attentati terroristici, ancora non erano spenti. Si parlava spesso della tragedia avvenuta a Malga Sasso, un distaccamento nostro, proprio sopra le montagne del Brennero. Nell’esplosione avvenuta il 9 settembre 1966, alle ore 11.30 del mattino che distrusse la caserma, persero la vita,, il tenente Franco Petrucci, il vicebrigadiere Herbert Volgger e il finanziere Martino Cossu.
Nella soffitta della nostra caserma ancora erano piazzate le mitragliatrici ed i sacchetti di sabbia. La caserma era sorvegliata giorno e notte. Di notte una sentinella vigilava davanti al portone dell’edificio. D’inverno a causa del freddo intenso il suo equipaggiamento era: cappotto di scolta e scarponi adeguati, per non rischiare il congelamento dei piedi. Il turno durava solo mezz’ora.
In conseguenza di questa situazione, per noi appartenenti dalla Guardia di Finanza, ci era stato fatto divieto di espatriare in Austria. Non so da dove provenisse questa disposizione e chi l’avesse emanata, sta di fatto che per noi esisteva questo divieto ma non per i Carabinieri. Questa situazione non è che ci piacesse molto ma come militari dovevamo osservarla, pena qualche provvedimento disciplinare.
Fortunatamente con i Carabinieri preposti al controllo passaporti avevamo buoni rapporti e con qualcuno di loro avevamo instaurato un buon legame.
Accadde quindi che un brigadiere dell’Arma, con il quale avevamo fatto amicizia, invitò me e il collega Addari, mi pare che il suo nome fosse Igino, a fare un giro a Innsbruck, in Austria. Questa era una delle prime località oltrepassato il confine . Ci assicurò che non ci sarebbero stati problemi in quanto erano loro responsabili per il controllo all’espatrio. Siamo saliti quindi a bordo della sua auto in direzione dell’Austria. Dopo aver preso l’autostrada, attraversato il ponte Europabrucke, uno dei più alti di Europa, con i suoi 190 metri di altezza, siano giunti a Innsbruck. Era la prima volta che espatriavo e che mi trovavo in questa tipica cittadina, capitale del Tirolo Austriaco. Il collega carabiniere ci propone, come prima alternativa, di andare a mangiare al Wienervald il galletto con le patatine fritte, accompagnato da un bel bicchiere di birra scura. Questo era un locale molto rinomato. Abbiano accettato. La scelta è stata azzeccata perché non avevo mai mangiato una pietanza così gustosa. Dopo questo il collega carabiniere avanza l’idea di recarci allo Schindler, una discoteca che per l’epoca era molto frequentata. Una volta entrati, ecco scoperto l’arcano di cui avevo fatto cenno. Con nostra grande meraviglia mia e del collega, abbiamo constatato dove stava tutta la “Caina”. A ballare allo Schindler! Ci siamo guardati in faccia io e Addari increduli di fronte a quella apparizione. Il carabiniere, come se nulla fosse accaduto, non prese parte. Sicuramente era al corrente della situazione ma non ne fece cenno e non commentò. Ci siamo chiesti : “Ma questi qua in che modo e con quale stratagemma usano per espatriare, considerato i divieti che ci sono in atto. Ecco il motivo per cui a Vipiteno non si vedeva l’ombra di nessun finanziere. Molto probabilmente questi ragazzi con la compiacenza dei colleghi carabinieri o di qualcun altro loro amico, riuscivano ad espatriare, logicamente rischiando problemi di natura disciplinare ma tant’è che il segreto era stato svelato.
A mio rischio e pericolo, dopo quella volta ci sono andato ancora in Austria anche con la mia Fiat 1100R. Avevo scoperto un passaggio che dall’Italia portava in Austria. Anche a distanza di quasi cinquant’anni ho ritrosia a rivelare come eludevo i controlli all’ espatrio. Incoscienza giovanile? Magari le superiori gerarchie erano conoscenza ma lasciavano fare? Mah! Sta di fatto che non ero il solo, molti di noi si avventuravano, al di là del confine, finanzieri semplici e graduati. Comunque eravamo così accorti che per tutta la mia permanenza al reparto non successe mai nulla. “La CAINA!”
Mi piaceva troppo ritornare al Wienervald e gustare il pollo con le patatine fritte o fermarmi ai chioschi ambulanti e mangiare il panino con il wurstel alla senape o con lo speck, pane nero di segala e birra scura. Andare allo Schindler e trascorrere qualche ora in mezzo a tanta gioventù e fare incontri soprattutto con le ragazze . Nonostante i problematici rapporti con l’Austria non era difficile avere conoscenze femminili. Conosco colleghi che si sono uniti in matrimonio proprio con delle donne austriache.
Scherzo attraverso un falso fonogramma di trasferimento immediato al brigadiere Longobucco.
Varie volte con il collega Longobucco di cui non ricordo il nome ci fiondavamo in Val Pusteria nella cittadina di Brunico. Avevo fatto amicizia con questo collega anche lui sottufficiale, di origine calabrese. Il motivo per il quale ci spostavano a Brunico era perché lui proveniva proprio da quel reparto prima di essere trasferito al Brennero e quindi aveva ancora delle conoscenze, amici ed amiche che desiderava andare a trovare. Da solo non gli piaceva e chiedeva sempre la compagnia di qualcuno, me compreso.
Longobucco era una “macchietta” simpatico, allegro, disponibile e amico con tutti, al punto che una volta decidemmo di fargli uno scherzo. Fu scritto un falso fonogramma nel quale vi era indicato che il sottufficiale doveva essere trasferito con effetto immediato alla Brigata della Guardia di Finanza di Tubre, in Val Venosta, provincia di Bolzano, distante circa 170 chilometri e a due ore e mezza di automobile dal Brennero.
Letto il messaggio Il povero ragazzo non sapeva che pesci prendere, era sbigottito da quell’ordine. Dovette in fretta e furia raccogliere tutta la sua roba, metterla in valigia, nel baule, e caricarla nella sua auto. Salutò tutti gli amici, salì in macchina e stava per partire per la nuova destinazione quando lo fermammo, facendogli capire, che non era niente vero e che gli avevamo fatto uno scherzo, mostrandogli il falso fonogramma. Tutti quelli che stavano davanti al portone della caserma andati per salutarlo non finivano di sbellicarsi dalle risate, al punto che anche lui tralasciò tutta l’ansia che aveva in corpo e si mise a ridere, mandandoci tutti “a quel paese”.
Il momento di lasciare il Reparto per essere destinato ad altra sede è giunto dopo più di due anni di permanenza.
A distanza di circa mezzo secolo affiorano dai meandri della mia mente alcuni nomi dei centocinquanta componenti la Compagnia del Brennero tra finanzieri sottufficiali ed ufficiali. Brigadieri: Addari Igino, Sorgente, Cardinale, Feroce, Vezzali, Soro, Ausiello, Senatore, Lorenzi. M.llo capo La Franca Domenico. Finanzieri: Petrella, Angius, Amodeo, Gronchi Nirvo, Stano Claudio. Ufficiali: Cap: Stanca comandante la Compagnia, tenenti: Ferro, Scaramuzzino, De Martina.
Chiedo scusa per tutti gli altri che non ho nominato. Il tempo è tiranno. Come un manto di neve che copre le montagne intorno al Valico, lo stesso ha coperto anche i loro nomi dalla mia mente. Nel profondo del mio animo però ci sono tutti. Con loro ho condiviso sia gioie e spensieratezza giovanile che tristezza. Persone che hanno vissuto insieme a me momenti di vita singolare, sia per l’appartenenza alle Fiamme Gialle sia per aver condiviso con me il sacrificio di un lavoro importante, al servizio della collettività. Un doveroso ricordo anche a quelli che hanno dato la propria vita nell’adempimento del dovere.
Giuseppe Abbaterusso

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