Persi tra le montagne

  1. 31° corso Antelao – Scuola Alpina G.di F. Predazzo anno 1963/64
  2. Persi tra le montagne intorno a Predazzo

Come ogni sabato la Compagnia di buon mattino si accingeva a fare la solita passeggiata tra le montagne che circondano il paese di Predazzo. Direi che proprio passeggiate non erano ma si trattava di vere esercitazioni di marcia in montagna. Equipaggiati di tutto punto: zaino, scarponi, fucile mitragliatore, tuta da esercitazione, berretto norvegese, che nel gergo militare veniva chiamato “berretto alla stupida”, forse perché, era il copricapo da lavoro che si indossava nelle esercitazioni o nei lavori interni alla caserma: piantone, pulizie varie delle camerate, dei corridoi, dei bagni ecc. Aveva due copri orecchie che in caso di freddo intenso si sbottonavano e si abbassavano e la classica visiera, ma era tutto di tessuto che si abbinava al colore della tuta e dell’abbigliamento da lavoro.
Bene dopo il rituale alzabandiera e la solita colazione, ci mettiamo in cammino. Oramai era diventata una consuetudine settimanale, abbastanza faticosa ma sia io che i miei compagni ci avevamo fatto l’abitudine, tanto che si affrontava la fatica in allegria e spensieratezza. In genere il tempo impiegato si aggirava intorno alle 3 o 4 ore di cammino, intervallati da brevi periodi di sosta.
Eravamo agli inizi di primavera, la giornata era bella, il cielo sereno, l’aria era fresca, pulita e frizzante, ti riempiva i polmoni e ti faceva inoltre arrossare le guance e la punta del naso. Il paesaggio circostante era da cartolina: a perdita d’occhio boschi di pini ed abeti, ruscelli d’acqua limpida, cime di monti innevati, prati verdi. Invogliava proprio di mettersi in movimento.
Chi ci guidava, era il nostro Capitano comandante la Compagnia, a cui era demandato il compito di condurci nei punti prestabiliti, come indicato nella carta topografica in suo possesso.
I luoghi che attraversavamo erano davvero da contemplare. Ogni volta era un percorso diverso dal precedente. Personalmente gustavo quei momenti e nonostante la fatica con passo sicuro e tranquillo percorrevamo chilometri, tra una battuta scherzosa e l’altra con i compagni vicini.
Ogni tanto ci veniva ordinato di fare una sosta, per un breve periodo di riposo, bere o mangiare qualcosa e poi di buona lena, si riprendeva fino a che non giungeva il momento di rientrare alla Scuola, sicuri che la strada di rientro non recava problemi di percorso. Il tratto finale a prescindere dalle direzioni che prendevamo era oramai noto a tutti.
Quel giorno però non andò così, ci smarrimmo in mezzo ai boschi. Il nostro Comandante non fu capace di ritrovare i sentieri che ci avrebbero permesso di rientrare alla base. Non si capisce il motivo, o cosa accadde alla nostra guida di smarrirsi. Imboccavamo sentieri sbagliati e invece di avvicinarci, ci allontanavamo sempre di più.
Diciamo per l’orgoglio, questo Capitano non volle l’aiuto di nessuno dei suoi istruttori. Questi, magari, avrebbero saputo meglio leggere la carta topografica. Sta di fatto che fece tutto di testa sua, con il risultato che perse totalmente l’orientamento.
Cammina di qua e di là, intanto il tempo previsto per il rientro era trascorso da un bel pezzo ma lui si era intestardito e non voleva ammettere di aver perso l’orientamento. Intanto alla Scuola si stavano preoccupando, venimmo a sapere dopo che stavano organizzando delle squadre per venire a trovare questa Compagnia, persa nei boschi circostanti.
Anche noi, in un primo momento, avevamo preso il fatto, come una cosa di poco conto ma col passare del tempo e la fatica che si faceva sentire, cominciammo a preoccuparci. Salite, discese, torna indietro, no vai avanti di qua, gira per questo sentiero, vai da questa parte, ma la strada che ci avrebbe portato a casa ancora non la si trovava. I miei piedi bollivano e si erano formate le vesciche e facevo sempre più fatica a camminare.
Quasi tutti ci trascinavamo e non avevamo più tanta voglia di scherzare. L’allegria e lo scanzonamento iniziale stava a poco a poco scomparendo dai nostri volti. Il Capitano era su tutte le furie, si era irrigidito e non chiedeva aiuto ai suoi collaboratori che, inermi ed impotenti sul da farsi, dovevano seguirlo, per tutti quei sentieri sperduti nel bosco. Normalmente il tempo che ci si impiegava per questo tipo di esercitazione era dalle tre alle quattro ore al massimo. In genere per il pranzo delle ore 12.00, eravamo sempre al rientro, ma questa volta già si erano fatte le 14.00 e ancora non si riusciva a trovare uno spiraglio in mezzo a quelle montagne.
Finalmente dopo aver studiato a fondo la carta topografica il Capitano riuscì a individuare il percorso giusto, tramite un sentiero che ci avrebbe portato velocemente al rientro. La scena che si presentò al nostro ingresso alla Scuola era a dir poco sconcertante, chi zoppicava, che imprecava sottovoce, chi non vedeva l’ora di togliersi i vestiti di dosso e soprattutto gli scarponi talmente i piedi erano malandati.
Dopo una veloce doccia, andammo a pranzo che trovammo freddo, ma la fame era talmente tanta che tutto andò giù senza problemi. Dopo ci concessero qualche ora in più per il necessario riposo.