Lutto

Colombirolino
Lutto
A quel tempo si verificò un lutto in famiglia ad un componente del reparto. Se la memoria mi aiuta ricordo il suo cognome. Tuttavia per una questione di riservatezza qui metto un nome di fantasia: “Gianluigi”, credo che avessimo fatto il corso allievi insieme alla Scuola Alpina di Predazzo. Questo giovane finanziere, mio coetaneo, un giorno ebbe la brutta notizia della morte di suo padre, non so quale fu la causa del decesso. Gli fu concesso un breve periodo di licenza prevista in questi casi per partecipare alla cerimonia funebre.
La perdita di un congiunto è sempre un momento tragico nella vita di chi lo subisce. Chi viene colpito da un simile evento è come se una parte di sè stesso si unisce al congiunto. Il mondo sembra precipitare, non si capisce più nulla; è come vivere in un’altra dimensione, si perde ogni contatto con la realtà che ci circonda e ci si sente smarriti: A nulla valgono le parole di conforto dei parenti, degli amici, dei conoscenti. Sai che nei giorni a venire la presenza del proprio caro non esiste più. Il buio totale investe la tua anima. Difficile riprendersi da un tale dolore; tuttavia si deve avere il coraggio di continuare a vivere anche se sei cosciente che niente è più come prima.
Comprensibile quindi lo stato d’animo di Gianluigi al suo rientro al reparto. Egli era silenzioso e come smarrito, ma con una propria dignità; si vedeva sul volto la sua sofferenza anche se cercava in qualche modo di nasconderla cercando di riprendere il suo lavoro in un ambiente che non era certo tra i migliori, ma era necessario ritornare a vivere. Questo accadimento causò a tutti noi una profonda tristezza. Ognuno a proprio modo, cercava di trasmettergli fiducia e solidarietà. Capivamo che era difficile per lui riprendere la quotidianità in un ambiente poco confortevole quale era il nostro, ma nonostante la durezza di quello che ci attendeva, tra noi si era creato un buon rapporto. Direi che quasi era come una famiglia. Nei momenti di bisogno cercavamo sempre di dare un aiuto a chi ne avesse necessità.
Allo scadere del permesso Gianluigi dovette rientrare e riprendere la normale attività. Il solito monotono servizio di pattugliamento sia di giorno che di notte nei pressi del confine italo-svizzero. Lo scopo era sempre lo stesso: tutela delle leggi fiscali in vigore nel nostro Paese. Gli ordini di servizio erano oramai consueti: “perlustrazione con appostamento per la repressione del contrabbando in genere”.
Una notte dovetti uscire di pattuglia con questo collega. Dopo aver letto l’ordine di servizio che ci indicava i sentieri da percorrere e le località in cui avremmo dovuto sostare ci apprestammo a raggiungere il primo posto indicato nell’ordine. Qui dovevamo fermarci per circa due ore. Era notte, credo fossero l’una o le due. Sciogliamo l’unico sacco a pelo che avevamo in dotazione, lo stendiamo per terra e ci infiliamo tutti e due dentro, come di solito usavamo fare specialmente nelle notti autunnali o invernali, per ripararci dal freddo intenso della notte. Questo a dispetto del regolamento che ci impone di stare uno fuori di guardia e l’altro dentro il sacco a pelo, a turno, e di essere tutti e due svegli. Ci accordiamo invece di alternarci alla veglia. Prima devo farla io, poi tocca a lui. Allo scadere del tempo stabilito lo sveglio dicendogli: “Gianluigi il mio turno è finito, ora tocca a te. Qui mi sembra tutto tranquillo, alla fine del tuo turno svegliami che dobbiamo muoverci di qua per dirigerci in un altro posto” “Bene, ora tocca a me” disse. Ancora lo raccomando di non farsi prendere dal sonno, perché sarebbe stato un guaio se l’ispezione ci avesse trovato a dormire tutti e due. Si rischiava come minimo una grave punizione, se non di peggio, nei casi di addormentamento in servizio. A quei tempi le ispezioni erano ricorrenti e non pochi i casi di denunzie del genere da parte dei superiori gerarchici. Gli dico quindi di stare attento perché il “Capo” sovente gira di notte per ispezionare le pattuglie e non scherza in fatto di punizioni.
Da poco tempo infatti avevamo un nuovo comandante, un brigadiere. Questo era diverso dal precedente. Non si sa, quali fossero i motivi dal comportarsi diversamente dal suo precedessore. Quest’ultimo era sempre stato molto comprensivo con noi. Capiva quali erano le difficoltà che dovevamo affrontare in quel reparto e cercava di non fare pesare molto la sua autorità. Questo nuovo invece, che non voglio nominare, è apparso di altra opinione dimostrando meno confidenza nei confronti del personale. Sembrava abbastanza malfidente e sospettoso dei nostri comportamenti e pertanto operava diverse visite alle pattuglie dislocate nella circoscrizione di servizio di nostra competenza e se coglieva in difetto la pattuglia erano guai seri, perché applicava alla lettera il regolamento.
Di corporatura grossa, di statura sopra la media, arriva al reparto in sostituzione del suo parigrado in carica. Il suo sguardo mostra sempre una certa diffidenza nei confronti di chiunque, dal primo all’ultimo dei militari che sono alle sue dipendenze. Quando hai una conversazione con lui, sempre ti fa sentire a disagio, ti dà proprio la sensazione che devi stare attento da lui e che non devi commettere nessuna imprudenza perché non sarebbe perdonata specialmente se ti trovi in servizio. Si ha quindi la sensazione che in ogni momento ti voglia fregare. Non fidandosi quindi della correttezza del personale, è continuamente in giro di ispezione sia di notte che di giorno. Per controllare l’operato delle pattuglie. A volte mi chiedo: “Ma con quei piedi là, come hanno fatto ad arruolarlo.”. Si muove infatti come una “papera”. La sua camminata è proprio curiosa, classica di coloro i quali hanno i piedi piatti, con le punte rivolte all’esterno. Tuttavia a dispetto di queste critiche da noi fatte sul suo modo di camminare come un gorilla, riesce a muoversi nel bosco e a percorrere i sentieri senza far rumore. Te lo vedi apparire a poca distanza dal posto dove sei appostato di punto in bianco. Noi increduli dobbiamo essere sempre all’erta e mai scomposti se no sono guai. Si deve quindi stare attenti e con gli occhi aperti ad evitare di essere colti in atteggiamenti tali da dimostrare scarsa attenzione al compito che ci viene affidato. Siamo come presi da due fuochi: attenzione poiché non venga violato il confine con l’ingresso nel territorio italiano di merce di contrabbando o altro, attenzione nei confronti di eventuali ispezioni da parte dei superiori gerarchici. Un bel vivere davvero! Caspita!
Personalmente sono stato da lui sottoposto a svariati controlli ma fortunatamente non ho mai avuto problemi. Mi trova sempre abbastanza vigile in tutte le situazioni. Ho occhi e buone orecchie e sono sempre all’erta. Così che in un qualche modo acquisisce una certa simpatia nei miei riguardi, al punto che mi propone l’incarico della tenuta della contabilità vitto, in considerazione del fatto che sono anche fresco di studi.
Io rifiuto non perché non lo sappia fare, ma voglio avere, in un certo senso, una mia libertà. Una volta terminato il mio servizio voglio usufruire del tempo libero come mi pare e piace, considerato che poi tanto non ne abbiamo. Questi conti infatti devono essere sistemati quando non si è di pattuglia, ma rubati al tempo libero che ci spetta. Sinceramente questo stato di cose non è di mio gradimento.
Ritornando al nostro appostamento, dopo che indico le ultime raccomandazioni al mio collega Gianluigi, penso magari di schiacciare un pisolino, ma nel mio animo c’è sempre il pensiero di non mollare completamente ogni forma di attenzione. Penso magari sto qua cheto cheto, anche se tocca al mio collega stare sveglio. Mettendomi nei suoi panni, ho pensato: “Chissà in quale stato d’animo questa notte deve affrontare questo turno di servizio, visto che è appena tornato da casa, dove è stato per la cerimonia funebre del suo povero padre”. Sono situazioni spiacevoli e non certo si ha una predisposizione ad essere presenti ed attivi alle evenienze che si potrebbero presentare. Un lutto in famiglia è sempre una cosa grave, perdere un proprio caro incide notevolmente sul proprio animo e la mente a volte si perde, nei ricordi, nelle sensazioni, di tutta una vita. Comunque, assorto in questi pensieri, lentamente il sonno prende il sopravvento e credo proprio di essermi addormentato.
Non so quanto tempo sia passato, ma ad un certo punto, mi sento strattonare più volte: “Caspita questo è Gianluigi che mi sta chiamando per avvertirmi che è già ora di cambiare sede di appostamento; come è trascorso veloce il tempo dormendo!” Apro gli occhi e con mia grande meraviglia chi ti vedo che mi sta davanti, con un sorriso beffardo, a poca distanza dalla mia faccia?, Si proprio lui, il comandante. Ahi! Ahi!, che bella fregatura, innanzitutto che figuraccia che abbiamo fatto. Il collega si era addormentato anche lui e ci siamo fatti sorprendere come due allocchi. Oramai la frittata è compiuta. Ora non resta che aspettarne le conseguenze. La prima cosa che dice il superiore è stata questa: “Adesso finite il vostro turno, al rientro, mi presentate le vostre giustificazioni.” Poi ci chiede il nostro foglio di servizio per apporre le annotazioni di rito, al che io penso: “ Ora metterà là nero su bianco la nostra negligenza”. Dopo averlo riconsegnato a me in qualità di capo pattuglia riprende il suo cammino. Io per curiosità riapro il foglio e guardo l’annotazione. Per fortuna non vi era cenno di quanto accaduto, aveva apposto soltanto la data e l’ora della visita. Già questa cosa era un fatto positivo. Restava sempre che avremmo dovuto scrivere le nostre giustificazioni una volta giunti al Reparto.
Mi rivolgo a Gianluigi e gli dico: “Mannaggia come siamo stati cosi imbecilli da farci sorprendere.” Non ho avuto il coraggio di incolparlo visto che avrebbe dovuto stare sveglio, ma in considerazione del suo stato d’animo, proprio non me la sono sentita di riprenderlo. Posso capire cosa aveva ancora nel suo animo il povero Gianluigi, la perdita di un caro congiunto, il padre, è un dolore forte, triste, sono momenti della vita molto tristi e quindi da parte mia non ho avuto il coraggio di inveire contro di lui.
Il comandante, da parte sua, seppur nella severità e pignoleria che lo contraddistingue limita la punizione ad una semplice “consegna”. In pratica ci ha privato di due giorni senza poter ottenere permessi per andare in libera uscita. Ha dimostrato in questo caso di aver anche lui un’anima .
Questa avvenimento ci è servito però di insegnamento al punto che non mi sono fatto più prendere in difetto, conscio delle conseguenze che sarebbero sorte se avessi mancato ancora.

Colombirolino-Scala del Paradiso
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