Fine Corso

Il corso AA.FF – 31° Antelao,
che ho frequentato presso la Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo volge al termine. Nove mesi sono trascorsi dal 19 novembre 1963. Non è stata una passeggiata, si è dovuto lavorare parecchio con sacrificio e con notevole difficoltà ma non rimpiango nulla. A diciotto anni si sopporta il duro lavoro ma si ottengono anche soddisfazioni e la consapevolezza che quello che stai intraprendendo è un valore aggiunto alla personalità che andrà a formarsi nel corso della vita. Vengo catapultato in un mondo tutto nuovo, diverso da quello che mi sono lasciato alle spalle. Sento che la mia vita sta cambiando radicalmente. Da semplice studente con abitudini gestite in un certo modo, casa scuola, svago, cinema, festicciole con gli amici, diventano un ricordo, non dico un rimpianto, perché al Corso non mi sono certo annoiato, ma la nostalgia di quello che ho lasciato mi prende. Certo ci sono momenti di smarrimento, il cambiamento a volte non viene metabolizzato all’istante, ci vuole il suo tempo ma sento che la scelta che ho fatto è, per me la cosa giusta da fare. Nuove prospettive mi si presentano davanti, sono costretto a decidere in assoluta autonomia, non ho più il conforto della famiglia, nel fare o non fare determinate cose. Ho la sensazione che tutto questo mi sarà utile per formare il mio carattere.
Quello che ho appreso nell’aula di studio, nelle esercitazioni militari, nell’educazione sportiva, nella solidarietà verso i compagni mi ha certamente cambiato. Sono maturato al punto di sentirmi un’altra persona., Sono motivato e conscio delle responsabilità che mi carico con l’indossare questa uniforme.
Si sa che la disciplina militare è un modo di concepire certe regole che non sono quelle della vita civile e che bisogna adattarsi al cambiamento. Per questo non tutti sono capaci di sopportare.
Ho assistito, nei primi giorni di permanenza alla Scuola Alpina, alle rinunce di ragazzi che mal hanno sopportato le regole della vita militare. Non poter indossare gli abiti civili al proprio piacimento, l’obbligo di rispettare consuetudini, orari, comportamenti e soprattutto il doversi abituare al rispetto e agli ordini, molte volte anche banali, dei superiori e degli istruttori. Fai questo o quello, prendi questo, vai là, torna indietro, divieto di qua, stai fermo là. Essere limitati della propria libertà, non poter decidere di propria iniziativa, non poter andare in libera uscita od altro perché magari puniti per qualche irregolarità commessa. Tutto questo non da tutti è ben digerito. Siamo proprio gli ultimi della scala gerarchica chiunque ci può comandare.
Nonostante tutto ciò, prometto a me stesso di non voler rinunciare alla scelta che ho fatto. Dentro di me una voce mi dice di sopportare perché mi hanno insegnato che le più belle soddisfazioni vengono proprio dopo aver trascorso dure prove che ci aiutano a formare il carattere. La condizione del momento in cui mi trovo è appunto l’inizio di una scalata di vita, un trampolino di lancio e il mio impegno è quello di affrontare questa prova e non deludere, prima di tutto me stesso ed in secondo luogo la mia famiglia. Perciò accetterò con grato animo il cambiamento. Faccio tesoro delle nuove esperienze, capire veramente cosa significa il senso del dovere. La scoperta dell’amicizia con i compagni di corso, tutti accomunati nello stesso destino. Ne ricordo alcuni: Cretoni, Deci, Cianfrocca, Amato, Accili, Pegoraro, Rossi, Conti, Coronas, con le scuse per gli altri che al momento non riesco a focalizzare. Ragazzi provenienti da varie Regioni d’Italia e da varie estrazioni sociali. Tutti tesi al raggiungimento di uno scopo importante: la soddisfazione finale di indossare l’uniforme del Corpo della Guardia di Finanza. Organismo militare questo onorato e rispettato dalla parte onesta della società, per le sue funzioni, tese al rispetto delle regole del vivere civile e salvaguardia della collettività. Per me è grande soddisfazione ed orgoglio il fatto di poter indossare questa uniforme unitamente al cappello alpino. Quest’ultimo specialmente nelle zone alpine ai confini dello Stato e nelle rimanenti nostre amate montagne ha sempre suscitato una forte attrazione, sia per chi lo indossa, sia per chi lo vede indossato. Rappresenta una pietra miliare per la nostra tradizione militare, Simbolo di eroismo, di fatica, di sacrifici di amicizia e solidarietà.

Quello che ho riportato in questo scritto sono considerazioni personali avvenute quando avevo 18 anni. Immagino che molti giovani che come me hanno intrapreso questa carriera, alla conclusione dei corsi di formazione, abbiano pensato allo stesso modo. Sono convinto inoltre che coloro i quali faranno la mia scelta come quella di tanti altri, alla fine, nel loro intimo, sorgeranno le medesime aspettative che la grande famiglia delle Fiamme Gialle saprà elargire.

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