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Tempo di Cambiamenti

Tempo di cambiamenti
Finalmente dopo 13 anni trascorsi con il grado di brigadiere, un po’ tanti, ottengo la nomina a maresciallo. Il ritardo è a causa del rifiuto di sottopormi ad esami per avanzamento a scelta.
All’epoca c’era questa prerogativa che consisteva nella possibilità di fare un esame dopo 4 –6 anni di permanenza nel grado da brigadiere, che una volta superato si poteva ottenere il grado superiore di maresciallo ordinario. Perché farlo? Ho pensato.
Dopo due anni di frequenza alla Scuola Sottufficiali anziché uno come erano i precedenti corsi si pretendono ancora esami per passare di grado? Ero convinto che il passaggio fosse meno lungo e che sarei arrivato alla nomina in tempi brevi.
Le mie previsioni invece furono del tutto errate e dovetti sorbirmi questa lunga attesa. L’anno dopo l’Italia vince i mondiali di calcio disputati in Spagna. Ricordo ancora la soddisfazione del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, mentre esulta alle reti segnate dalla squadra italiana. L’intero Paese è in festa. Il terzo titolo mondiale viene vinto dopo moltissimi anni di assenza. La vittoria ci mancava dal lontano 1938.
Il 1982 è l’anno in cui ottengo il diploma di“Ragioniere”. Per me è stata una grande soddisfazione. Una rivincita soprattutto contro me stesso. Quello che non ero riuscito ad ottenere quando ero giovane studente l’ho realizzato in questo anno frequentando i corsi serali, anno per anno, dalla prima classe sino agli esami di maturità. Per riuscirci non è stato facile.
Avevo ripreso la frequenza del terzo anno qui a Brescia in seguito ad interruzione avvenuta a causa del mio trasferimento da Gorgonzola. E’ stata abbastanza dura. Già a Brescia avevo dovuto interrompere la frequenza a causa di problemi riguardanti l’attività di servizio. Sembrava che il Comando facesse in modo di impedirmi di frequentarlo.
Ero assegnato di continuo in sezioni in cui non esisteva un orario fisso di lavoro. Si doveva intervenire ad ogni ora del giorno e della notte e questo pregiudicava la mia frequenza al corso al punto di doverlo nuovamente interrompere. Per orgoglio non avevo rappresentato mai al Comando la mia esigenza. Avrei potuto chiedere una sede di sezione con orari normali di ufficio tali da permettermi di potermi recare alle ore previste all’Istituto Ragionieri.
Finalmente vengo assegnato alla sezione “Schedario” dove gli orari sono d’ufficio e quindi ho la possibilità di iscrivermi nuovamente e questa volta di portare a termine il corso sino agli esami di maturità. Ricordo ancora quei giorni, l’ansia e lo stress dell’attesa, come un giovane studentello, della prova scritta di italiano e quella di ragioneria e dopo quella degli orali.
Avevo scelto come materie da portare agli esami orali:italiano e scienza delle finanze, materia quest’ultima pe r me abbastanza facile considerato il lavoro che facevo. Gli esami orali andarono più che bene anzi ho avuto anche i complimenti dei professori della commissione specialmente quando sono stato interrogato in “scienza delle finanze”. Mi ero preparato sull’argomento un po’ ostico per gli altri miei compagni. Lo studio era imperniato su nozioni riguardanti la materia del“Catasto”.
Particolare pubblico registro dove vengono annotate tutte le abitazioni e i terreni di una zona, con le loro caratteristiche: cubatura, numero dei vani, valore, zona catastale e così via. Come è strutturato, e l’utilizzo da parte del pubblico. La conoscenza della catalogazione dei terreni dei fabbricati, dei mappali, del classamento, del regime fiscale e così via dicendo.
Ad un certo punto interviene un rappresentante della commissione d’esame elogiando la mia esposizione su questo argomento considerato dagli esaminandi abbastanza non alla loro portata. Al che interviene il mio professore di scienza delle finanze dicendo: “Certo che sa bene questo argomento lui è un finanziere e se non le sa lui queste cose?” Ma il commissario ha voluto che continuassi a parlare in quanto dichiarò che era inusuale ascoltare da un esaminando questo particolare argomento.
Alla fine ho ricevuto i complimenti da tutta la commissione d’esame. Al contrario da parte del mio comandante del Nucleo che non si è degnato di fare nessun apprezzamento. Ma non importa la soddisfazione l’ho avuta sotto l’aspetto pecuniario in quanto l’amministrazione, per essermi diplomato, mi ha assegnato un premio in denaro di 450mila lire. Non male.

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Autocisterna carica di gasolio

Brescia
L’autocisterna carica di gasolio
Sono comandato di servizio, in abiti civili, per il controllo sugli oli minerali. Mi trovo a bordo di un’autovettura alfa romeo “alfetta” da inseguimento. L’alfista, così è chiamato l’autista che guida questo tipo di veicolo è l’appuntato Conti Nicola (nome di fantasia). Bravo conduttore, gli piace parlare, a volte si perde nei suoi discorsi al punto che l’automobile si muove a 20 chilometri orari in quarta marcia. La posizione che assume nella guida è come se fosse coricato in un letto. Preso dalla foga dei suoi discorsi non si accorge in che condizioni sta guidando. Ogni tanto devo riprenderlo: “Nicola sei con la quarta marcia e il tachimetro segna 20 km orari, penso che dovresti ingranare una marcia inferiore oppure aumentare un poco la velocità”. “Ha ragione brigadiere, ora provvedo subito” mi risponde. Tanto lo so che di lì a poco tutto ritorna come prima. Niente di male, non mi preoccupo, al momento non ci sono problemi che richiedono di intervenire e tutto fila liscio con calma e tranquillità e quindi lo lascio fare.
Il tempo deve trascorrere e stiamo viaggiando per andare ad effettuare in una certa località dei controlli ad autocisterne che trasportano oli minerali, (benzine, gasoli, oli combustibili ecc.) così come indicato nell’ordine di servizio. Questi prodotti devono essere accompagnati da particolari documenti: H-ter 16 i quali attestano la regolarità del trasporto del particolare prodotto e contengono tutta una serie di dati. Per cui queste autocisterne oltre ad essere in regola con le norme del codice della strada devono rispettare anche delle norme di carattere fiscale. All’epoca in cui si sono svolti i fatti la legislazione italiana impone determinati vincoli ai prodotti petroliferi e gli organi preposti alla vigilanza sono:
• la Dogana, nei depositi costieri e in altri depositi doganali; • l'Ufficio Tecnico Imposte di fabbricazione (Utif), nelle raffinerie e nei depositi destinati alla conservazione del prodotto prima dell'esazione dell'imposta;
• la Guardia di Finanza, nel suo ruolo istituzionale di vigilanza.
Il nostro Paese è risaputo che è povero di petrolio per cui è costretto ad importarlo. Il petrolio greggio giunge nel territorio italiano generalmente attraverso petroliere. Scaricato nei depositi costieri, operanti sotto la vigilanza dell’amministrazione doganale, il greggio viene misurato. Il passaggio dai depositi costieri alle raffinerie avviene prima del pagamento dell’imposta di fabbricazione; nella movimentazione, il greggio deve essere accompagnato da appositi certificati (moduli C/21) e le autobotti devono essere sigillate dal personale della dogana del luogo di partenza della merce. Giunto nella raffineria, il prodotto viene preso in carico dall’Ufficio finanziario di fabbrica, dipendente dall’ Utif, con la collaborazione della Guardia di Finanza. Compito di questa struttura è quello di controllare continuamente la lavorazione ed accertare la quantità e qualità dei prodotti ottenuti. L’uscita del prodotto avviene, generalmente, previo pagamento dell’imposta determinata dall’ufficio finanziario di fabbrica, in base alle aliquote previste dalla legge (art. 12 e 13, R.D.L. n. 334/1939).
Con l’uscita dalla raffineria o dal deposito “SIF”, (un punto franco dogana in cui viene stivato il carburante in attesa di essere acquistato dai grossisti) il tributo è assolto e può iniziare la fase di commercializzazione del prodotto, che, in attesa di essere venduto, viene immagazzinato in depositi detti “liberi”, appunto perché contengono prodotto di cui è già stata pagata la relativa imposta.
Anche una volta assolto il tributo, la movimentazione del prodotto è sottoposta ad alcune formalità. Innanzitutto, l’operatore petrolifero deve tenere un registro di carico e scarico, rilasciato dall’ Utif competente, nel quale devono essere annotati tutti i carichi di prodotti arrivati nei depositi, con l’indicazione della quantità, della provenienza, della data di arrivo e della documentazione che ha scortato il trasporto. Le stesse indicazioni valgono per gli scarichi, cioè le partite di prodotto estratte dal deposito e destinate ai clienti.
Il trasporto del prodotto deve essere scortato da un certificato di destinazione, il modulo “H-ter 16”, redatto su stampati filigranati in dotazione agli Utif. Il modulo deve contenere l’indicazione di numerosi dati, tra cui gli estremi del deposito di provenienza e del luogo di destinazione, gli estremi del vettore, con l’indicazione del nome dell’autista e la targa del veicolo usato, la data del trasporto con precisazione dell’orario di partenza e di quello di arrivo previsto, l’indicazione del percorso di massima da seguirsi, il tipo e quantità del prodotto. I certificati di provenienza vengono emessi dall’Utif territorialmente competente, che ha anche la facoltà di assegnare al commerciante una dotazione di libri-certificati in bianco, con l’obbligo di rigoroso periodico rendiconto. In questi casi è il commerciante stesso che provvede all’emissione del certificato di destinazione. Periodicamente, i libri di certificati utilizzati e i registri di carico e scarico devono essere restituiti all’Utif che li ha rilasciati, per effettuare i riscontri di sua competenza.
In quel periodo esisteva un forte traffico illecito di questo prodotto per cui la G. di F. aveva il compito di contrastare questo fenomeno.
Il nostro comandante di sezione ci assillava in continuazione perché scoprissimo queste irregolarità. A me aveva fatto capire che se non avessi effettuato almeno un sequestro di queste autocisterne la mia permanenza al Nucleo pt sarebbe stata in forse. All’epoca per aver titolo a far parte di questo speciale reparto bisognava dimostrare di essere un buon investigatore e fare almeno qualche risultato di servizio, altrimenti al termine del periodo di prova della durata di sei mesi si veniva rispediti al reparto di provenienza. Il mio periodo stava scadendo e secondo questo ufficiale io rischiavo di non essere confermato. Ci mancava anche questo intoppo! Già mal sopportavo il fatto di essere stato assegnato nella 1^ Sezione che si occupava appunto, tra l’altro, anche di oli minerali, per cui dovevo sottostare a questi obblighi.
Così quella mattina mi trovavo in pattuglia con l’appuntato Conti Nicola a controllare autocisterne che trasportavano prodotti petroliferi. Purtroppo nel luogo indicato nell’ordine di servizio i controlli risultavano tutti regolari e a meno che di eventi specifici e particolari bisognava rispettare l’indicazione prevista. Ad un certo punto, d’istinto, mi rivolgo all’autista: “Nicola qui stiamo perdendo tempo, non accade nulla, tutti i mezzi che abbiamo controllato sono a posto. Sai che ti dico? Spostiamoci e facciamo una puntatina a……. e indico il luogo. Non ti preoccupare, mi prendo io la responsabilità di deviare dalla località indicata nel foglio di servizio.” Nicola senza obbiettare mette in moto e ci apprestiamo a raggiungere il luogo che io gli ho indicato. Quando a volte si è baciati dalla fortuna!
Dopo poco che eravamo sul posto vediamo in lontananza sopraggiungere un’autocisterna. Ci trovavamo entrambi sul ciglio della strada, avverto Nicola di procedere al fermo del veicolo mediante la segnalazione con la paletta che abbiamo in dotazione. Con grande stupore il veicolo non si ferma ma procede speditamente lungo la strada allontanandosi. Ci guardiamo in faccia e senza dire nulla saltiamo velocemente a bordo dell’alfetta e iniziamo l’inseguimento. Dopo circa un chilometro riusciamo a fermarlo e far scendere l’autista proprio nelle vicinanze di un deposito di oli minerali situato nei pressi. La prima cosa che viene chiesta all’autista è come mai non ha ottemperato al primo “Alt” che gli era stato dato. La risposta è stata che non si era accorto di nulla. Gli viene richiesto di esibire tutti i documenti: patente, libretto di circolazione, gli si chiede del prodotto trasportato e del relativo documento di accompagnamento che in questo caso sarebbe stato il particolare certificato denominato H-ter 16. L’autista, i cui dati personali sono stati rilevati attraverso la patente e la carta d’identità, dichiara di trasportare del gasolio per autotrazione da consegnare al vicino deposito di oli minerali ma che non è in grado di documentarne il trasporto.
Io e Nicola ci guardiamo in faccia e pensiamo la stessa cosa: “ll gasolio per autotrazione lo sta trasportando illecitamente perché è sprovvisto di idoneo documento di accompagnamento”. In questi casi è previsto il sequestro sia del veicolo che del prodotto petrolifero. Per cui invitiamo l’autista a seguirci con l’autocisterna al comando nucleo pt di Brescia per gli ulteriori accertamenti. Nel tragitto di rientro prima ci fermiamo ad una “pesa pubblica” per accertarci dell’effettivo peso del gasolio. Il carico risulta pari a 3000 litri. Era la prima volta che effettuavo un’operazione del genere. Teoricamente conoscevo l’iter procedurale che bisognava adottare in simili casi. In primo luogo sarebbe stato necessario redigere gli atti di sequestro del mezzo e procedere al prelevamento campioni del prodotto da inviare al competente laboratorio di analisi per accertare l’esatta classificazione. Successivamente si sarebbe proceduto a redigere gli atti definitivi: denunzia dell’autista, comunicazioni ai vari uffici competenti. Per compiere tutto questo avrei avuto bisogno di essere aiutato oltre che da Nicola da un qualche collega con più esperienza di me in queste situazioni.
Era ora di pranzo, il veicolo con il prodotto era concentrato nel cortile della caserma, al momento il comandante di sezione non era presente. Mi rivolgo al brigadiere Rossi Domenico della mia stessa Sezione e gli chiedo se poteva darmi una mano. Si dichiara disponibile ma prima suggerisce di andare tutti a pranzo e nel pomeriggio potevamo procedere così ci sarebbe stata anche la presenza del capitano comandante la nostra sezione.
In cuor mio ero soddisfatto, il risultato di servizio era buono e sarebbe stato utile per la conferma della mia permanenza al reparto. Stavo ricevendo infatti le felicitazioni dei colleghi per l’intervento effettuato.
Verso le 15.00 arriva il comandante di sezione, il quale invece di complimentarsi per l’operazione eseguita mi propina un bel rimprovero lamentando il fatto che ancora non si era proceduto a redigere alcuno atto. Il brigadiere Rossi, prendendo le mie difese, fa presente che si voleva attendere proprio la presenza dell’ufficiale in caso avesse intenzione di estendere ulteriori indagini ed accertamenti in merito al sequestro avvenuto.
L’ufficiale fa presente che in primo luogo si devono redigere gli atti preliminari. In un secondo momento si sarebbe riservato di decidere ulteriori iniziative. Mi chiede la località dove è stato eseguito il fermo dell’autocisterna. Gli dico che è stato effettuato in un posto diverso quello indicato nell’ordine di servizio. Al che vedo nel suo viso una smorfia di diniego come per farmi capire che avrei dovuto rispettare l’itinerario e la località prevista. Ma non obiettò, perché è sempre stato il primo a pretendere iniziative da parte dei suoi collaboratori utili al raggiungimento di risultati.
Gli ho spiegato che nel posto indicato nel foglio di servizio era tutto regolare. Ero al corrente che nella zona dove è stato effettuato il fermo del veicolo ci poteva essere illecito traffico di prodotto petrolifero. Nel territorio circostante vi erano diversi depositi di oli minerali.
Così con l’aiuto di Rossi e dell’appuntato Conti ci mettiamo al lavoro per ultimare le operazioni inerenti il sequestro.
Di lì a poco il capitano mi annuncia che devo presentarmi al colonnello comandante la Caserma perché vuole da me personalmente alcuni chiarimenti. Di solito non sempre si avverte immediatamente il comandante del Gruppo quando si effettuano operazioni anche di una certa rilevanza. Ne viene sempre a conoscenza in un secondo momento. Già la mia testa frullava :”Vuoi vedere che mi sono cacciato in qualche guaio? Eppure sono convinto di aver eseguito il servizio in modo appropriato, non ci sono state violenze, incidenti, feriti ecc. da ambo le parti. Cosa vorrà da me il colonnello? L’unico problema a mio avviso è che è stato eseguito al di fuori da quando ordinato nell’ordine. Sarà per questo motivo che vorrà sentirmi?” Busso alla sua porta e mi fa entrare. “Lei è il brigadiere Abbaterusso che oggi ha effettuato il fermo di un’autocisterna carica di gasolio per autotrazione trovata senza documento di accompagnamento H-ter 16?” “Si confermo” gli rispondo. E lui: “Ma mi dica una cosa, siccome ho ricevuto una telefonata da un “onorevole” il quale mi chiede ragguagli in merito al suddetto sequestro gradirei sapere qualche altra notizia da lei oltre a quella di cui già sono a conoscenza. Mi spieghi come mai si trovava in quel luogo. Mi risulta che il suo ordine di servizio disponeva di essere da tutt’altra parte.” “Vuoi vedere che ora mi prendo invece di una gratificazione per l’operazione eseguita una bella lavata di testa?” Al che mi sono fatto forte e gli ho risposto: “Comandante, per tutto il tempo in cui siamo stati nella località prescritta non abbiamo riscontrato alcuna irregolarità agli autoveicoli controllati. Siccome corrono voci che nel territorio in cui abbiamo fermato l’autocisterna si effettuano traffici illeciti di oli minerali, di mia iniziativa, come per un presentimento, ho deciso di eseguire una puntatina poco prima della scadenza del mio ordine di servizio e mi sono trovato ad eseguire questo fermo. Tutto qui. Altro non avrei da aggiungere.” Il colonnello mi risponde . “Va bene così, puoi andare a riprendere il tuo lavoro”. Saluto ed esco e mi reco dal comandante di sezione per riferirgli della mia conversazione. Entrato nel suo ufficio mi rivolgo a lui esclamando: “Signor capitano io mi sono attenuto alle sue direttive in merito al fatto che bisogna essere buoni investigatori e che bisogna avere spirito di iniziativa al fine di creare situazioni che portino a dei risultati di servizio tali rendere un buon rendimento operativo a tutta la sezione. Io oggi così mi sono comportato ma a quanto sto notando sembra che abbia causato più problemi che soddisfazioni. Che vuole che io faccia? Forse la valigia per ritornare al mio reparto di provenienza? Così non provoco fastidi ad alcunchè? Ammetto che la mia sfuriata sia stata un pochino pesante. Ho pensato: “Ora mi riprendo un’altra lavata di testa dal capo sezione”. Invece il capitano mi guarda in faccia ed esplode in una gran risata e mi assicura di non preoccuparmi e di fare alla svelta a finire le operazioni riguardanti il fermo.

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Ottusita’

Brescia – Ottusità Quanto sto per raccontare non vuole essere denigratorio nè offensivo in alcun modo verso coloro i quali hanno partecipato con me ad un’operazione di servizio la cui conclusione è stata oggetto di scherzi e critiche da parte dei miei colleghi per il modo in cui è stata condotta provocandomi un senso di inadeguatezza e di vergogna. Si tratta solo di raccontare un episodio ove è emersa la mia inesperienza e mancanza di attaccamento professionale in un episodio accaduto molti anni addietro. Col senno di poi come spesso accade riconosco che avrei dovuto gestire meglio la cosa, ma invece all’epoca mi sfuggì di mano causando appunto il ridicolo per il comportamento adottato. In effetti ripensando all’accaduto e il modo in cui fu portata a termine oggi riesco a ridere anch’io, ma non in quel momento. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto i nomi che indicherò sono frutto della mia fantasia per rispetto della privacy altrui.
Mi trovavo da poco tempo in quella sede a svolgere la mia attività che da tanto desideravo farne parte. Purtroppo il primo impatto non fu tra i migliori. Ero convinto di andare a svolgere incarichi di una certa rilevanza, lavorare con personale esperto così da acquisire esperienza in quei settori da me preferiti. Ma inizialmente non fu così. Nei posti precedenti in cui ero stato avevo anche svolto specifiche attività nel campo tributario ma non con la tecnica e con il personale qualificato come avrei potuto trovare in questa sede. Pensavo che dopo dieci anni di esperienza di servizio sarebbe stata presa dai superiori l’ eventualità che io potessi essere aggregato in qualche sezione che si occupava di queste mansioni. Purtroppo le mie aspettative furono disattese e dovetti con mio grande rammarico incominciare ancora una volta a svolgere il servizio anti contrabbando con tutte le implicazioni ad esso connesse: uscire in qualsiasi ora del giorno e della notte, prendere i pasti ad orari assurdi e cose del genere. Avevo la nausea di tutto questo e molto volentieri avrei cambiato tipo di attività, ma per il momento quella era stata la mia assegnazione. Avevo la speranza che dopo il prescritto anno di permanenza in quella sezione mi avrebbero avvicendato in qualche posto dove avrei potuto imparare altre cose utili ed acquisire maggiore formazione nel campo specifico mirato agli accertamenti ad aziende, a società e ad attività economico-commerciali in genere per il rispetto delle leggi fiscali ed altre normative.
I primi periodi svolti quindi per me non furono certo esaltanti.
La sezione cui ero stato assegnato era molto attiva sotto l’aspetto operativo ma critica per tutto quanto concerneva i rapporti col personale a cominciare dal comandante e per finire tra di noi colleghi. Essa si occupava di varie cose: dall’ anti-contrabbando all’anti-droga, agli oli minerali e alcoli, e tutto quanto era sottoposto al pagamento dell’imposta di fabbricazione. Il comandante di questa sezione teneva tutti col fiato sul collo e secondo la sua logica dovevamo essere sempre disponibili in qualsiasi momento della giornata. A volte il suo comportamento era davvero stravagante, non gli importava che tu avessi già compiuto otto ore di servizio e che avevi diritto al tuo riposo, se lui decideva che si doveva intervenire in qualche parte della città o della provincia non sentiva ragioni di alcun genere, bisognava assecondarlo, pena ritorsioni di ogni genere che non sto qui a descrivere. Faceva di tutto per alimentare un clima di conflittualità e di competitività tra il personale. Quotidianamente incitava i suoi dipendenti poiché effettuassero sempre dei risultati di servizio in modo da poter ricevere gratificazioni di qualsiasi tipo da parte dei suoi superiori. Sembrava che l’unico obiettivo della sua carriera fosse quello di ricevere quanti più “encomi” possibili a scapito anche della buona armonia tra i colleghi. Gli avevamo affibbiato il soprannome di “capitan sequestra”, proprio per la sua mania di porre sotto sequestro qualsiasi cosa avesse a che fare con irregolarità riscontrate nel corso dell’attività di servizio.
Io ero col morale a terra, nuovo del posto, assegnato ad un incarico che non mi piaceva, non conoscevo i miei colleghi, non sapevo quindi se potevo o meno confidare a loro i miei stati d’animo. Dovevo infatti stare attento ad esprimere dei commenti negativi, sia sulla sezione che sul modo di agire del responsabile di questa, al fine di evitare che qualcuno andasse a riferire delle mie critiche. Ancora infatti non ero riuscito a capire di chi avrei potuto fidarmi. Avevo fiutato infatti che c’era qualche delatore che andava a riportare al comandante le lagnanze dei suoi dipendenti e questo per me era una cosa che non mi piaceva affatto. Gli spioni non mi erano mai andati a genio. Mi tenevo quindi tutto dentro nell’attesa di riuscire a farmi qualche amico sincero con il quale condividere le mie ansie.
Bene con questo clima e con questi stati d’animo quotidianamente affrontavo le avversità che si presentavano e un giorno di questi, non appena ero giunto all’ufficio della sezione per ricevere gli incarichi da svolgere per quella giornata il comandante mi chiama e mi affibbia l’ordine di servizio il cui contenuto era il seguente: “Minuta vendita nel quartiere vecchio della città”. Il significato di questo ordine era che avremmo dovuto recarci nel quartiere vecchio cittadino, sede di numerose attività illegali tra le quali lo spaccio minuto di sigarette di contrabbando e cercare di sequestrare questa merce. Mi disse: ”Devi uscire con l’appuntato Esposito (nome di fantasia). Fatevi un foglio di servizio con l’oggetto della Minuta Vendita e gli orari dovranno essere compatibili con l’eventuale smercio di queste sigarette.”
Non avrebbe potuto darmi peggiore incarico, infatti per me era deprimente, effettuare questa attività che consisteva nell’andare a sequestrare quei pochi pacchetti di sigarette, ad individui, che per sbarcare il lunario, smerciavano agli angoli delle strade del vecchio quartiere cittadino. Pensavo: “Ma come?.. Dopo dieci anni di servizio, in parte trascorsi in zone di confine, dove l’attività prevalente era proprio quella anti-contrabbando, ma svolta a livelli molto più interessanti di quello che stavo andando a fare dove i sequestri erano veramente importanti come scoprire vagoni ferroviari, autovetture, Tir, carichi di quella merce, mi trovo ora a contestare il pacchetto di sigarette magari ad una povera vecchietta che deve raggranellare qualche lira per sopravvivere.”
Ero veramente demotivato, sconsolato e con poca predisposizione ad agire ma dovevo farlo, gli ordini erano stati impartiti per questo tipo di lavoro.
Di diverso avviso invece era l’appuntato Esposito. Percepivo in lui una passione superiore alla mia. Pensavo tra me :”evidentemente questo qua non ha fatto zone di confine e per lui svolgere questi servizi lo appaga più di me”. Per non urtare la sua suscettibilità o per non far pesare la mia esperienza nel settore, tenni la bocca chiusa e lasciai parlare lui anche per capire meglio il soggetto che avevo di fronte in modo da regolarmi di conseguenza. Lui era un tipo abbastanza singolare, sembrava avere addosso un entusiasmo particolare nell’andare a fare queste cose. Nel tragitto che dovevamo compiere per arrivare sul luogo preordinato non fece altro che parlare di come lui poteva andare a sequestrare la merce di contrabbando e di come lui si serviva di suoi confidenti che gli procuravano notizie utili allo scopo e dei suoi precedenti risultati di servizio, Io abbozzavo con il cenno del capo a quanto mi diceva. Mi veniva in mente quello che io avevo fatto negli anni trascorsi in materia di sequestri. Sostanzialmente non era un cattivo elemento, ma aveva una capacità raziocinante particolare. Il suo cruccio principale era quello della scarsa attenzione e considerazione che il comandante aveva verso di lui. Secondo il suo punto di vista non erano tenute buone le segnalazioni che lui dava in merito ad eventuali persone che erano sospette di trafficare in sigarette di contrabbando. Lamentava il fatto che il comandante sempre spronava il personale a portare elementi utili ai fini di eventuali risultati di servizio, ma che poi in pratica le segnalazioni che gli riportava non venivano mai prese sul serio e così lui si sentiva preso in giro.
Come definirlo? Molto elastico mentalmente non lo era, se si impuntava sembrava un mulo e non retrocedeva di un millimetro nelle sue decisioni. Voleva fare quasi sempre di testa sua, non tenendo conto che lui rivestiva un grado inferiore e quindi doveva sempre sottostare a qualcun altro. Decisamente avevo capito che gli altri colleghi miei si guardavano bene di uscire in servizio con lui proprio a causa di questa sua scarsa elasticità.
Questo personaggio me ne rammenta un altro con cui avevo avuto a che fare: l’appuntato Franchi della brigata di Gorgonzola ma quello era ancora più cinico e malfidente. Esposito da quel lato era meno incalzante e sospettoso. Riuscire a farlo un ragionare era molto arduo. Padre di famiglia con ben quattro o cinque figli, non ricordo bene, aveva un attaccamento ed un impegno particolare nel sequestrare le sigarette di contrabbando e quando ci riusciva si trasformava in altra persona talmente la foga che ci metteva. Ritengo ancora oggi che tale comportamento era dannoso per il nostro servizio perché anche se i quantitativi erano irrilevanti, secondo me, non bisognava esagerare nell’essere duri nei confronti di coloro i quali commettevano questi illeciti. Nel senso che il lavoro doveva essere interpretato con una certa dose di buon senso, comprensibilità, elasticità ma allo stesso tempo con efficacia e risolutezza.
Questa volta l’appuntato Esposito era stato assegnato con me in pattuglia e, mio malgrado, dovetti stare ad ascoltarlo in tutte le sue rimostranze. Così conversando in questo modo eravamo giunti al quartiere da sorvegliare quando ad un certo punto lui si ferma di scatto e mi dice: “Ho intravisto “Scagliola” (altro nome di fantasia), uno che conosco e che è dedito al contrabbando di sigarette, è appena sceso dal furgoncino Ape… sta lì a 50 metri da noi.” Il furgoncino Ape, è quel veicolo a tre ruote con un piccolo cassone dietro la cabina di guida. Molto maneggevole specialmente in città dove ci sono stradine strette. Viene usato principalmente da artigiani, muratori o fruttivendoli per i loro piccoli trasporti. Finito di dire questo l’appuntato si mette a correre in direzione di questa persona senza dare a me il tempo di riflettere sull’azione da fare. Lui dice: “Muoviamoci prima che riesca a salire sul motofurgone…” Riusciamo a raggiungerlo proprio mentre stava per mettere in moto il veicolo, lo fermiamo, ci qualifichiamo visto che eravamo in abiti civili e non in uniforme e gli chiediamo di esibire tutti i documenti riguardanti il veicolo. Lui ha come un attimo di smarrimento, tergiversa un poco, ma poi si convince ed esibisce quanto gli avevamo richiesto. Mentre io verifico questi documenti Esposito entra nella cabina di guida del furgoncino e rovistando sotto il sedile trova alcune stecche di sigarette di contrabbando. Era evidente che la persona era stata colta in flagrante reato e per questo motivo noi avevamo la facoltà di sottoporre a sequestro il veicolo il quale era stato il mezzo per compiere l’atto illecito. Ma ecco che qui accade una cosa incredibile, l’appuntato si avventa su di lui spingendolo contro il muro, con fare minaccioso e preso come da un raptus comincia a martellare il povero malcapitato di domande sulla provenienza della merce trovata in cabina con domande del tipo: “ tu adesso mi devi dire dove hai preso questa roba, il luogo e il nome di chi te l’ha data.”
Lo Scagliola era ammutolito e sbiancato in volto, ricordo anche che era uno che zoppicava e non molto solido fisicamente. Mi domando : “Ma che sta facendo Esposito? E impazzito? Cosa sta combinando a questo povero malcapitato? perché si sta comportando in questo modo? Devo farlo smettere subito, il responsabile del servizio sono io.” Allora prendo una decisione e gli dico: “ Senti non possiamo stare qui in mezzo alla strada con queste richieste, non vedi che la gente sta facendo capannello? La soluzione migliore è condurre lui e il suo “Ape” in caserma dove là possiamo lavorare tranquilli senza incuriosire la gente.” Riesco a convincerlo… meno male…! Sorge però il problema di come disporci nel veicolo così piccolo. Allora pur di riuscire ad andare via da quel luogo mi viene la brillante idea di dire all’appuntato di mettersi in cabina col proprietario e che io mi sarei messo nel vano posteriore del furgoncino. Scelta sbagliata la mia, infatti col senno di poi e ripensandoci avrei dovuto mettermi io nella cabina accanto al conducente, ma per la fretta di andare via da quel luogo decisi di fare in quel modo. Abbiamo attraversato la città in quella condizione, ad ogni curva io dovevo appoggiarmi ai lati del cassone per non essere sbalzato fuori dal furgoncino e cadere in mezzo alla strada, inutile le mie grida di andare piano, nessuno udiva nulla, la gente che ci vedeva transitare in quel modo era divertita e si chiedeva che cosa facessi io seduto in quel modo nel cassonetto.
Giunti nel cortile della caserma in quel modo i colleghi che ci videro arrivare in quelle condizioni non finivano più dallo sganasciarsi dalle risate. Sembrava proprio una scena di un film di “Fantozzi”. Loro ridevano, ma io ero molto serio e corrucciato. L’appuntato come se nulla fosse accaduto, non gli era passato lontanamente nella sua mente che tutto questo era talmente così ridicolo al punto da mettere in secondo piano l’azione di servizio che avevamo compiuto. Per lui lo scopo era stato raggiunto, aveva portato in caserma un individuo che faceva contrabbando e secondo la sua idea questo atto avrebbe portato il comandante a complimentarsi con lui.
Ora viene da sorridere anche a me quando incontro qualche collega che mi rammenta quell’episodio, ma a quel tempo avevo un diavolo per capello. Mi rimproveravo infatti di non essere stato capace di gestire la cosa con più professionalità anche se non ero ben disposto ad affrontare quel tipo di servizio che tante volte avevo svolto in altre parti e che mal sopportavo di ripetere ancora in quella sede ove avevo riposto molte speranze di approfondimento in altri settori per poter allargare il campo delle mie esperienze.

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Frustrazione

Brescia
Frustrazione
Dopo un periodo di servizio trascorso in un Reparto cosiddetto “ordinario“ situato nella provincia milanese, riesco ad ottenere il trasferimento per il Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia. Molti dei miei compagni al termine del tirocinio presso la Scuola Sottufficiali ebbero subito come prima assegnazione un Nucleo di polizia tributaria, con molta invidia da parte mia. Ma devo fare un “mea culpa“ perché tutto è dipeso esclusivamente dalla mia mancanza di impegno nello studio, almeno nella prima parte del corso Allievi al lido di Ostia. Nel frattempo avevo fatto esperienza in altre sedi dove se un soggetto aveva voglia di elevare la sua qualificazione professionale, non mancava occasione di poterlo fare. l mio pensiero tuttavia era sempre di riuscire un giorno ad entrare in una di queste strutture. Farne parte significava avere ampi poteri a larga autonomia d’intervento ad iniziare dall’uso in servizio dell’abito civile e non più indossare l’uniforme se non in casi particolari. Uno speciale tesserino abilitava il possessore ad entrare in qualsiasi locale pubblico o sede di azienda. Queste peculiarità nel nostro ambiente erano molto apprezzate specialmente nei più giovani che volevano emergere e fare esperienze di servizio.
Finalmente è esaudita la mia aspirazione che ambivo da anni. Durante la mia lunga permanenza in questa sede mi sono rimasti impressi fatti, situazioni e stati d’animo, alcuni dei quali li descriverò qui di seguito perché li ritengo più significativi di altri. L’identificazione precisa dei luoghi e delle persone con cui ho avuto contatti non hanno molta importanza ai fini del racconto. Ciò che conta è quello che ho provato affrontando questa nuova esperienza.
All’epoca in cui narro la vicenda il tipo di sede in cui avrei dovuto essere impiegato era considerata il fiore all’occhiello della nostra Amministrazione in termini di efficienza operativa. Chi aveva voglia di lavorare e migliorare la sua qualificazione professionale ne voleva fare sicuramente parte. Al giorno d’oggi forse altri Uffici sono sorti in seno al Corpo per contrastare nuove forme di evasione e lotta al contrabbando e alla criminalità ma ancora questo tipo di Reparto è molto ambito da tutti gli appartenenti. Non per sminuire le capacita di chi opera in altre sedi ma i poteri che la legge italiana attribuisce alla Guardia di Finanza in termini di controllo al sistema economico-finanziario del Paese qui sono utilizzati ai massimi livelli. Anche la preparazione del personale che vi fa parte è ottima.
Non voglio fare un trattato sulla loro dislocazione, giusto un cenno. La competenza territoriale dei Nuclei pt si sviluppa in questo modo: centrale, regionale e provinciale.
Così il giorno tanto desiderato arriva attraverso un ordine di trasferimento d’ufficio. Non è il primo della carriera che effettuo e quindi ancora una volta mi accingo a salutare i colleghi del reparto, con una punta di malinconia. Sono circostanze queste che in fondo toccano l’animo di una persona. Per un certo periodo di tempo hai condiviso insieme a loro buoni e cattivi momenti, ma bisogna andare. Carico l’ automobile di tutte le mie cose personali e parto per la nuova assegnazione. La distanza non è molta un’ora, un’ora e dieci minuti. Il tempo per fare una sorta di bilancio della mia attività svolta nella sede, che mi appresto a lasciare. Tutto sommato, non era poi così male. Ci fu alla fine un diverbio con il comandante ma in fondo niente che pregiudicasse la mia carriera.
Avevo fatto tesoro della esperienza di colleghi più anziani di me allorquando mi trovavo con loro a svolgere qualche importante operazione. Con questi pensieri nella mia mente mi accorgo di essere giunto a destinazione. Parcheggio la mia automobile all’interno di un vasto cortile e guardando la facciata mi rendo conto che la Caserma che avevo lasciato era davvero molto piccola rispetto a questa struttura. Nell’edificio vi erano tre Comandi di cui uno su tutti aveva giurisdizione logistico-territoriale sugli altri. Due erano in sede tra i quali quello dove sarei andato io più altri Comandi che si trovavano nella provincia. Quello dove io avrei dovuto prendere servizio aveva una sua un’autonomia operativa propria con giurisdizione sulla città e su tutta la provincia ed era retto da un ufficiale. Sulla carta ed in teoria il suo organico avrebbe dovuto essere composto da circa ottanta elementi, ma di effettivi se ne contavano solamente una quarantina.
Un bel numero se penso a quella poca decina di persone che avevo lasciato nel precedente reparto.
Entro nello spazioso atrio e mi rivolgo al militare che faceva servizio davanti alla porta d’ingresso presentandomi e dicendogli che ero un nuovo giunto e che ero stato assegnato al reparto operativo. Gentilmente il militare mi dice di aspettare un attimo che sarebbe andato ad avvertire gli uffici competenti ed a informarsi in quale camera avrei dovuto alloggiare. A quel tempo ancora non ero sposato e quindi mi spettava un letto in una camera della caserma. Ringrazio e acconsento ad aspettare in questo atrio assorto nei miei pensieri, quando qualcosa attira la mia attenzione. Mi sento chiamare: “”Ei brigadiere, cosa fa lì impalato nell’atrio? Non saluta il suo Superiore? Non sa chi sono io? Si presenti. Io qua sono il comandante di tutto, lei come si chiama, da dove viene?.”” Impietrito accenno ad una forma di saluto militare e guardando il grado di questo ufficiale capisco che è un tenente colonnello. Gli rispondo dicendogli il mio nome, cognome, grado e reparto di provenienza informandolo della mia nuova assegnazione e che ero appunto in attesa di istruzioni. “”Ah! lei è un nuovo giunto”” guardandomi con due occhi freddi e spalancati. Stava per ricominciare il suo rimbrotto quando fortunatamente mi salva l’entrata nell’atrio di una donna, che dopo ho saputo essere la moglie di un ufficiale. All’apparire di questa signora, infatti lui mi dice altezzosamente: “”Bene, brigadiere si accomodi là che poi ne parliamo””. Mi indica una saletta posta nell’atrio e si allontana tutto ossequioso verso quella donna.
Sono come, istupidito, allibito, da simile accoglienza, e mi chiedo : “”Ma dove sono capitato?”” Un collega si avvicina a me e mi batte una mano sulla spalla, dicendomi: “”Ei! non ci fare caso, quello è il comandante di tutta la caserma ed è il suo modo di fare. Qua tutti lo chiamiamo “Il Tigre”. Nome più appropriato non potevano trovare! Ma fa sempre cosi con tutti chiedo io? Si, si risponde quello, anche peggio…e ridendo si allontana.
Ancora sono smarrito, è la seconda volta che mi capita un episodio del genere. La prima fu al Brennero. Comincio ad avere come un moto di stizza pensando tra me, certo che questa accoglienza non me la sarei mai aspettata. Nel frattempo mi sento chiamare e mi viene indicato che devo presentarmi dall’ufficiale responsabile della mia nuova assegnazione il quale era stato informato della mia presenza. Mamma mia! Ho pensato, adesso mi prendo un’altra lavata di testa come prima. Mi accompagnano fino alla porta del suo ufficio poi il militare si allontana, io busso, attendo che mi si dica di entrare. Una volta entrato saluto militarmente essendo in uniforme, mi qualifico, nome cognome, grado e reparto di provenienza.
Quello che vedo nel frattempo in quel momento non mi sembra reale. La stanza è buia, c’è una lampada da tavolo sulla scrivania che illumina solo una porzione di questa e dietro il mobile intravedo seduta una persona in abito civile con una vistosa maglia di lana addosso, con una specie di papalina in testa e con i piedi appoggiati su una pedana ricoperta con dei giornali. Mi dice: “Fa freddo e bisogna coprirsi, se mi ammalo io qua chi porta avanti la baracca?”” Vedendo questa scena mi venne subito in mente quella di molti anni prima quando da ragazzo assistetti ad un film il cui titolo era: “L’uomo del banco dei pegni”. Mi sembrava di rivedere quel personaggio, la figura dell’ebreo dietro il banco dei pegni. Dove sono capitato? Mi chiedevo tra me. Allora, esordisce: “Vedo qua che vieni da ……..e fa il nome del mio reparto di provenienza.” Scambia con me poche parole, si trattava di un momento poco opportuno. Era l’orario in cui doveva dare udienza a tutte le pattuglie che dovevano fare il rapporto serale e quindi non poteva darmi molta attenzione. Bene mi dice: ”Per adesso vai a sistemarti nella cameretta che ti hanno assegnato e domattina all’orario di apertura dell’ufficio ripresentati qua per vedere dove ti posso collocare”. Rifaccio il saluto militare ed esco dall’ufficio, con un gran senso di nausea. Ero ancora impaurito del trattamento avuto con il tenente colonnello comandante. Fortunatamente invece con questa persona le cose sono andate un poco diversamente ma non è che abbia avuto un’accoglienza trionfale. Ho avuto l’impressione che gli avessi quasi dato fastidio per il fatto di essere stato assegnato al reparto da lui diretto.
Al mattino seguente, quindi come stabilito, mi ripresento davanti all’ufficio della sera prima, busso, quando mi si dice di entrare, apro la porta e dico buongiorno, ma non faccio il saluto militare trovandomi già in abito civile. Ho pensato, sono al reparto che offre questa possibilità di andare in servizio in abiti borghesi e quindi perché non approfittarne? Niente di più sbagliato. Appeno entro infatti, la prima cosa che mi dice: “”Ah ti sei messo già in abiti civili?” Come per dire non vedevi l’ora di farlo ma almeno potevi chiedere il permesso. Mi chiede: ”Allora di cosa ti occupavi nel precedente reparto” Io gli dico che avevo fatto una certa esperienza un po’ su tutti i settori, di nostra competenza, ed al codice della strada, insomma un poco di tutto. Al che lui annuisce, resta un attimo in silenzio, poi mi dice: “Bene per ora sei assegnato alla prima sezione che si occupa di anti-contrabbando e imposte di fabbricazione con particolare riferimento agli oli minerali. Quindi per oggi sarai affiancato dall’autista Moreli (nome di fantasia). Cercalo e digli di fare il pieno di benzina all’ Alfetta e nell’ordine di servizio indicate che sarete per un giro conoscitivo nella circoscrizione del reparto.”
Il che voleva significare che bisognava girare per tutta la città e per tutta la provincia per una durata di dodici ore a bordo di un’autovettura da inseguimento con un autista, che tutto sommato anche abbastanza disponibile, ma mezzo matto che guidava in modo orrendo. Nel traffico cittadino, faceva venire il voltastomaco, con le ripetute frenate e sgommate. Andiamo bene ho pensato tra me!. Oggi sarà proprio una bella giornata, come inizio non c’è male. Qua invece di andare avanti e progredire nella mia qualificazione professionale andremo a regredire. Mi aspettavo infatti una diversa assegnazione, un incarico di un certa levatura professionale, invece ancora una volta dovevo intraprendere servizi che avevano a che fare con la lotta al contrabbando. Pazienza, mi sono detto, ma francamente mi sarei aspettato un modo diverso di intraprendere la mia nuova attività, invece come primo approccio di tutto quello che mi è accaduto in quelle due prime giornate mi ha fatto rimpiangere il vecchio reparto che avevo lasciato. In quella sede infatti tutto veniva effettuato con una certa tranquillità e pacatezza al contrario di quanto ho potuto constatare in questi primi momenti di nuova assegnazione.
Ancora mi sono detto: “Probabilmente dovrò fare un periodo di tirocinio per passare a cose migliori.”
Illusione la mia, per farla breve, nonostante le difficoltà iniziali e non, oramai ero entrato in questa nuova realtà e anche per un orgoglio personale, non sono più tornato indietro nel senso che avrei potuto rinunciare a questo incarico e tornarmene da dove ero partito.
Ma non l’ho fatto.
Morale della favola, in questo reparto ci sono rimasto dentro per 21 anni e non sono state tutte rose e fiori. Momenti tristi ne ho passati diversi ma come in tutte le cose che si intraprendono nella vita bisogna saper reagire e non farsi prendere dallo scoramento, dalla delusione, dalla depressione. Le soddisfazioni sono poi venute, ma nel tempo e per ottenerle ho dovuto sudarmele.

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Brescia – Piazza Loggia

Brescia
Inizia qui la lunga attività al Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia durata 21 anni
Brescia è una città di 189 968 abitanti, capoluogo dell’omonima provincia in Lombardia. è il secondo comune della regione per popolazione dopo Milano: il suo hinterland conta circa 519.604 abitanti. La sua provincia è la quinta più popolata d’Italia (1.253.996 abitanti) dopo quelle di Roma, Milano, Napoli e Torino. è la diciassettesima città più popolosa d’Italia e la sesta non capoluogo di regione.
Fu antico centro dei galli cenomani e in seguito colonia romana con il nome di Brixia. L’UNESCO ha dichiarato come patrimonio mondiale dell’umanità, facente parte del sito “Longobardi in Italia: i luoghi del potere” sia l’area monumentale del foro romano, sia il complesso monastico longobardo di San Salvatore- Santa Giulia, all’interno del quale si trova il Museo della città.
La città di Brescia è anche soprannominata “Leonessa d’Italia” per i dieci giorni di resistenza agli austriaci durante il Risorgimento Italiano (dal 23 marzo al 1º aprile 1849).L’Adelchi, tragedia di Alessandro Manzoni, è ambientata a Brescia.

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