Stanotte le prendi

Confine Italo-Svizzero anni 1964/1967
Brigata di Colombirolino

Dalla Scuola Alpina al primo reparto di frontiera
O fai come ti dico io oppure stanotte “le prendi!”.
Queste furono le parole di un compagno di pattuglia, che mi disse, mentre eravamo comandati di perlustrazione con appostamento per la repressione del contrabbando, in un turno di notte, presso la Brigata Frontiera della Guardia di Finanza di Colombirolino, sotto il comune di Cavallasca, in provincia di Como.
Che dire, non sempre sei in pattuglia con colleghi con i quali vai d’accordo.
Tuttavia è stata la prima ed unica volta che mi è accaduta una cosa del genere. Sono sempre andato d’accordo con il compagno con il quale uscivo in pattuglia.
L’affermazione del collega mi causò un certo disgusto. Rimasi pietrificato dalla sua reazione. Avevo solamente cercato di suggerirgli l’itinerario da intraprendere per effettuare la perlustrazione in quanto ero più pratico di lui nel conoscere la circoscrizione perché da più tempo mi trovavo in quel luogo. Lui era giunto al reparto da poco e pensavo di essergli utile nel consigliarli quale era il miglior percorso da fare. Invece la sua fu una reazione strana, per me incomprensibile.
Se avesse messo in atto veramente l’intenzione di bastonarmi non so come sarebbe finita.
In me sarebbe scattata la molla di autodifesa. In quel momento mi sono visto quando da ragazzo sempre facevo a botte anche con quelli anche più grandi di me, senza paura, allorquando vedevo mettere in atto delle prepotenze. Non le sopportavo. Se erano rivolte a me, cercavo di difendermi, se erano rivolte a qualche compagno più debole, prendevo le sue difese.
Spesso e volentieri rincasavo con la testa sanguinante a causa di questi episodi.
Fortunatamente quella notte non accadde questo. Alla fine del servizio rientrammo senza che lui mettesse in atto quello che aveva minacciato.
Questo finanziere era da poco giunto al reparto e ancora non avevo familiarizzato ma dimostrava un comportamento strano, anche con tutto il resto dei componenti del reparto.
Accadeva spesso che venissero trasferiti elementi puniti in altri posti ai quali era stato assegnato l’anno di “esperimento”. Pensai ad una cosa del genere anche a suo carico. Questo elemento era taciturno e non si confidava con nessuno. Probabilmente aveva qualche problema e non gradiva parlarne.
In merito a ciò, penso che scatenò parte delle sue rabbie, nei miei confronti, in quella notte in cui eravamo insieme di pattuglia.
Certo che sarebbe stato problematico andare in servizio con tale elemento ma il caso volle che dopo poco tempo fu trasferito ad altro reparto. Non ricordo il suo nome e se lo avessi saputo sicuramente lo avrei rimosso della mia mente.
Questo episodio, accadde al mio primo reparto che mi fu assegnato, dopo aver terminato il corso di allievo finanziere presso la Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo, nel lontano 1964.
Approfitto per narrare qui di seguito l’iter che mi ha condotto a tale reparto.
Dopo nove mesi di corso mi trovo assegnato alla 6^ Legione – della Guardia di Finanza di Como. Se non ricordo male ci giunsi nel mese di agosto. In attesa di conoscere la destinazione definitiva io, più altri colleghi ci alloggiano, per tre giorni, presso il comando compagnia di Cernobbio. All’epoca era comandata dal capitano Domenico Gaddoni. Questo ufficiale lo ritroverò nel corso della mia carriera, come comandante di nucleo pt e successivamente comandante di gruppo della G. di F. di Brescia con il grado di tenente colonnello.
Questi tre giorni sono stati per noi come una vacanza inaspettata. In attesa dell’assegnazione del reparto ci hanno dato la possibilità di scoprire le bellezze del Lago di Como.
Per noi è stata una bella e gradevole esperienza.
Ho avuto occasione di apprezzarlo ulteriormente quando dopo alcuni anni di servizio fui trasferito alla Brigata di Bellagio. Ancor oggi ho impresso nella mia mente dei bei ricordi dei momenti vissuti in quel reparto.
Non ricordo se queste passeggiate le facevamo in abiti borghesi oppure anche in uniforme col cappello alpino.
A proposito di questo copricapo devo fare alcune considerazioni. Alla Scuola Alpina era d’obbligo indossarlo nei momenti di libera uscita, nelle occasioni ufficiali ed altre occasioni. Faceva parte integrante della nostra uniforme. Purtroppo il magazzino vestiario, responsabile della fornitura del nostro equipaggiamento, ci aveva consegnato un capo di vestiario non per nulla soddisfacente ai nostri desideri. Sembrava una padella scalcinata. Per cui, in armonia con i militari presenti alla Scuola, istruttori, ufficiali ed altri che avevano un bel copricapo che calzava a puntino, anche noi avevamo provveduto ad aggiustarlo secondo le nostre misure. Per fare questo ci siamo avvalsi di persone che a Predazzo lo sapevano fare. In questo modo, anche noi eravamo in grado di indossare un capo, veramente in linea con le nostre esigenze. Questo, secondo noi allievi, dava un tocco di eleganza, alla nostra divisa. I superiori non obiettavano, ci lasciavano fare queste modifiche.
Era giunto il giorno che tutti i finanzieri provenienti dalla Scuola Alpina i quali erano stati assegnati alla Legione di Como, dovettero essere presentati al cospetto dal Comandante. All’epoca il colonnello Fausto Musto.
Tutti schierati nel salone del Comando attendevamo la sua apparizione per i discorsi di circostanza.
Di li a poco si presentò e fummo costretti ad assistere ad un increscioso episodio. Ancora prima di darci il benvenuto fece un bel “cazziatone” all’ufficiale che ci aveva accompagnato. Era un capitano di cui non ricordo il nome. Il motivo? Ebbene al Colonnello non piacque il nostro cappello alpino, così come era stato amorevolmente aggiustato e come si usava tenerlo a Predazzo.
“Capitano porti via questa gente e faccia cambiare immediatamente i cappelli a questi finanzieri e presentatevi a questo Comando dopo averlo fatto.”
Restammo allibiti sia noi che il capitano che non sapeva che pesci prendere, dopo questa sfuriata ricevuta dal Colonnello.
Così di buon grado il mattino successivo, si dovette andare al magazzino vestiario, ove fu provveduto a ricevere le nuove “padelle” come da volontà del Colonnello.
Trascorsi i tre giorni alla Compagnia di Cernobbio, ci vennero comunicati i reparti da raggiungere al fine di iniziare finalmente il nostro servizio.
A me unitamente ad altri tre o quattro, non ricordo esattamente tutti i nomi, mi vengono in mente solo quelli di Amato e Accili Roberto, ci assegnarono la Brigata Frontiera di Colombirolino. Questo reparto si trovava sotto il comune della cittadina di Cavallasca in provincia di Como.
Ecco quindi che mi trovo ad operare al mio primo reparto dopo essere uscito dalla Scuola Alpina.
La permanenza di questo luogo non fu certo dei più idilliaci. La caserma si trovava proprio a ridosso della rete fiscale di confine tra la Svizzera e l’Italia, in mezzo ad un bosco dove tutto attorno vi era il nulla. Per poter raggiungere il luogo bisognava percorrere, a piedi, un tratto i sentiero di circa un chilometro partendo dal paese di Cavallasca.
L’immobile non era certo un albergo: letti a castello, pavimento in assi di legno, privo di armadi. Il riscaldamento era costituito da una semplice stufetta a gas. Il reparto era composto da circa 20 componenti tutti finanzieri giovani più un comandante: un brigadiere coadiuvato ed un vicebrigadiere.
Nonostante tutto questo aspetto negativo, dovetti intraprendere l’attività di servizio che consisteva esclusivamente a contrastare soprattutto il contrabbando di sigarette (t.l.e) tabacco lavorato estero oltre ad altri generi: saccarina, preziosi, accendini, orologi, ecc.
La circoscrizione era abbastanza ampia, non ricordo esattamente la sua dimensione. A Nord, confinava con il reparto di Maslianico, a Ovest con quello di Parè e a Sud c’era la cittadina di Cavallasca.
Nel pattugliare la circoscrizione si procedeva esclusivamente a piedi percorrendo vari sentieri i cui nomi a volte erano abbastanza lugubri: sentiero delle vipere, dell’uomo morto e così via.
Uscivo in servizio sia di giorno che di notte, sotto la pioggia, la neve. Sempre in armonia con il mio compagno di pattuglia. Unico caso negativo fu quello qui narrato. Scherzavamo, rosicavamo, ma quando c’era da fare sul serio, affrontavamo qualsiasi imprevisto. Con i miei colleghi ci confortavamo a vicenda cercando di esorcizzare momenti difficoltosi. Dovevamo infatti essere sempre attenti, a contrastare sia il contrabbando, che le numerose ispezioni effettuate dai superiori gerarchici, cercando di evitare le punizioni che comminavano frequentemente, a volte anche per piccole mancanze.
Nonostante tutto ciò i mie compagni ed io animati dagli insegnamenti ricevuti alla Scuola Alpina non vedevamo l’ora di metterci in gioco. Dimostrare le nostre doti, le nostre capacità, sia personali che quelle ricevute al reparto d’istruzione. Nel nostro operare saltava fuori: il coraggio, la pazienza, la sopportazione, il sacrificio, il temperamento, l’audacia, l’onestà, la correttezza. Gli ideali di un giovane finanziere, fiero di indossare l’uniforme e appartenere a questa Famiglia, quale era ed è la Guardia di Finanza.

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