Stanotte ti guido io

6^ Legione Guardia – Como – anni 1964/1967

Brigata di Colombirolino

Dopo aver letto, le imprese pubblicate nel bel libro di Mario Toncelli, mi sono sentito un “pigmeo”, in confronto alle gesta compiute dalle Fiamme Gialle, nei posti descritti nell’opera. Tuttavia nel periodo in cui sono stato da quelle parti, nel mio piccolo, ho dato anch’io, un contributo alla lotta al contrabbando, al punto che ho voluto ricordare quei momenti con questo racconto.

Mi accingo ad uscire in pattuglia con il collega De Giuseppe, (non ricordo il nome). Lui è nuovo del reparto, proveniente da un’ altro posto di confine, che rimpiange. Ritrovarsi in questa nuova assegnazione lo demoralizza un poco. Racconta infatti che l’ambiente da dove proviene è molto diverso: i contatti con la gente, con gli stessi superiori, sono di gran lunga migliori di quelli trovati qui. Nonostante tutto questo, deve necessariamente essere disponibile per il nuovo incarico. Ha qualche anno di servizio più di me, in questi posti, conta molto La sola differenza anche di mesi, fa sì che si deve rispettare l’anzianità, tant’è che viene nominato capo pattuglia, anche se al reparto io ci sono da più tempo di lui. Come persona non è un cattivo ragazzo, non è arrogante né presuntuoso e non fa pesare la sua condizione. Abbiamo fatto anche amicizia, ci rispettiamo ma ha sempre un poco di nostalgia del posto che ha lasciato.
Aperta la busta contenente l’ordine di servizio si appresta a leggerlo: “Perlustrazione con appostamento per la repressione del contrabbando in genere. Orario: 22/04, con la descrizione delle località da sottoporre a controllo e l’indicazione del tempo di permanenza. Come ultima destinazione, vi era indicato un posto che non ricordo di preciso ma potevamo vedere i bagliori della dogana di Ponte Chiasso. Si raggiungeva percorrendo i sentieri: “vipere”, “dell’uomo morto” ed altri che non ricordo. Nomi abbastanza lugubri. Immaginate a percorrerli di notte in mezzo alla boscaglia che bell’effetto! Comunque, col trascorrere dei mesi, ci avevo fatto l’abitudine e mi muovevo con facilità anche di notte.
Data lettura all’ordine di servizio, De Giuseppe mi dice:”Mamma mia che incarico abbiamo da svolgere stanotte!: “Senti… io sono nuovo di qua e devo affidarmi alla tua esperienza per raggiungere questi posti” Va bene rispondo:
“Ti guido io stanotte”.
Prendiamo la nostra roba consistente in un sacco a pelo per due, ci viene consegnato ad ognuno il moschetto mod. 91 prelevato dall’armeria e caricato con pallottole a mitraglia più la nostra arma di ordinanza, pistola automatica Beretta calibro 9 corto. Arma questa che il regolamento ci impone di portare sempre con noi, anche quando dovremmo essere fuori servizio. Un commento sul sacco a pelo. Anche se il regolamento dice che abbiamo facoltà di usarne uno ciascuno, chissà chi ha emanato una disposizione interna al reparto che ne permette l’uso di uno solo. La risposta è semplice, il Comando teme che se ci infiliamo dentro in ognuno, esiste il pericolo che ci addormentiamo entrambi, a scapito del controllo che si deve compiere. Detto questo ci apprestiamo a fare il nostro lavoro. La notte appare tranquilla, sino al momento di effettuare l’ultimo appostamento ma mentre ci incamminiamo per raggiungerlo, ho come un presentimento, mi rivolgo al collega e gli dico: ”Ho la sensazione che qui debba accadere qualcosa. Sento che, con ogni probabilità, ci sia del movimento e poi sembrerà inverosimile ma quando arriva al reparto uno nuovo, sempre accade che si sequestra della merce di contrabbando. Con molta probabilità, potrebbe accadere anche stanotte”. Lui si fa una risatina e mi dice che anche da dove proveniva ricorreva il medesimo pensiero. Gli dico : “Sai cosa dobbiamo fare? Invece di andare a metterci al solito posto, perché non cambiamo? Ci spostiamo di qualche metro nascondendoci al di sotto del sentiero invece di stare di sopra. Separiamoci, ma teniamoci ad una distanza di sicurezza, in modo di riuscire a comunicarci a voce, considerato che non siamo dotati di apparati ricetrasmittenti.” Lui annuisce, confermandomi che andrà a sdraiarsi poco più avanti.
Deciso il da farsi, ognuno di noi va a posizionarsi, dove era stato stabilito.
Il tempo trascorre lentamente, non fa freddo, il cielo è limpido, ci troviamo a poca distanza dalla rete fiscale che separa la Svizzera dall’Italia. Guardando sotto di noi si intravedono le luci del valico internazionale di Ponte Chiasso. Noi siamo abbastanza alti, sulla costa della montagna e nelle nostre orecchie arriva impercettibile il frastuono del movimento dei mezzi che attraversano la frontiera, in entrata ed in uscita, dalla Stato. Ad un certo punto, comincio ad avvertire dei rumori, tendo bene l’orecchio e sento proprio il calpestio dei passi di persone che si stanno avvicinando al confine. Considerata l’ora di notte e il luogo in cui ci trovavamo, non ci vuole nulla a capire che sono proprio gli “spalloni”, (così vengono chiamate le persone che attraversavano il confine con sacchi di sigarette sulle spalle). Essi si apprestano ad effettuare il “passo”, in gergo è la traversata dalla Svizzera nel nostro territorio, con il loro carico, dopo essersi sincerati che la zona è libera da controlli. La tecnica che usano, quando si accingono a portare fuori dal confine svizzero sigarette di contrabbando, consiste in una preliminare perlustrazione del luogo di attraversamento, per sincerarsi che nessuna pattuglia si trovi nei paraggi, poi ad ogni certa distanza del sentiero che devono percorrere, mettono uno di loro a fare da “palo” per segnalare eventuali pericoli.
“Ci siamo”, penso, questa notte è buona per sequestrare le sigarette. Spero che non ci scoprano. Come in effetti è stato, la mia idea ha funzionato, loro infatti sono andati a guardare nel posto, dove di solito la pattuglia si posiziona, quando va in appostamento in quella zona e non avendo trovato nessuno, hanno dato inizio alle operazioni. Questo è un momento davvero critico e anche di una certa pericolosità, si tratta di intervenire di notte, in mezzo ad un bosco, per reprimere un’azione illecita solo noi due, contro una probabile decina di persone. Generalmente tra noi e i contrabbandieri, a quel tempo esiste come un codice di comportamento, nel senso che è difficile arrivare ad atti violenti. Se loro vengono scoperti abbandonano il carico e si danno alla fuga senza reagire. La legge ci impone di procedere al loro fermo ma non è facile, è gente che conosce i luoghi perfettamente perché in genere sono persone che abitano nei dintorni e si guadagnano da vivere facendo questa attività. Per noi, già è una soddisfazione giungere in caserma, con un carico di sigarette sequestrato. Ci dà prestigio ed una certa invidia da parte dei colleghi, quindi evitiamo nei limiti del possibile, di procedere al fermo di persone, se non proprio in casi eccezionali.
Intanto il primo spallone è già entrato nel territorio italiano, lo vedo passare ad una distanza di qualche metro sopra di me, io sono sdraiato a pochi passi da lui, ma non si accorge di nulla, lo lascio passare, il metodo è quello di farli entrare quanto più possibile in modo da fermare più bricolle. Non è facile, ma si tenta sempre questo espediente. Arriva il secondo, decido di uscire alla scoperto e di mettermi dietro di lui seguendolo come un’ombra. Il sacco che ha sulle spalle gli impedisce di vedermi e non si accorge che lo pedino.
Per evitare di fare dei movimenti sbagliati, quasi divertito, sincronizzo il mio passo al suo, come quando ci si addestra in piazza d’armi per le parate militari. Camminiamo in questo modo per un buon tratto di sentiero. Nel frattempo altri sono usciti e si trovano in cammino tra me e il collega che sta appostato dietro e sicuramente anche lui, si è accorto del movimento e aspetta un mio cenno per intervenire. Ma io ancora non mando alcun segnale, continuo a seguire lo spallone. Ad un certo punto, del percorso, ecco che intravedo nell’oscurità una persona, vicino o addirittura appoggiata ad un albero, è il “palo”. Sicuramente è posizionato là apposta, per segnalare eventuali nostre presenze. Continuando a camminare mi avvicino a lui e lo supero, vedo che lui gira la testa, dice qualcosa in dialetto stretto della zona, all’uomo che io sto pedinando, intanto mi osserva perplesso, sbigottito, ma in un primo momento, non capisce chi possa essere questo individuo che cammina dietro al suo compagno, senza alcun carico. Dopo qualche metro, però, sento che comincia a gridare segnalando il pericolo. Oramai siamo scoperti e dobbiamo intervenire segnalando la nostra presenza. Si verifica un fuggi fuggi generale, ma qualcosa viene abbandonato per terra prima di scappare. L’uomo che pedino si sbarazza del carico e fugge via precipitosamente. Io per il momento lascio la bricolla per terra e mi preoccupo di andare di corsa a dare aiuto al collega che nel frattempo è intervenuto anche lui. In questa fase concitata, riusciamo a recuperare nel buio della notte, tre bricolle di sigarette di contrabbando del peso di 20 Kg. ciascuna. Non è il massimo, ma bisogna considerare che siamo solo in due, senza l’ausilio del cane, e che il collega è in uno dei suoi primi servizi intrapresi in questo reparto. Non è ancora pratico dei sentieri e quindi deve muoversi con una certa cautela, per non cadere in qualche buca o sbattere contro qualche ramo o albero e ferirsi. Non sarebbe stata la prima volta che rientriamo con contusioni e graffi su tutto il corpo ma per fortuna non gravi. Io forse meglio di lui in questo frangente sono più abituato ad agire di notte in mezzo a quel bosco ed a quei sentieri. Lo raggiungo e gli chiedo come è andata. Lui tra l’eccitazione e la gioia di avere fermato il suo primo carico mi dice: ”Bene, bene, mi hanno mollato qua due sacchi.” “Allora ritorno a prendere l’altro”, gli dico, sperando di ritrovarlo in questo buio. Infatti è ancora là. Beh! Tutto sommato il nostro risultato di servizio quella notte lo abbiamo fatto. Dico a De Giuseppe: “ Hai visto? Che avevo ragione? La mia sensazione era giusta? Tu stanotte hai portato fortuna, ma anche noi ce la siamo procurata, perché se ci posizionavamo ai soliti posti, quasi sicuramente, ci avrebbero scoperto e non sarebbero passati dalla nostra parte.” Lui sprizzava contentezza da tutti i pori della sua pelle. Mi dice: “ Capperi avevi ragione”.
Certo che in qualità di capo pattuglia e responsabile del servizio ebbe il plauso di tutti i colleghi e del comandante. Tuttavia, dopo quella volta, per tutto il tempo della nostra permanenza al reparto, ebbe nei miei confronti. una sorta di ammirazione e di rispetto. Sempre ricordava quell’episodio apprezzando in me l’inventiva e il modo coraggioso con cui l’avevo portato a termine.

Nelle foto:
Foto a sx : vb. Cagnazzi, fin. Amato ed io davanti alla caserma e sotto alcuni sacchi di sigarette di contrabbando sequestrati. Le cosiddette “bricolle”.
Foto a dx: In piedi da sinistra: De Giuseppe, IO, Leone Vincenzo, Cardinale, dietro c’è Ottavviani. Quello davanti a lui non ricordo come si chiama. Il sottufficiale seduto e’ il vb Cagnazzi.
Se qualcuno avesse notizia di questi colleghi gradirei conoscere i loro recapiti.

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