18 novembre 1963

In camerata si comincia a conoscere e socializzare con gli altri. Si instaura tra noi uno spirito cameratesco quasi goliardico. Si va essenzialmente d’accordo, difficilmente si litiga. I frequentatori del Corso sono ragazzi provenienti da tutta Italia. Io sono capitato in mezzo ad un gruppo proveniente dalla regione degli Abruzzi. Tant’è che quando vado per la prima volta a casa in licenza i miei si accorgono che ho una pronuncia strana. Infatti ho assorbito la cadenza di quel dialetto. Altri provengono dal Veneto, dalla Toscana, dall’Umbria dalle Marche. In genere sono regioni del Nord e del Centro. Quelli appartenenti ad altre regioni sono competenti ad accoglierli gli Istituti di Formazione di Roma, Gaeta e Portoferraio.
Sono felice di questa nuova esperienza, in un certo senso mi sento appagato per aver raggiunto questa meta. Un nuovo modo di affrontare la vita si affaccia davanti a me.
Vivo momenti di allegria e spensieratezza, altri di preoccupazione ma tutto procede per il meglio e sotto buoni auspici.
I giorni sono scanditi secondo un ordine preciso, sveglia al mattino con la tromba, molto presto, ancora buio, varia di poco se sia orario invernale o estivo. Mezz’ora per rifare il letto e andare ai servizi per lavarsi e fare la barba. L’acqua è freddissima, quella calda non esiste per queste operazioni mattutine, solo quando si fa la doccia. Vestirsi e correre giù nel piazzale dove si riunisce tutto il Corso per l’alza bandiera. Un classico rito quotidiano, per un reparto d’istruzione militare. Sono presenti tutti i comandanti delle 3 compagnie, i tenenti comandanti i plotoni e i sottufficiali comandanti di squadra. Viene presentata la forza al Comandante del Corso e poi si procede all’alza bandiera. Lo squillo di tromba avverte che dobbiamo rendere onore al vessillo stando tutti sugli “attenti”. Un altro squillo di tromba avverte del “riposo”. Tutto questo in rispettoso silenzio.