Incarico Importante

Incarico importante
Sono convocato nell’ufficio del Comandante del nucleo pt di Brescia di cui faccio parte, unitamente ad altri colleghi. Siamo un numero consistente. Quando accadono queste convocazioni qualcosa di diverso dalla normalità quotidiana si profila nell’aria.
Infatti non appena tutti sono entrati nell’ufficio il comandante esordisce: “Oggi c’è un importante e delicato intervento da effettuare e dovrà essere eseguito al di fuori della nostra giurisdizione. L’ordine viene dal Comando Generale di Roma. Al momento vi faccio una sintesi dell’incarico che dovrete svolgere, ma ad ognuno dei capi pattuglia che andrò a nominare verrà consegnato un“vademecum” in cui è dettagliato nei minimi particolari cosa dovrà essere effettuato. Vi posso anticipare che questo evento di cui si raccomanda la massima riservatezza scaturisce da un precedente controllo posto in essere da un nostro comando di Mantova per il quale sono state riscontrate anomalie nella conduzione di accertamenti fiscali effettuati nei confronti di aziende di quella circoscrizione. Per cui per diradare dubbi, speculazioni, segnalazioni anonime ed altre dicerie viene ordinato un ulteriore controllo a carico di queste società. Per farla breve il Nucleo pt di Brescia deve necessariamente attivarsi per eseguire una «controverifica» in seguito ai predetti accertamenti ritenuti non soddisfacenti”. Tutto il personale allertato ascoltava in silenzio inattesa che fossero date istruzioni precise sul da farsi. Evidentemente era qualcosa di veramente notevole. Il comandante riprese il suo discorso: “Saranno formate quattro pattuglie composte rispettivamente da diversi militari. Quindi vi dovete attivare eseguendo quanto previsto per queste situazioni. Come è nostra prassi consolidata i primi accertamenti saranno orientati alla raccolta documentale in ogni ambito aziendale sia interno che esterno. Laddove è necessario saranno effettuate le giacenze fisiche dei prodotti rinvenuti in magazzini e capannoni di ogni azienda che sarà sottoposta al controllo.
Una volta conclusi questi primi accertamenti il controllo documentale continuerà nei giorni successivi e per questo ora vi indicherò coloro i quali avranno questa incombenza”. Il comandante quindi distribuisce gli ordini di servizio unitamente ai“vademecum” operativi a queste pattuglie.
La mia pattuglia è composta dal maresciallo maggiore aiutante Magnani e dal brigadiere Coruzzi, oltre ad altri militari. Quest’ultimi, come indicato, furono impiegati solamente per le prime operazioni di rilevamento giacenze nei vari magazzini e nella raccolta documentale che fu poi tutta concentrata, previe misure cautelative, in appositi locali messi a disposizione della medesima società.
Il comandante ancora intervenne rivolto alla nostra pattuglia rammentandoci: “Attenzione che l’azienda alla quale voi dovete andare ad effettuare il controllo è una grossa realtà economica. Alcuni soci ed amministratori di questa S.p.a sono persone conosciute ed influenti nel mondo economico-finanziario e nella vita pubblica. L’azienda è orientata alla produzione di materiale per l’industria automobilistica sia italiana che estera.
Dispone di sedi, magazzini, depositi sparsi per tutto il territorio nazionale e quindi voi dovete procedere con molta cautela, correttezza e riservatezza. Il mio consiglio ulteriore è tenuto conto che sarete impegnati per l’arco della giornata alla sede della società che si trova a Mantova e impossibilitati quindi a ritornare a Brescia peril pranzo siete pregati, per le opportune ragioni che vi ho accennato prima di non usufruire della mensa interna all’azienda.
Dovrete provvedere in proprio. Inoltre vi rammento che dovreste porre attenzione ad una particolare posta di bilancio: il così detto “bilancio di verificazione”. Il precedente controllo effettuato dal reparto di Mantova è stato troppo sbrigativo. Nel giro di pochi giorni l’hanno scaricato come regolare mentre i«conti» da rivedere sono tantissimi per cui due giorni non bastano per avere la certezza della regolarità. Dovrete prendere in considerazione molto seriamente questo aspetto. Tenetemi informato sull’esito del vostro controllo. In merito a quanto evidenziato la mia mente ha cominciato a reagire facendo queste considerazioni:“Finalmente è giunto il momento di essere impiegato a fondo in quelle mansioni a cui avevo aspirato per lungo tempo. Gli anni spesi da parte mia in servizi di appostamento per la repressione del contrabbando, sono lontani, nondimeno i controlli per la repressione delle frodi in materia di oli minerali, servizi anti droga ed affini. Nella mia permanenza al Nucleo pt ho maturato una buona esperienza in tutti i settori.
Da qui l’attenzione dei Superiori di utilizzarmi in attività di verifica fiscale avendo preso coscienza delle mie competenze”. Ritornando al caso specifico, il nostro comando dovette attivare tutto il personale ritenuto qualificato per tale incombenza.
La scelta dei militari fu posta dal comandante del Nucleo pt in accordo anche con il comandante del Gruppo superiore gerarchicamente. Da un lato ero orgoglioso, soddisfatto che alla fin fine, dopo un lungo periodo di incarichi non tanto graditi si era posta l’attenzione su di me. Dall’altro canto ho constatato che quello che dovevamo intraprendere doveva aguzzare al massimo le nostre capacità professionali. La difficoltà che si presentavano erano notevoli. Purtroppo anche il comando nucleo pt aveva, come dire, le mani legate, perché era un ordine che veniva da altre sedi gerarchicamente superiori e doveva essere eseguito nel migliore dei modi a prescindere dall’essere fuori della sua competenza territoriale.
Il fatto risale alla fine degli anni 80 inizio 91. Il nostro controllo durò precisamente da metà novembre 1990 per concludersi verso la fine di giugno 1991; in concomitanza con la prima Guerra del Golfo, quella sferrata contro il dittatore dell’Iraq Saddam Hussein.
Le disavventure dei due piloti italiani: il maggiore Bellini e il capitano Cocciolone riempivano pagine di giornali. Rispettivamente pilota e navigatore di una aereo Tornado furono abbattuti dalla contraerea irachena proprio alla loro prima missione. Tutte le mattine giusto per trascorre il tempo durante il tragitto, per raggiungere la sede della società commentavano questi fatti. Ci avevano assegnato un’autovettura «Fiat Ritmo» e l’autista era il brigadiere Coruzzi. Si percorreva l’autostrada “A4” fino allo svincolo della “A22-Verona Brennero” in direzione di Mantova.
Gli avvertimenti del Comando suggerivano di non socializzare con i dipendenti, con gli impiegati e con i dirigenti e come ci era stato caldamente raccomandato, evitavamo di consumare il pranzo nella loro mensa. Così che dovevamo provvedere per nostro conto a consumare un frugale pasto, negli uffici dove lavoravamo, con quello che ci portavamo da Brescia: qualche panino, dello yogurt e qualche frutto.
Unica soddisfazione era quella che potevamo andare, quando ne sentivamo il bisogno, a prenderci un caffè ai distributori automatici posti nei locali aziendali. Questo in sintesi era lo stato delle cose, dovevamo operare in condizioni non tanto normali.
Quello che ci avevano comandato di eseguire era davvero di una portata eccezionale. Da strabuzzare gli occhi e rimanere a bocca aperta per le implicazioni e le difficoltà che avremmo incontrato. Ho pensato tra me: «Caspita! Ambivo a partecipare a lavori di una consistenza ma questo che si sta profilando oggi è davvero stratosferico».
Tuttavia, per un senso di orgoglio, sia da parte mia che dagli altri due colleghi abbiamo preso la cosa anche come un guanto di sfida. Mettere alla prova le nostre capacità professionali in un lavoro notevole ci aveva inorgoglito. Non nascondo che dopo una giornata di intenso lavoro la sera, dovevo rimettermi a ripassare tutte le norme, le leggi, le circolari, le risoluzioni e tutto il materiale che potesse essere utile e di aiuto al lavoro intrapreso al fine di non commettere degli svarioni o di fare delle brutte figure.
Avevamo puntati addosso gli occhi di fior fiore di avvocati, commercialisti, amministratori impiegati ecc. L’azienda da sottoporre al controllo era notevole:manifatturiera, con depositi, magazzini, succursali un po’ dappertutto nel territorio.
Quindi dovevamo procedere con scrupolo cercando di non commettere errori. Per rispetto della privacy non citerò il nome di questa società né dei suoi componenti siano essi dirigenti, impiegati o operai. Devo riconoscere che non cercarono mai di ostacolarci nella nostra attività di controllo. Ci diedero piena collaborazione.
Addirittura ci misero a disposizione, dietro mia richiesta, anche strumenti informatici: un «PC ibm dotato di microprocessore Intel 8088 a 4,7 MHz, con16 KByte di RAM, espandibili a 640, senza disco rigido, con massimo due drive per floppy disk da 5.25″ a 160Kb, un monitor a fosfori verdi e sistema operativo ms-dos 1.0.» A quell’epoca il personal computer aveva capacità limitate rispetto a quello che il mercato offre oggi.
Per il nostro lavoro era più che sufficiente anzi, abituati con le macchine da scrivere manuali oppure quelle elettriche con testine a sfera «ibm», per noi andava più che bene. Considerato che iniziavo ad appassionarmi al mondo dell’informatica, questa attrezzatura mi faceva davvero comodo. La buona volontà messa a disposizione della pattuglia c’era. I miei due compagni: maresciallo maggiore Magnani e brigadiere Coruzzi erano oltremodo qualificati ma la mole di lavoro da affrontare era enorme. Il buon maresciallo maggiore aiutante Magnani di molta esperienza e capacità nonostante fosse più anziano di me come anni di servizio dovette essere in sottordine.
Il motivo era da attribuire al fatto che dopo essere stato pensionato fece domanda di essere riammesso per un altro breve periodo come «richiamato». Le norme prevedevano che questi soggetti a parità di grado non potevano svolgere l’incarico di capo pattuglia.
Così che dovetti necessariamente assumere il comando ma per tutto il periodo del controllo non ho mai fatto pesare questo aspetto nei suoi confronti. Avevo troppo rispetto per la sua persona oltre al grado, l’esperienza e l’anzianità che il soggetto rivestiva.
Avevamo un buon accordo e tutto tra noi filava liscio come l’olio. Anche Coruzzi era una persona molto affidabile e di ottima esperienza. Di questo ne ero molto soddisfatto, mi rincuorava non di poco considerando l’incarico che ci avevano affidato. Da notare che Coruzzi dopo qualche anno di permanenza nei sottufficiali passò alla categoria degli ufficiali. Come punto di partenza e in ottemperanza agli ordini ricontrollammo nei periodi sottoposti ad esame i«bilanci di verificazione» Formalmente Il bilancio di verifica è il documento che riepiloga ad una certa data i saldi e i movimenti di tutti i conti aziendali. Questo richiedette molto più tempo di quanto era stato fatto in precedenza, constatato che le voci di bilancio erano innumerevoli.
Ecco perché mi ero avvalso dell’uso del personal computer e del foglio elettronico in quanto i conti patrimoniali ed economici erano278tantissimi. Dall’attenta lettura delle sue risultanze non emersero discordanze eclatanti, come forse ci si aspettava, ma ci servì per capire meglio come era strutturata ai fini amministrativo-contabili l’azienda. Le voci di bilancio inserite una ad una nel foglio elettronico furono quantificate in circa 285 per ogni periodo controllato. Così che giorno dopo giorno procedemmo al controllo dividendoci i compiti. La materia riguardante l’imposizione indiretta se lo accollò Magnani, quella riferita alla imposizione diretta Coruzzi ed io. Si dovette constatare tuttavia che l’organizzazione aziendale era ineccepibile, già dai primi giorni ci rendemmo conto nonostante la nostra abnegazione ed esperienza difficilmente avremmo trovato grosse frodi.
Qualche notizia in riferimento all’organizzazione. Gli esercizi finanziari presi in esame riguardavano gli anni 1987,1988, 1989 e parte del 1990. Per le scritturazione dei fatti di gestione si avvaleva di un elaboratore «IBM Sistema 36» ubicato negli uffici di Mantova. In questo “server” venivano eseguite le registrazioni a «libro giornale, schede di contabilità, registri iva, libro inventari, libro dei cespiti ammortizzabili nonché il registro di magazzino». Aveva un capitale sociale interamente versato pari a lire17 miliardi circa. Depositi in Milano, Bologna, Padova eMantova, 10 dirigenti, 80 impiegati e 318 operai costituivano il personale dipendente nei vari settori di produzione, marketing, amministrazione ed altro.
L’azienda appariva sana sotto tutti gli aspetti da quello industriale a quello amministrativo. Produceva materiale importante per l’industria automobilistica ed aveva rapporti oltre che nel territorio nazionale anche con l’estero. Allo stato attuale il nostro controllo esulava il fatto di scovare eventuali irregolarità con operazioni estero su estero. Non c’erano elementi tali da iniziare anche questo tipo di operazioni e certamente tre persone non sarebbero state sufficienti. Le violazioni da accertare non contemplavano frodi tali da attivare anche le Procure della Repubblica per cui il controllo era circoscritto nell’ambito del territorio nazionale.
Accantonate quindi le ipotesi di reato non rilevabili al momento la via da seguire era quella prettamente del controllo fiscale e tributario. Si adottarono pertanto tutte le procedure del caso come ad esempio l’attivazione di controlli in crociati al fine di accertare la regolarità dei rapporti economici con clienti e fornitori dell’azienda. Il lavoro da fare era notevole.
Ci vollero mesi per portarlo a termine ma come accennato non si trattava di azienda di dubbia esistenza. Era conosciuta sia in Italia che all’estero. Tutto sommato grazie alla nostra pazienza di certosini di andare a scavare nei meandri della documentazione qualcosa è emerso.
La nostra condotta di lavoro veniva trascritta giornalmente in apposito atto denominato «verbale di verifica» in cui si evidenziavano in dettaglio le operazioni compiute e le irregolarità riscontrate.
Quest’ultime allorquando si presentavano mettevano in fibrillazione il capo–contabile e l’amministratore delegato. Si chiedevano come mai accadeva questo. Secondo loro queste situazioni non dovevano sussistere in quanto, dal loro punto di vista, la contabilità che tenevano era ineccepibile e doveva essere a prova di errori. Ma la pazienza innanzitutto del buon maresciallo Magnani che andava a scovare nei meandri di bolle, fatture, note, conti ecc. rilevando infrazioni per la verità non proprio eclatanti nel settore dell’imposizione indiretta (imposta sul valore aggiunto, bolla di accompagnamento beni viaggianti, imposta di bollo, tasse di concessioni governative, tassa di registro, ipotecarie e catastali) procurava uno stato ansioso a tuttoil personale amministrativo.
Anche io unitamente al brigadiere Coruzzi facemmo la nostra parte nel settore della imposizione diretta (irpeg, irpef, ilor) andando a rinvenire «costi non di competenza, non deducibili e compensazione di partite». Per la dimensione aziendale era come essere punzecchiata dalle pulci ma secondo il loro modo di operare questi fatti diedero notevoli grattacapi. Avevamo contatti giornalieri con l’amministratore delegato ed era colui al quale quotidianamente noi sottoponevamo il verbale delle operazioni giornaliere chesi doveva sottoscrivere da ambo le parti per presa visione.
Devo riconoscere che si dimostrava una persona molto alla mano. Ogni tanto, quando era libero dagli impegni del suo ufficio ci faceva visita chiedendoci come procedeva il lavoro ma sempre dimostrando un comportamento corretto nei nostri confronti, mai alzava la voce o faceva pesare la sua personalità. Era considerato il braccio destro di uno dei più importanti «soci»dell’azienda. Quest’ultimo figurava come soggetto di primo piano nel mondo economico finanziario. Aveva edha tuttora interessi e partecipazioni azionarie di rilievo in molte società, quotate anche in borsa. Negli anni 80 e 90ed ancor oggi il suo nome unitamente a quello dell’amministratore delegato figurano in primo piano nel mondo economico finanziario. Per dovere di riservatezza non faccio i loro nomi ma illustro solo le loro potenzialità. Come anticipato poc’anzi, se emergevano delle irregolarità dovute alle nostre indagini documentali questo amministratore rimaneva perplesso: chiamava i suoi collaboratori facendo presente l’accaduto ma sempre in modo corretto ed educato.
Considerata l’organizzazione aziendale e il nutrito stuolo di commercialisti, avvocati, consulenti di cui si avvaleva si attivava immediatamente per metterli al corrente di quanto noi avevamo rilevato con i nostri addebiti fiscali. Su questo argomento dovevamo ogni volta fargli notare che non era necessario scomodare tutta quella gente a produrre dichiarazioni a giustificazione dei nostri rilievi. Gli facevamo presente che il tutto sarebbe confluito in un unico «atto finale» dal quale prendere visione globale del nostro intervento sanzionatorio e in quel frangente la“Parte” poteva verbalizzare in questo atto tutte le dichiarazioni necessarie.
Non sto ad annoiare con sterili dati numerici sull’entità delle violazioni ma fu stilato un verbale di 121pagine oltre a 55 allegati a supporto dell’atto da inviare agli uffici competenti con violazioni verbalizzate in materia di «imposta sul valore aggiunto» «bolla di accompagnamento beni viaggianti» e in materia di«imposte sui redditi».
All’epoca le leggi di riferimento erano le seguenti: DPR 29.91973 nr. 592, DPR 29.91973nr. 600, DPR 22.12.1982, nr. 917, DPR 26.10.1972, nr. 633, DPR 6.10.1978, nr. 627. Magari i risultati non sono stati ottenuti secondo le aspettative dei Comandi che ce lo avevano ordinato ma posso assicurare che da parte mia e dei colleghi della pattuglia è stato profuso un grosso impegno in termini di volontà, sacrificio ed abnegazione. Abbiamo tenuto fede al principio secondo il quale gli ostacoli che si frappongono bisogna in ogni modo cercare di superarli con ogni mezzo a nostra disposizione.
Ci è stato insegnato che mai in nessun frangente dobbiamo arrenderci. Mai dire questo non lo so fare ma mi devo adoperare in ogni situazione anche nelle più difficili cercando di trovare la soluzione. Con questo spirito, il maresciallo maggiore Magnani, il brigadiere Coruzzi ed io abbiamo portato a termine il lavoro che ci hanno assegnato. E’ stato come affrontare il gigante “Golia”. Ma nonostante le grosse personalità facenti parte di questa società, nei nostri confronti mi sento di dire che in alcuno modo hanno esercitato il loro potere e la loro influenza per ostacolarci nel nostro lavoro. Del resto avevano a che fare con il Corpo della Guardia di Finanza.

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